Messaggio del 6 Luglio 1984, Medjugorje:

"Leggete la vita di Santa Maria Goretti. Pregate con lei il Signore perchè vi ottenga le sue virtù."

 

Santa Maria Goretti

Tratto da: "Marietta" di Giovanni Alberti e trascritto da Andrea Coffa
 

 



Il primo addio

All’alba in campagna, il sole lascia la notte dimenticando colori intensi sulle foglie e nella rugiada.

Quella mattina la sveglia suona inutilmente, la notte è stata di attesa. Angelo, Marietta, Mariano ed Alessandro sono emozionati: per loro si tratta del primo vero viaggio.

Papà Luigi alle solite raccomandazioni, avrà aggiunto notizie su Paliano, della possibilità di vivere più decorosamente, forse avrà accennato all’acquisto di giocattoli più belli.

Mamma Assunta pensa al resto: le borse da riempire, le scatole da fermare con lo spago, le poche cose da lasciare e i molti sospiri carichi di speranza.

La loro è una storia simile a quella di tante altre famiglie dell’Italia fine ‘800. Si emigra barattando i sentimenti con una terra meno avara e con quattro pareti tra le quali nascondere i pochi segreti.

Il dramma dell’emigrazione contagia una famiglia su tre dell’Italia di quel tempo. La scia dei vaporetti o lo sferragliare dei treni dimenticano su quelle panchine le tante storie di lacrime e di miseria.

Rimangono impressi nella memoria collettiva quei lunghi gonnelloni e quei fazzoletti bianchi che il vento fa impazzire di nostalgia.

I marchigiani guardano l’Agro Romano come l’Eldorado di casa nostra. A Luigi Goretti ne parla bene Bracceschi, un amico che a Paliano ha fatto fortuna e con la scadenza a giorni del contratto con il proprietario del podere di Pregiagna c’è poco da scegliere.

Un tonfo, quella porta che si chiude, un ultimo sguardo a quelle mura che molti protagonisti di questa storia non vedranno mai più.

All’alba dell’ottobre 1897 la diligenza in servizio da Corinaldo a Senigallia cammina tra campi arati e brume autunnali: 18 Km. da percorrere tra scossoni e sussulti.

Nei bambini lo stupore si legge negli occhi: il treno, il mare, la folla e mille domande da fare a papà e a mamma. Dai finestrini appannati Ancona, le montagne dell’Appennino, Foligno, Spoleto,Terni, la lussureggiante valle del Tevere ancora accarezzata dalla nebbia.

Mentre i bambini dormono, sul volto di Luigi ed Assunta un velo di malinconia. Come in un film rivedono la contrada di S.Vincenzo vestita a festa in quel 23 febbraio 1886, giorno del loro matrimonio, la terra di Pregiagna ed i fiori del convento dei Cappuccini.

Una vita di semplicità, fatta di stagioni e di raccolti, di speranze e di lavoro. L’emigrazione non è mai stata una idea straniera tra questa gente, che ha ben poco cui attaccarsi.

Il primo figlio nasce presto, lo chiamano Antonio e muore dopo soli 8 mesi. Poi è la volta di Angelo (18 agosto 1888) ed il 16 ottobre 1890 viene alla luce Marietta, ilfiore di campo che cambierà radicalmente il destino della famiglia Goretti.

Di quel giorno di festa è rimasta una lapide bianca, sul muro del casolare di Pregiagna. La scritta macchiata di pioggia e di polvere racconta:

QUI NACQUE

IN UMILTÀ

MARIA GORETTI

ANIMA ELETTA

SI NUTRÌ DELLA GRAZIA

SI PLASMÒ NEL SACRIFICIO

SI ESALTÒ IMMACOLATA NEL MARTIRIO

OGGI

BRILLA SUGLI ALTARI

NELLA LUCE DI CRISTO

Dopo ventiquattr’ore dalla nascita è battezzata nella chiesa parrocchiale di S.Francesco e le sono posti i nomi di Maria e Teresa. Madrina di battesimo è la zia Pasqualina Goretti.

È il tempo della vendemmia e la sera si brinda con il vino nuovo, un rito propiziatorio di prosperità e di lunga vita.

Mamma Assunta descrive così i primi anni della Marietta:

«Passa la sua puerizia come tutti gli altri bambini. L ‘educazione l’ha ricevuta soltanto in famiglia, da mio marito e specialmente da me; educazione che impartivamo ugualmente agli altri figlioli perché crescessero buoni cristiani...

Finché rimanemmo a Corinaldo, essa fu sempre buona, ma non notai nulla di straordinario nella sua condotta».

A Corinaldo nascono anche Mariano ed Alessandro. Quando il progetto di emigrare viene definito nei minimi dettagli, i Goretti decidono di celebrare il sacramento della Cresima dei due figli più grandi nella loro Corinaldo, tra i parenti.

Il senso dell’appartenenza è fortissimo ma altrettanto sentita è l’esigenza religiosa: due elementi che torneranno sempre nella storia che stiamo per raccontare.

In relazione all’età, per Marietta viene chiesta una dispensa speciale all’autorità religiosa e così la mattina del 4 ottobre 1896, insieme al fratello Angelo, riceve la Confermazione.

Celebra il rito, nel giorno di S.Francesco, il vescovo di Senigallia Giulio Boschi.

Mamma Assunta racconta per la circostanza un particolare sintomatico circa la personalità della Marietta:

«Alle domande dell’arciprete prima della cresima, la Marietta si vergognava così tanto, che dovette essere presa in braccio dalla mamma del sacerdote per far valere le sue capacità».

In occasione della Cresima la nostra Santa per la prima volta si accosta al sacramento della riconciliazione.

Data la precarietà della situazione i coniugi Goretti decidono di rinviare l’ingresso dei loro figli a scuola, un desiderio che per molti di loro non verrà mai realizzato.

Intanto, nel tardo pomeriggio il treno proveniente da Ancona arriva a Roma, dove c’è in attesa il calesse del senatore Scelsi che conduce i Goretti a Colle Gianturco, una località vicino Paliano.


L’incontro con i Serenelli

I casolari di Colle Gianturco sono un’oasi dal sapore di fieno in mezzo a prati infiniti. Al di là della siepe vibra dolcissima la musica del vento e degli armenti.
Tuttavia la terra non si dimostra generosa. Ben presto le promesse fatte dal Bracceschi appaiono sogni irrea1izzabili e la vita per i bifolchi arrivati dalle Marche sempre più precaria.
Colle Gianturco avrebbe potuto rappresentare una parentesi trascurabile in vista di una sistemazione migliore, ma in questa contrada la vita di Luigi ed Assunta si intreccia con quella dei Serenelli. Un punto-chiave nella storia che stiamo narrando.
Il contratto stipulato con il senatore Scelsi prevede la concessione a mezzadria della terra, Giovanni e Alessandro Serenelli poi già da un anno abitano a Colle Gianturco. Il discorso del senatore ai due capifamiglia è di una logica disarmante: già la vita in campagna è dura, i Goretti con tanti figli hanno un solo uomo a lavorare, mentre ai Serenelli, manca il calore di una famiglia vera.
A questo punto mettersi in società viene presentato come un vero affare. Il tempo in seguito giudicherà severamente questa decisione.
Luigi e Assunta avrebbero dovuto ponderare con più saggezza la proposta dello Scelsi. Impeccabile dal punto di vista utilitaristico ma discutibile per tanti altri versi.
Durante l’inverno, 22 febbraio 1898, nasce Ersilia, un giorno felice per i Goretti.
La vita quotidiana nel suo scorrere segue ritmi e cadenze come a Pregiagna.
Ricorda mamma Assunta:
«A Messa nei giorni di festa preferivamo andare a Paliano, dove, oltre la possibilità di adempiere i doveri religiosi, potevamo fare gli acquisti per l’intera settimana o vendere uova e colombi, come poi a Nettuno».
La nostra Marietta, pur tra notizie frammentarie, manifesta già le sue attitudini ed il suo stile.
Non potendo andare a scuola si interessa dei lavori di casa e soprattutto si prende cura della piccola Ersilia.
Il sacerdote Passionista Aurelio della Passione, uno dei biografi più attendibili di Maria Goretti, racconta che a distanza di anni molte persone di Colle Gianturco e di Paliano si ricordavano di quella bambina timida e riservata che andava a fare la spesa «con il modo di fare di una donna adulta».
Il carattere mite e tranquillo di Luigi Goretti avrebbe permesso una permanenza forse più lunga a Colle Gianturco, anche se l’unico cibo era «pane di granoturco e polenta » ma Giovanni Serenelli, socio del Goretti, viene a duri contrasti con il senatore Scelsi.
Con una reazione impensabile ai giorni nostri, il proprietario-padrone licenzia immediatamente sia i Serenelli sia la famiglia Goretti.
Come un fantasma si riaffaccia l’ombra della nuova emigrazione, comprensibili l’ansia e l’angoscia di mamma Assunta.
Ma la solidarietà tra povera gente non conosce la logica dell’interesse e del profitto, è un fiore sconosciuto nel giardino del ricco. Il volto della speranza prende la fisionomia di un amico di nome Cimarelli, che a Conca nelle Paludi Pontine lavora a mezzadria nella tenuta del conte Mazzoleni, un cognome che incontreremo spesso nella nostra storia.
«Venite anche subito — risponde il conte alle richieste di Luigi Goretti — lassù avete mangiato polenta e pane di granoturco, qui mangerete pane di grano». Il Mazzoleni promette anche una casa tutta in muratura ed un contratto a mezzadria.
Non è un distacco sofferto da Colle Gianturco, non c’è stato il tempo per allacciare nuove amicizie e per amare quella terra.
È il febbraio 1899 e l’inverno di quell’anno è particolarmente rigido.
Mentre ancora una porta si chiude sulla vicenda dei Goretti, un gesto ed una parola di grande valore.
Mamma Assunta consegna alla Marietta il quadro della Vergine Maria affinché la sua protezione continui per tutto il viaggio.
Papà Luigi così esprime la sua fede: «Dio sempre provvede».

Cascina Antica di Conca

Lo scenario che si apre da Colle Gianturco richiama i colori e la serenità di Pregiagna. Il mare è al di là dei monti che come sentinelle vegliano sulla pianura di Paliano. Domina il color giallo oro delle messi, smorzato a fatica dal verde dei boschi e delle vallate.
Conca ha una brutta fama anche da queste parti e i 50 chilometri di distanza dividono due mondi praticamente lontanissimi.
Ancora fagotti, porte che si chiudono, rimpianti per un destino che sembra mutare continuamente di umore e di sorriso.
Il carretto cigola per una stradina fangosa e ruvida fino alla stazione di Segni. Questa volta il treno non solleva meraviglia e ad Angelo il più curioso, regala dal finestrino aperto una spruzzata di fumo nero.
Da Cecchina il piccolo corteo, con i suoi segreti e le sue speranze, prende la via della Palude. Marietta, 9 anni neanche compiuti, impara presto a non attaccarsi a nulla, dietro quei passi di bambina di Dio.
I confini tra l’Agro Romano e le Paludi Pontine sono affidati al vento e al tracciato di sentieri dimenticati e traditori.
Dietro cespugli e stagni affiorano rari casolari ed echi di canzonacce stonate di lestraioli e carbonari.
Su questa terra la storia ha girato pagina: degli splendori dell’antica Satricum solo fatiscenti pilastri sull’Astura, il grande fiume della Palude.
Alcuni insediamenti con il loro nome così realistico, servono per i bisogni di primissima necessità.
Ne ricordiamo alcuni: Campomorto, Gnif-Gnaf, Carano, Conca e Le Ferriere.
I Goretti e i Serenelli giungono a Cascina Antica, all’imbrunire del febbraio 1899. I bambini e gli adulti guardano con stupore le grandi finestre e le mura del casolare. Salgono a fatica gli scomodi 20 gradini, entrano nella cucina e si sistemano nelle varie camere.
I Goretti sulla sinistra e i Serenelli alla destra della porta d’ingresso.
Il criterio di mantenere una certa intimità tra i due nuclei familiari trova così la sua logica soluzione.
Quella prima sera il camino rimane spento: i nuovi arrivati sono invitati a cena dai buoni Cimarelli, anche loro marchigiani e amici dei Goretti fin dagli anni di Corinaldo.
Un benvenuto tra povera gente, fatto di calore e di semplicità, due aspetti che colpiscono profondamente Marietta come gli avvenimenti che narreremo confermeranno.
Ai nostri giorni Cascina Antica all’esterno, dopo le modifiche, non ha molto che possa richiamare il vecchio casolare fine ‘800.
I ritocchi firmati dall’ architetto passionista Ottaviano d’Egidio hanno permesso di creare sapientemente l’angolo della preghiera e quello del ristoro.
Sono moltissime le persone che chiedono di pregare e riflettere tra quelle mura.
All’interno invece tutto è rimasto immutato. Piccole targhette alle pareti ricordano i protagonisti della nostra storia, e alcuni fotogrammi tratti dal film di Genina Cielo sulla Palude riportano il cuore e la memoria a immagini di un tempo che non c’è più.
Anche a Le Ferriere motivi di carattere pratico consigliano l’unione tra i Goretti e i Serenelli.
Luigi Goretti è del parere che Giovanni Serenelli sia la persona adatta per i contatti con il conte Mazzoleni.
Una fiducia che con il trascorrere del tempo il Serenelli ricambierà con deludente correttezza.

La morte di Luigi Goretti

Il primo raccolto è abbondante, la terra compie l’impossibile per scusarsi con i nuovi arrivati. L’interazione con il nuovo ambiente segue trame e leggi cui la famiglia Goretti mostra di inserirsi positivamente.
Un’amicizia sincera sboccia con i Cimarelli che abitano il vicino casolare, anche loro emigranti marchigiani.
E’ grande desiderio dei coniugi Goretti permettere la frequenza a scuola ai loro figli, ma la situazione in proposito è praticamente impossibile.
La stessa frequenza alla S. Messa domenicale è una conquista da strappare alla distanza, alle intemperie, al duro lavoro dei campi. Per la famiglia Goretti tuttavia è un appuntamento irrinunciabile.
In pieno inverno, 2 febbraio 1900, nasce Teresa, l’ultima figlia di Luigi ed Assunta e Cascina Antica vive un giorno di intensa gioia.
Sul finire di marzo, quando le margherite ed i narcisi colorano di festa la palude, Luigi Goretti avverte uno strano malessere.
Un padre di cinque figli, abituato alla vita dura dei campi, non può fermarsi ed il buon Luigi prova a continuare. Ma il male ha scritto solo le prime righe del suo tragico percorso e la verità non tarda a manifestarsi nella sua realtà.
Dietro le insistenze della moglie e di Marietta, quando ormai le forze vengono meno, Luigi si mette a letto.
In primavera sono facili i colpi di freddo, basta qualche giorno di riposo al caldo e tutto sarebbe tornato come prima!
Ma quando i dolori e la febbre diventano allarmanti attraverso il Mazzoleni viene chiamato il dottore.
La diagnosi del medico è micidiale: malaria, polmonite e meningite, speranze di guarigione praticamente inesistenti.
Ricorda Assunta:
«In quella campagna dominava la malaria e non pochi erano quelli che soccombevano, tanto che il padrone Mazzoleni teneva da parte parecchie casse mortuarie. Il mio Luigi scaricando un giorno un carro di tali casse, quasi scherzando disse:
— Una di queste servirà anche a me e purtroppo fu vero».
Il decorso della malattia è rapidissimo, l’agonia dura 10 giorni e la piccola Marietta va più volte a Conca in cerca di medicine. Per il conforto religioso viene da Cisterna il sacerdote Alfredo Paliani, che in seguito dichiara di aver trovato Marietta ed i fratelli in preghiera, dinanzi l’immagine della Vergine, per il padre malato.
In un momento di lucidità, profeticamente Luigi raccomanda ad Assunta di tornare a Corinaldo dopo la sua morte. Non è difficile immaginare i motivi di questa inquietante richiesta. Luigi intuisce le difficoltà ed i rischi della permanenza a Le Ferriere.
Il 6 maggio 1900 Luigi Goretti muore all’età di 40 anni, lasciando la sua famiglia nello sgomento e nel lutto. Dopo la preghiera, montata la cassa sopra un baroccio, il triste corteo si dirige verso il piccolo cimitero di Conca, a metà strada tra Cascina Antica ed il piccolo centro.
Racconta Angelo Goretti:
«Montato sul carro, io come il più robusto, custodivo la cassa per non farla cadere quando il carro sobbalzava. Marietta ed i fratelli più piccoli seguivano tutti a piedi scalzi».
A guidare i buoi, seduto sul carro c’è Alessandro Serenelli, sinceramente addolorato per la morte prematura del buon Luigi.
Sotto un cielo cupo e uggioso si consuma ancora un dramma che ha per protagonisti uomini e donne delle Paludi.
Un dolore che in quella primavera del 1900 ha tutta l’intenzione di rimanere sepolto nel grigiore di un oscuro anonimato.
La tomba di Luigi Goretti non è stata mai ritrovata nel piccolo cimitero di Conca.
Vicino la cappella, appoggiata al muro c’è una lapide ex-voto di un ufficiale americano che afferma di aver ricevuto una grazia per intercessione di papà Goretti.
Un particolare misterioso che riferiamo per puro dovere di cronaca e che ha profondamente colpito il vostro cronista.
Di quel 6 maggio 1900 è rimasto il cancello di ferro all’ingresso, due gradini sopra il viottolo.
La piccola Maria con i suoi fratellini vi posava un fiore e tanti singhiozzi di bambina che ad appena 10 anni capisce che è già ora di diventare donna.


Una giornata di Marietta

La famiglia reagisce con grande dignità e forza d’animo al vuoto lasciato dalla morte di Luigi. L’incrollabile fede nella Provvidenza, il sano realismo, la tenacia propria della gente di campagna e la necessità di dare un avvenire alla numerosa famiglia, fanno sì che dopo l’abbattimento dei primi giorni, la vita ritorni ai ritmi quasi normali.
Mamma Assunta prende il posto del marito nei lavori dei campi e alla Marietta vengono assegnate le faccende di casa.
“Mamma non ti preoccupare — dice la piccola Maria dinanzi il papà morto — Dio non ci abbandonerà”. Sono le prime parole che conosciamo di Marietta, saranno esse l’anima e il coraggio di una ripresa sofferta ma tenace.
Stupisce la capacità di adattamento dimostrata dalla nostra Santa e nonostante l’iniziale scetticismo mostrato dai Serenelli, Maria assolve il suo compito nel migliore dei modi.
In coerenza con il nostro stile, più che affidarci alla fantasia preferiamo ascoltare i testimoni oculari di quegli avvenimenti.
Ricorda Assunta:
«Per le faccende di casa c’era la Marietta, poi arrivavo all’ultimo momento io per darle una mano. Correggeva i fratellini e quando il fratello maggiore mi dava qualche dispiacere essa lo rimproverava dicendo ‘fai così perché non c’è più il babbo'.
Non ho notato in lei alcun difetto. Se a volte l’ho sgridata, è stato perché preoccupata dell’azienda ero nervosa. Marietta prendeva la sgridata con calma e seguitava la sue faccende non portandomi affatto il broncio. Aveva un cuore generoso verso di me e verso i fratelli e nel mangiare contentava prima gli altri, poi se stessa».
Lo stesso Alessandro ha così deposto:
«Io l’ho conosciuta sempre buona, obbediente ai genitori, devota, seria, non leggera e volubile come le altre bambine. Si contentava di qualunque abito le facesse la mamma o le regalasse qualche donna».
Mamma Assunta cita due episodi significativi, che ci permettono di capire quale posto la Marietta ha nel cuore e nell’affetto dei suoi fratellini.
Un mese dopo la morte della Santa, la piccola Ersilia deve subire un piccolo intervento e prima dell’operazione la sorellina ripete continuamente: «Marietta aiutami».
Più volte Assunta deve intervenire in maniera brusca nei confronti dei figli e questi correndo dalla sorella maggiore supplicano: «Marietta, mamma mi mena».
«So che faceva tutte le faccende di casa — testimonia Filippo Vari, massaro di Conca — con attività e diligenza, e che era obbedientissima alla mamma... Mi ha fatto sempre meraviglia la sua serietà nel parlare ed il suo fare di donna matura».
In una intervista ad Armando Gualandi, autore tra l’altro di una biografia su Maria Goretti, così mamma Assunta descrive una giornata-tipo della figlia:
«Si alzava con me all’aurora, prima di tutti gli altri. Diceva le orazioni vestendosi ai piedi del letto ma se c’era fretta perché avevamo fatto tardi, le continuava sbrigando le faccende di cucina. Poi mentre io mungevo le mucche, Marietta accudiva le galline e rigovernava il pollaio alla svelta. Poi rientrava in casa e preparava la colazione, svegliava i fratellini, li aiutava a vestirsi ed a lavarsi, faceva dire le preghiere e poi avanti ed indietro per casa senza mai stancarsi per raccattare quello o questo che gli uomini sporcano e mettono in disordine.
Poi andava a prendere l’acqua per il pranzo e se c’era da lavare andava alla fontana conducendosi dietro i più piccoli mentre io con gli altri uomini mi recavo nei campi.
Quando era l’ora, preparava il pranzo, raccoglieva l’insalata nell’orto, preparava il soffritto, i piatti, i bicchieri. Poi prima che arrivassero gli uomini arrivavo io per terminare, ma specie negli ultimi tempi era tutto pronto. Nel pomeriggio stirava la biancheria e ordinava le stanze. Se c‘era da fare la spesa Maria andava e la sapeva fare bene.
Alla domenica si dormiva tutti un po’ di più ma c’era da andare alla S.Messa e da accompagnarvi i fratelli, ed allora quante raccomandazioni perché fossero ordinati nella persona e nei vestiti.
In chiesa li teneva vicino a sé, li faceva segnare, li faceva genuflettere. Quando una volta la settimana c’era da fare il pane dovevamo alzarci prima. Alla sera andava ancora alla fontana a prendere l’acqua per il mattino, poi subito dopo cena faceva inginocchiare i fratellini per dire il Rosario e le orazioni e li accompagnava a letto.
Ma non aveva ancora finito e senza disturbare il sonno dei fratellini veniva vicino a me ed alla luce della lucerna ad olio rammendava calzoni, camicie, raccontandomi i fatti del giorno. Poi dopo aver dato l’ultimo sguardo ai fratellini, diceva le preghiere e cadeva immediatamente nel sonno.
Io che tante volte non riuscivo ad addormentarmi, la contemplavo un momento, pregavo per lei e prima di spegnere la luce la benedicevo. Come avrei potuto immaginare un angelo migliore?».
Quell’anno malgrado il buon raccolto di 300 quintali di grano e 96 di favino, Assunta nel chiudere i conti con il conte Mazzoleni, si trova in passivo di L. 15.
La stessa convivenza con i Serenelli, portati a spadroneggiare ed a sottomettere a loro capriccio le due donne ed i bambini è motivo di tensione e di sofferenza.
Dopo la morte di Luigi, l’equilibrio così faticosamente messo in piedi a Cascina Antica subisce un netto peggioramento. Sorgono i problemi e raramente si trova il modo per risolverli.
Sul piccolo fiore di campo le ombre della notte iniziano a disegnare scenari inquietanti.

Dio trovato nel quotidiano


C’è un legame sottile ed intenso, ancorato nelle profondità stesse della vita intesa come libera manifestazione di valori e di speranze, di cui bisogna tener conto nella storia del nostro fiore di campo e della sua famiglia.
Senza di esso, la sua è una delle tante storie a sfondo deamicisiano, che appartengono al segreto ed al dolore di gente più o meno sconosciuta.
Questo legame è Dio, il valore fondamentale, la ragione che dà un senso pieno alla vita ed alla morte della nostra Marietta. Qualsiasi tentativo di raccontare la vita di Maria Goretti escludendo questo valore è una manipolazione che non tiene conto della verità e della storia.
Dio rivela il suo amore ed il suo disegno precocemente nel cuore e nelle azioni di Marietta.
La via è quella tipica dei più piccoli di Jahwè: la fede vissuta nel quotidiano come realizzazione di un progetto. Un linguaggio ed una pedagogia sconosciuti ed incomprensibili ai più.
Il merito della creatura è la risposta senza condizione, la disponibilità a metterlo al primo posto, l’esistenza vissuta non come frustrazione ma come imitazione della Sua.
Sorprende come una bambina possa inserirsi in questo disegno da «adulta» calcando decisa la matita sul suo itinerario senza deviare dal tracciato dell’Onnipotente.
Ma è uno stupore ancorato alla sapienza umana, perché Dio ama edificare così il suo Regno tra gli uomini.
Abbiamo esaminato con cura questo aspetto della vita della Goretti e abbiamo incontrato una fede schietta, semplice.
Come i piccoli di Jahwè Marietta ha vissuto lodando Iddio senza ostentazione e senza devozionalismo.
L’episodio traumatico del suo morire e il perdono concesso al suo uccisore sono gli ultimi capitoli di una vita storicizzata nella dimensione della fede, della speranza e della carità.
È una fede, quella di Marietta, che si specchia nel quotidiano, nella concretezza della vita, nell’accettazione del dolore e della gioia, nel servizio verso gli altri, nell’abbandono alla Provvidenza, nell’amore alla Vergine e alla Eucarestia.
In sintesi, mettendo Dio nella propria storia, come forza trainante. Niente a che vedere con l’alienazione, tesi cara alla ideologia marxista.
Un ruolo stimolante lo ha avuto dall’esempio dei suoi genitori. Persone semplici ma portatori di valori autentici, come in seguito confermerà acutamente Alessandro Serenelli:
«Riguardo alla famiglia Goretti non fa meraviglia che la piccola Maria crescesse così buona, perché i suoi genitori ne facevano l’esempio».
La intensità della sua vita spirituale affiora anche dalle sfumature e dai particolari che di lei ci hanno lasciato i suoi contemporanei.
«Era desiderosa — racconta mamma Assunta — di imparare le cose della fede e più volte mi ha chiesto di parlare in proposito. Non ricordo sia mancata alla S. Messa e pur non sapendo leggere si era imparata a memoria l’Ave Maria, il Padre Nostro e le altre preghiere e soprattutto il S. Rosario che le era indispensabile come l’aria che respirava».
Per la Vergine ha un affetto del tutto particolare. Il S. Rosario, recitato la sera al termine di una giornata di lavoro, è un momento particolarmente sentito dalla Marietta ed ogni volta che viene a Nettuno è d’obbligo la visita al Santuario della Madonna delle Grazie.
Spontanea la fiducia nella Provvidenza: dopo la morte del padre, vedendo la madre abbattuta, le sussurra dolcemente:
«Mamma non piangete, coraggio! Che paura avete! Ormai ci facciamo grandi, basta che il Signore ci dia la salute. La Provvidenza ci aiuterà, camperemo, camperemo».
Un biglietto da visita che la dice lunga sulla sua crescita spirituale, che nulla ha da condividere con l’immagine riduttiva della «Santa dei cinque minuti».
Il giorno della sua prima Comunione segnerà una data decisiva nella sua storia:
«Mamma, sarò più buona» e tutti i presenti quel giorno nella chiesina di Conca hanno testimoniato il loro stupore nel vedere l’atteggiamento particolarmente assorto della Marietta.
L’amore verso Dio matura l’apertura e la disponibilità verso gli altri, e nel suo caso verso le persone che fanno parte della sua vita.
Narra la mamma che i fratellini hanno con Marietta una tale confidenza che non dimostrano neppure con lei.
«Posso dire — testimonia Alessandro — che Marietta era docile, buona e rispettosa con tutti».
I vicini di casa più volte ripetono a mamma Assunta:
«Che angelo di figlia avete».
Di carattere timido, nei rapporti con gli estranei ha un atteggiamento educato e rispettoso. Non ama fermarsi troppo lungo la strada sia con le amichette sia con gli adulti e prova fastidio nell’ascoltare volgarità e maleducazione.
Ancora un ultimo dato significativo: la spontaneità e la disinvoltura con cui vive la dimensione di Dio nella sua esistenza.
Mamma Assunta:
«Che fosse buona lo sapevo che divenisse Santa non lo pensavo. È vero che feci di tutto per darle un‘educazione cristiana ma non avrei mai creduto che fosse così eroica da dare la sua vita».

Il giorno della Prima Comunione

«Mamma, quando faccio la Prima Comunione, io?».
«Cuore mio, — risponde mamma Assunta — come la puoi fare la comunione, se non sai bene la dottrina? Non sai leggere, non ci sono soldi per farti il vestito, le scarpe, il velo e non hai un minuto di tempo libero!».
«Mamma, ma così non la faccio mai!».
«Ma che ci può fare la sventurata mamma tua, cuore mio?... Tocca vedervi venir su come bestioline».
«Ebbene, mamma — conclude Marietta — Dio provvederà! A Conca c‘è la sora Elvira che sa leggere. Io vi prometto di sbrigar prima tutte le faccende di casa ed il tempo libero voi me lo lasciate per andare a Conca ad imparare la dottrina. C’è pure D. Alfredo Paliani che viene la domenica da Cisterna, lui pure me la insegnerà quando vanno gli altri che si preparano».
Più volte Maria Goretti intavola con la mamma un dialogo simile. Il desiderio di ricevere l’Eucarestia va ben al di là delle attese e dei desideri di una qualsiasi bambina. Molti biografi parlano di un presagio che nel cuore di Marietta ha scritto uno struggente desiderio di fare in fretta, tutto.
La Prima Comunione segnerà uno scatto in avanti significativo nella storia del piccolo fiore di campo.
Marietta vive in modo intenso il suo dialogo con Gesù nell’Eucarestia. A ripercorrere in lungo ed in largo le strade che da Cascina Antica portano a Campomorto, Conca o Nettuno, a considerare la lontananza e le difficoltà logistiche si rimane stupiti e commossi di quello che afferma mamma Assunta:
«Non ricordo sia mai mancata alla S. Messa».
Colpisce anche il suo modo di stare in preghiera:
«In chiesa — ricorda Teresa Cimarelli — era molto devota e raccolta, si vedeva che era una figliola tirata su per il Signore».
Anche in occasione della sua Prima Comunione, Marietta si trova dinanzi al problema dell’età. È sempre troppo giovane, un leit-motiv che la Goretti vedrà costantemente intonato nei tanti significativi momenti della sua vita e della sua morte.
È consuetudine di quegli anni ricevere la Prima Comunione solo dopo il compimento del dodicesimo anno di età e Marietta ne ha appena dieci.
Dinanzi alle continue richieste, mamma Assunta non riesce a resistere e dispone le cose in modo tale che Marietta ed Angelo si rechino un giorno sì e un giorno no a Conca per il catechismo. Marietta è così immedesimata in quello che impara dalla signora Elvira che a sera in casa, rivelando notevoli capacità comunicative, insegna ai fratellini ciò che ha appreso a Conca.
Ricorda il Serenelli:
«Tante volte l’ho vista farsi maestra ai fratellini per insegnar loro le preghiere».
Nonostante le entusiastiche affermazioni della catechista Elvira Schiassi, mamma Assunta, in un eccesso di zelo, porta la piccola Maria a Nettuno dal parroco Temistocle Signori affinché esamini il suo grado di preparazione.
Il sacerdote interroga la Marietta e rivolto alla madre dice:
«Voi affidatela alla Madonna, mettetela sotto il suo manto e poi non abbiate paura».
Ci sono state divergenze tra i biografi circa il giorno ed il sacerdote che amministra la Prima Comunione alla nostra Marietta.
Possiamo affermare con sufficiente attendibilità che il giorno è il 16 giugno 1901, domenica dopo l’ottava del Corpus Domini. Celebra nella chiesina di Conca Basilio Morganti, della comunità dei Passionisti di Nettuno.
Quasi tutte le chiese e le cappelle rurali delle Paludi sono affidate alla cura pastorale dei Passionisti. Vi si recano le domeniche e le feste ad amministrare i sacramenti ed avere un contatto umano, l’unico, con gente che vive ai margini della società.
Storie tra le più disperate, dove la dignità umana è offesa, sono rimaste sepolte nel segreto di questi uomini generosi, angeli delle Paludi, che la storia ufficiale ignora, ma che noi vogliamo ricordare per amore della verità.
Alla presenza dei Passionisti nelle Paludi è legata la prima opera di alfabetizzazione. Rudimentale e limitata ma pur sempre un segno di amore verso i crocifissi di quel tempo, uomini dimenticati e perduti ma figli di Dio.
Mamma Assunta con puntiglio descrive i preparativi per il grande giorno:
«Il velo bianco per la circostanza glielo aveva prestato la signora Albertini colona del Mazzoleni a Campomorto. Il resto del vestito lo avevo preparato io e la ornai con i miei coralli, che poi sono stati rubati e con gli orecchini che ho ancora la fortuna di portare io.
Anzi, ricordo che avendo essa perduto i propri orecchini poco dopo la Cresima(*), ne restò senza fino a quel giorno, tanto che in quella occasione dovetti di nuovo forare le orecchie per applicarle i miei».
Un’altra signora le regala le scarpe bianche ed un’altra ancora il cero. La corona sul capo è composta con fiori di campo.
D’estate la palude dimentica la tristezza, papaveri e margherite si rincorrono tra le messi. Per il Corpus Domini la ginestra colora la collina del borgo e la strada intorno alla chiesa è un prato dai colori più festosi.
In campagna il Corpus Domini è una festa dal fascino dolcissimo.
Dalle finestre sorridono le tovaglie di lino, mentre la processione avanza con il suo salmodiare mistico e melodioso. Per l’occasione si festeggia anche la Prima Comunione dei bambini della Palude e la chiesina di Conca, dedicata all’Annunziata, vive il suo giorno più vibrante.
«Il giorno avanti la portai a Nettuno per la confessione» :riferisce mamma Assunta. La sera gli ultimi ritocchi, mentre la notte alla Marietta sembra interminabile.
Prima di uscire di casa, il piccolo fiore di campo chiede perdono a tutti ed amorevolmente ha la prontezza di spirito di riprendere il fratello Angelo, che anche quella mattina se ne esce con una delle sue.
Intorno all’altare con Marietta sono dodici bambine e due bambini. Tra i banchi della chiesa, parenti ed amici, a far da cornice ad una cerimonia sentita particolarmente tra la gente semplice.
«Mi è rimasto scolpito nella mente — dirà poi un testimone presente in chiesa — l’atteggiamento della Marietta, sembrava un angioletto che se ne stava con le mani giunte, tutta compresa della presenza del Signore».
La poesia e la santità di quel giorno trovano un terreno disponibile e fertile all’azione di Dio, Marietta prega certamente per il babbo, morto appena un anno prima. Tra i parenti, con i vestiti della festa, c’e anche Alessandro Serenelli.
Al ritorno da Conca c’è grande festa a Cascina Antica, forse l’unico giorno di allegria nel soggiorno della famiglia Goretti a Le Ferriere.
Commenta mamma Assunta: «Maria fece la sua Prima Comunione proprio come una santa».
Sull’imbrunire di quel giorno, nell’aia inondata di sole, incontrando Teresa Cimarelli, Marietta con il cuore colmo di felicità le dice: «Teresa, quando ci riandiamo?» e teneramente rivolta alla mamma: «Mamma, sarò sempre più buona».


(*) All'epoca la Prima Comunione veniva ricevuta dopo la Cresima (nota personale)


Le prime ombre della sera

I rapporti tra i Goretti ed i Serenelli mai sono stati affettuosi ma con la morte di Luigi la convivenza diviene sempre più precaria.
Di temperamento autoritario e dedito al vino, il vecchio Serenelli non cerca mai un rapporto paritario e con la vedova ed i suoi figli arriva più volte all’aperta ostilità.
Mamma Assunta rivela episodi inquietanti:
«In occasione della morte di mio marito, né lui (Alessandro) né il padre mostrarono alcun interessamento, né pronunciarono parole di conforto a mio riguardo. Il vecchio Serenelli era di carattere autoritario, non si contentava di quello che facevamo noi. Di condotta morale non era troppo lodevole perché morto mio marito, osò farmi delle proposte infami».
Anche il parroco di Corinaldo, Francesco Bernacchia, riferisce un episodio raccontatogli da Assunta:
«Il pittore Brovelli di Nettuno, aveva ideato una figura della serva di Dio e ne aveva mandato una fotografia della pittura fatta alla mamma, perché ne facesse le osservazioni. Era presente pure il figlio Mariano. La mamma osservò che la figliola era raffigurata troppo grassoccia, perché diceva, in quel tempo era più di un mese che si stentava la fame per colpa dei Serenelli. Quindi la figlia doveva essere più magra. Il padre soprattutto era prepotente fino a far soffrire la fame a tutti».
Ironia della sorte, una volta lo stesso Alessandro interviene in difesa della Marietta, ripresa rozzamente da suo padre:
«Se non incomincia a far da mangiare non imparerà mai».
Con l’andare del tempo sempre più Alessandro assume un atteggiamento ambiguo verso la piccola Maria.
Ricorda Assunta:
« Un mese circa prima dell’assassinio, Alessandro si mostrava aspro verso Maria, dandole ordini gravosi con animo, evidente, di farle dispetto. Non gli andava più bene niente di quello che faceva essa. Maria faceva però lo stesso le faccende ordinate da lui. Qualche volta faceva le sue giuste rimostranze sia a voce sia con il pianto e più volte la confortai dicendo: «Porta pazienza, tanto tra poco dovrà andare a fare il militare».
Marietta paga duramente il suo rifiuto, come più tardi confermerà lo stesso Serenelli:
«Io coabitavo con la famiglia Goretti e per ben due volte nel mese di giugno tentai di indurla alle mie voglie. È vero che circa un anno prima feci alla Maria una prima proposta di atti carnali alla quale non volle acconsentire.
Io fin dalla prima volta ingiunsi alla ragazza di non dir nulla alla madre, e glielo dissi con forma severa, sicché essa ne rimase intimorita.
Oggi però non ricordo se in ambedue le volte io abbia anche minacciato la fanciulla di morte, tuttavia non escludo che lo abbia fatto.
Io - prosegue Alessandro - non deposi mai il desiderio di raggiungere i miei intenti e dopo il secondo tentativo nella mia mente si formò più che mai il proposito di ucciderla se avesse continuato ad opporsi alle mie voglie».
Che quelle di Alessandro non sono pure fantasie lo conferma alla mamma la stessa Marietta in punto di morte: «A richiesta del dottore — riferisce mamma Assunta — io domandai alla figliola se mai altre volte Alessandro l’avesse tentata. Ed essa mi rispose con voce calma: Mamma, altre due volte.
Ed io: — Oh Madonna SS.ma, perché non l’hai detto a mamma tua?
Ed ella rispose:— Perché mi aveva detto che mi avrebbe ammazzato se io lo dicevo. E pertanto poi mi ha ammazzato lo stesso.
Ed io ancora: — Da quanto tempo?
Ed essa: — Da un mese».
Da allora Marietta fa l’impossibile per non rimanere sola in casa, senza che qualcuno ne intuisca il dramma.
Il particolare non sfugge invece allo sguardo interessato del Serenelli:
«Marietta cercava di non star sola con me ed io lo rilevai bene. Mi accorsi pure che cercava di schivarmi, ella poi aveva intensificato le sue preghiere. Tante volte io l’ho sentita chiedere alla mamma che le permettesse di andare ai sacramenti».
Marietta vive nella più completa solitudine la tragedia più logorante della sua vita. Spesse volte il suo atteggiamento suscita incomprensioni e rimproveri, la stessa mamma Assunta non percepisce lo stato d’animo nel quale si trova sua figlia.
La luce, tra tanta oscurità, le viene dalla preghiera e dalla fiducia in Dio. Solo una frase sussurrata dolcemente alla cara Teresa Cimarelli lascia tradire la sua angoscia:
«Teresa, andiamo domani a Campomorto? Non vedo l’ora di fare la comunione».
Quel «domani» è sabato 5 luglio 1902, il primo giorno della sua «passione».
L’estate viene dal mare sulle orme del vento di ponente, le spighe mature cullano silenziose la loro storia e dai canneti del fiume Astura le rane gracidano la nenia della malinconia.
È tempo di raccolto, le falci sono già lucidate a nuovo, i granai sognano ad occhi aperti, per l’aria un fascino dal sapore antico.
 


La passione di Marietta

Aria di festa a Cascina Antica: i ragazzi si rincorrono per l’aia mentre le rondini ricamano nel cielo fantasie misterio­se. Quel giorno si trebbia il favino.
Il sole splende caldissimo, appena uno sbuffo di vento nell’aria, l’ideale per seccare al punto giusto le fave.
Marietta è in casa per le faccende di tutti i giorni, dalle finestre aperte della cucina giungono ovattati i frastuoni del­la trebbiatura.
Dopo la breve sosta pomeridiana, prima di riprendere il suo posto sulla barozza, Alessandro prega mamma Assunta di rammendargli una camicia.
«Senti Marietta — dice la mamma — cosa vuole Ales­sandro?».
La piccola non risponde, sbriga le faccende di casa, aspet­ta che tutti siano sull’aia, prende una coperta su cui adagiare Teresa, e seduta accanto alla sorella si mette a rammendare la camicia di Alessandro sul pianerottolo delle scale.
Malgrado il caldo, le barozze di Alessandro e di Angelo girano e rigirano mentre i fratelli e Assunta sistemano il fa­vino nei sacchi.
Più in là anche i Cimarelli sono impegnati nel medesi­mo lavoro.
Nello sguardo malinconico di Marietta c’è il suo piccolo grande mondo, con le sue ansie, le sue gioie, i suoi affanni.
Un leggero alito di vento inchina all’orizzonte le cime dei cipressi del piccolo cimitero di Conca: un tuffo al cuore, ricordi sempre vivissimi.
Dopo pochi minuti di lavoro, il vecchio Serenelli, già segnato dalla malaria, torna all’ombra della cascina: c’è nell’aria una sensazione di strana attesa.
All’improvviso Alessandro scende dalla barozza, prega mamma Assunta di prendere il suo posto, farfuglia una scu­sa, saluta il padre ed imbocca le scale di casa.
Venti gradini ripidi ed uguali percorsi con ostentata di­sinvoltura. Passa dinanzi a Marietta e si dirige verso il ma­gazzino.
«Presi un punteruolo acuminato — racconta Alessandro — che Luigi Goretti aveva portato dalle Marche per cucire le scope, e lo deposi sull’angolo esterno a destra del coperchio di un cassone esistente in cucina, a destra entrando. Ciò fatto mi accostai alla Marietta e la invitai a venire dentro casa. Ella non rispose, né si mosse.
Allora l’acciuffai quasi brutalmente per un braccio e, fa­cendo essa resistenza, la trascinai dentro la cucina che era la pri­ma camera dove s’entrava e chiusi con un calcio la relativa porta d’ingresso con il solo saliscendi orizzontale esistente dalla parte interna.
Essa intuì subito che volevo ripetere l’attentato delle due volte precedenti e mi diceva:
« — No, no! Dio non vuole! Se fai questo vai all’inferno!
Io allora vedendo che non voleva assolutamente accondi­scendere alle mie brutali voglie, andai sulle furie e preso il pun­teruolo, cominciai a colpirla sulla pancia, come si pesta il granturco...
Ricordo bene che la Maria quando le alzai le vesti cercava di ricoprirsi e questo lo fece più volte esclamando: — Che fai Alessandro? Tu vai all’inferno... Io ricordo di aver visto del sangue anche sulle vesti e di averla lasciata mentre essa ancora si dimenava, però capivo bene che l’avevo colpita mortalmente.
Buttai l’arma dentro il cassone e mi ritirai nella mia stan­za, mi chiusi dentro e mi buttai sul letto».


Il pianto della piccola Teresa


Nell’ora del dramma anche il suo mondo tradisce Marietta. Il rumore delle barozze, l’allegro vociare dei bambini, la mamma impegnata a guidare il carro, i cari Cimarelli occu­pati nel lavoro. Nessuno è testimone della sua «passione».
L’orrore e la paura di quei momenti rimangono prigio­nieri delle mura alte e massicce di Cascina Antica.
Dopo che Alessandro sbatte la porta della sua camera, un silenzio irreale ed allucinante rimane nell’aria.
Sale il dialogo misterioso di Marietta con Dio, mentre la piccola Teresa svegliata di soprassalto incomincia a sma­niare ed a piangere.
Con le poche forze rimaste, Marietta si trascina fin sul­la porta e chiama debolmente il vecchio Serenelli:
«Venite su che Alessandro mi ha ammazzata».
Finalmente il pianto sconsolato di Teresa smorza anche l’allegro frastuono della trebbiatura. Assunta, sorpresa per l’assenza inspiegabile di Marietta, manda il figlio Mariano a vedere cosa è successo.
Arriva per primo Giovanni Serenelli e veduta Marietta distesa sul pavimento chiama prima Assunta, poi anche Ma­rio Cimarelli che batte il favino lì vicino.
«Madonna Mia! Che sarà successo in casa mia» mormora Assunta mentre angosciata scende dal carro.
Al Cimarelli giunto velocemente, Giovanni Serenelli ab­bozza smarrito:
«Questa dice che l’ha ammazzata il mio Alessandro ma Alessandro qui non c’è».
La scena raggiunge la soglia di una incontenibile com­mozione: il Cimarelli solleva il piccolo fiore di campo ferito a morte e lo pone sul letto, pregando la moglie Teresa di cor­rere a prendere l’aceto perché Marietta è svenuta.
È questa l’immagine che si presenta agli occhi di Assunta:
«Io seguii Marietta che veniva portata nella sua camera da letto e mi balenò subito il sospetto che la mia piccola fosse stata violentata da Alessandro che non era presente. Sicché io la sco­prii per rassicurarmi del sospetto avuto e vidi che invece era ma­cellata nell’addome e con le budella fuori... Io diedi un urlo ed allora i Cimarelli e gli altri mi portarono fuori sul pianerottolo svenuta».
A questo punto la successione degli avvenimenti divie­ne convulsa e drammatica, si intrecciano dialoghi dai toni sem­pre più incalzanti.
Torna Teresa Cimarelli con l’aceto e riesce a far ripren­dere mamma Assunta:
«Teresa, mi hanno ucciso la figlia» grida disperata la po­vera mamma.
Popo dopo anche Marietta dà segni di vita e lentamente la verità si fa strada nella sua allucinante realtà.
«Marietta, cosa ti è successo? Cosa ti senti? Chi ti ha fatto queste ferite?»
E la piccola Maria: «E’ stato Alessandro, mi voleva far fa­re del male ed io non ho voluto».
«Allora — continua la madre — diedi un urlo e gli altri mi portarono in casa Cimarelli».
«Teresa — geme Marietta — voglio star sola con te. Le­vami di qui, per carità non fate venir su Alessandro».
La Cimarelli le cambia le vesti insanguinate e stracciate e le fascia le ferite, mentre Marietta ripete il suo monologo:
«Alessandro quanto sei triste.., tu vai all’inferno».
«Che ti ha fatto Alessandro, Mari etta?» dice dolcemente Teresa.
— «Mi voleva far fare del male ed io gli dicevo no! E lui così mi ha tirato tanti colpi».
Intanto Domenico Cimarelli corre a Conca ad avvertire dell’accaduto il conte Mazzoleni e a farsi prestare un cavallo per andare a chiamare il medico.
Mario Cimarelli invece va a Nettuno in cerca del medi­co condotto, dott. Bartoli e ad avvertire i carabinieri.
Il conte Mazzoleni prima di precipitarsi a Cascina Anti­ca informa i carabinieri di Cisterna e richiede d’urgenza la Croce Rossa di Carano.
La notizia dell’odioso misfatto di Le Ferriere si diffon­de rapidamente per tutta la Palude. Decine di persone inten­zionate a fare giustizia sommaria marciano compatte verso Cascina Antica.
Anche l’uomo della Palude ha un suo codice di onore che non è possibile calpestare impunemente e il gesto di Alessan­dro non è tra quelli che hanno diritto ad attenuanti.
Nel frattempo quasi contemporaneamente giungono il dott. Ernesto Baliva della Croce Rossa di Carano ed il dot­tor Bartoli da Nettuno.
La piccola Maria viene medicata alla meglio e si decide il ricovero urgente all’ospedale di Nettuno.
Distesa su di una barella, Marietta varca quella porta che dà sul pianerottolo, scende i gradini della scalinata, passa eterea come un sogno tra occhi velati di pianto e di ama­rezza. Sale sull’ambulanza che lentamente insieme a mamma Assunta, prende la via di Nettuno.
Una sensazione di vuoto e di solitudine dietro quelle ruo­te cigolanti sulla stradina bianca.
La Marietta se ne va avvolta nel suo pallore, con la sua storia di piccolo fiore di campo e l’aria stupita di chi chiede scusa per tanto disturbo. Aveva fatto sempre tutto in punta di piedi.
Sul piccolo ponte dell’Astura i bifolchi si tolgono il cap­pello come nel giorno della festa del Corpus Domini, mentre l’ambulanza scompare lentamente al di là della salita.
Quella notte a Cascina antica non dormirà nessuno. Neanche la cena sarà pronta, è rimasta solo quella camicia di Alessandro lì sul pianerottolo!
I fratelli Goretti vengono amorevolmente ospitati nella casa dei Cimarelli, ma la sera trascorre nello smarrimento. Dirà in seguito la Cimarelli d’averli trovati durante la notte con gli occhi sbarrati dalla paura.
Per loro Marietta è veramente tutto.


L'altro dramma


«Buttai l’arma dietro il cassone e mi ritirai nella mia came­ra, chiusi la porta tirandomi in dentro la cordicina per sottrarmi all’ira popolare e mi distesi sul mio letto in attesa dei carabinieri.
Pensavo che tanto fuggire era inutile. Dalla camera io rico­nobbi voci diverse da quelle che ai gridi di Maria erano accorse; riconobbi la voce di mio padre, della madre di Maria e di alcuni vicini», così dichiara Alessandro.
Un silenzio irreale regna nell’altra ala di Cascina Antica. La porta della camera di Alessandro è chiusa e a nulla servo­no i ripetuti richiami ad aprire.
Il padre di Alessandro incontrando sul pianerottolo As­sunta le dice sconvolto:
«Non è stato il mio Alessandro ma il tuo che l’ha ferita». Evidentemente la disperazione ha sconvolto la mente dell’an­ziano Serenelli.
Alessandro Goretti ha 7 anni e sedeva con la madre sul­la barozza al momento della tragedia. Mario Cimarelli non riesce a trattenere la stizza e si scaglia con rabbia su Giovan­ni Serenelli.
Ad aprire la porta della camera di Alessandro ci pensa Rita Comparini, una contadina dalla forza straripante, che con una energica spallata risolve il problema.
Il Mazzoleni giunto da Conca fa sorvegliare l’assassino da guardiani armati in attesa dell’arrivo dei carabinieri, men­tre i massari armati di fucili e forconi circondano il casolare.
Da Carano poco dopo arrivano i carabinieri che arresta­no Alessandro e riescono a stento a difenderlo dalla folla in­ferocita.
Anche il Serenelli varca la porta della cucina, scende i gradini della scalinata, ma passa dinanzi ad occhi che espri­mono odio e vendetta. A piedi, ammanettato, trascinato da due cavalli scompare nella polvere al di là dell’Astura.
Su indicazioni di Alessandro, il conte Mazzoleni ritro­va il punteruolo insanguinato con la punta contorta. A metà strada tra Nettuno e Ferriere il Serenelli incontra l’ambulan­za che si dirige verso Nettuno:
«Ecco l’assassino» commenta mamma Assunta, poi ognu­no per la sua strada.
I carabinieri con il prigioniero arrivano a Nettuno al tra­monto; un atteggiamento provocatorio da parte di Alessan­dro, il disprezzo della gente della cittadina tirrenica.
Verso la mezzanotte il carabiniere Orlando Ruggeri rie­sce a stendere il seguente verbale:
«L ‘arrestato Serenelli, a noi Ruggeri e Pierattini che lo tra­ducemmo dalle Ferriere a Nettuno, confessava di aver ferito la Goretti perché essa aveva rifiutato una sua proposta di amore fattale precedentemente e perché non ha voluto in quel giorno accondiscendere ai suoi desideri».
La mattina dopo Alessandro con il treno viene condot­to a Roma nel carcere di Regina Coeli. Particolare significati­vo: il convoglio passa dinanzi all’ospedale Orsenigo mentre la Goretti lo sta perdonando.
In seguito il Serenelli sarà riconosciuto dal tribunale col­pevole e responsabile del delitto e condannato a 30 anni di lavori forzati. Non viene condannato all’ergastolo perché mi­norenne.
Giovanni Serenelli licenziato dal Mazzoleni, torna alla sua Paternò, portandosi dietro l’incubo del più completo fal­limento.

La scelta di amare, comunque


Il sole dipinge sull’orizzonte scenari di struggente no­stalgia.
È il tramonto di un giorno di luglio caldissimo, Nettu­no si rispecchia nel suo mare.
La gente distratta e festaiola torna dalla spiaggia, appe­na un sussulto di tenerezza per una bianca ambulanza che lentamente cigola lungo la bianca stradina che passando per il centro raggiunge l’ospedale Orsenigo.
Sono quasi le 20, cinque ore sono passate dal delitto con­sumato a Cascina Antica. La Marietta viene portata subito in camera operatoria e l’intervento dura fino alle 22. Prima dell’operazione, su consiglio dei medici, il P. Guijarro cap­pellano dell’ospedale confessa la piccola.
La gravità delle sue condizioni non permette l’anestesia ed i medici Bartoli, Perotti ed Onesti tentano l’impossibile.
Il dott. Bartoli così ricorda quei momenti:
«La trovai colpita in più parti nell’addome e nel torace, co­me pure dopo nell’atto dell’autopsia, la trovai ferita al cuore. Durante le cure che io le apprestavo la fanciulla aveva invoca­zioni alla Madonna e conservò la sua calma. Ora non ricordo le parole precise pronunciate dalla Goretti, però attesto che essa ha sempre conservato lucidissime le facoltà mentali».
Appena fuori la camera operatoria Marietta sussurra al­la mamma:
«Mamma sto bene, come stanno i fratellini? Stai qui que­sta notte?.
Al capezzale durante la notte rimangono Luisa Cucca­lon de Bagner, Suor Beniamina e Suor Aurelia dei poveri di S. Caterina da Siena.
Ad Assunta non è permesso rimanere in ospedale e pas­sa la notte dentro l’ambulanza in compagnia di Mario Ci­marelli.
«Appena giorno — ricorda Assunta — tornai all’ospedale e chiesi a Marietta come si sentisse:
«Benino» rispose Marietta. Ma la voce era più debole della sera precedente. Mi chiese dove avevo passato la notte, ma­nifestò il desiderio di rivedere i fratellini e mi pregò di non far entrare il Serenelli».
Ma la setticemia inesorabilmente compie il suo corso, la febbre diviene altissima, il suo volto sempre più trasparente.
«Pareva una S. Filomena, tutta bianca, con la chioma sciolta — racconta mamma Assunta — la guardavo non solo per af­fetto ma anche per venerazione».
Vengono i carabinieri per il rito dell’interrogatorio e poco dopo i medici per la medicazione.
I ricordi tornano alla mente di Marietta in modo con­vulso, la sua «passione» continua sempre più straziante. Di­viene insopportabile anche la sete:
«Datemi una goccia d’acqua. Possibile che non possiate dar­mi una goccia d’acqua?».
«Mariettina — rispose la mamma — il dottore ha detto che ti farebbe male. Porta pazienza per amore di Gesù in croce più assetato di te».
Misterioso ma visibile intanto continua il dialogo con Dio. Sono sorprendenti le analogie tra gli ultimi momenti della Marietta e quelli di Gesù: le stesse parole, la stessa sete, il medesimo perdono.
I presenti rimangono colpiti dalle numerose espressioni di amore della Marietta per la Vergine Maria. Il suo volto sempre più di cielo s’illumina quando il cappellano, iscrivendola all’associazione delle Figlie di Maria le appende la meda­glia al collo.
Molti testimoni di quei momenti non hanno dubbi ad ammettere che Marietta ha una visione straordinaria della Vergine.
Ma il nostro fiore di campo deve scrivere ancora la sua pagina più sublime. Il perdono al suo uccisore segnerà il pas­so più importante nella sua identificazione con Cristo Gesù, ed è il gesto più qualificante della sua santità.
È il parroco Temistocle Signori a porre esplicitamente la domanda. La risposta di Marietta è precisa:
«Sì per amore di Gesù gli perdono, e voglio che venga con me in Paradiso».
Le condizioni della Marietta peggiorano improvvisamen­te, perde più volte conoscenza. Nei momenti di delirio, co­me una nenia, rievoca la tragedia di Cascina Antica.
Le sue ultime premure sono per i fratellini, la mamma ed il babbo, quasi un testamento di amore per coloro che so­no stati il suo mondo.
Chiama anche la dolce Teresa in un’impossibile invoca­zione di aiuto, poi si abbandona serenamente sul cuscino senza vita.
Sono le 15,43 del 6 luglio 1902: Marietta ha 11 anni 8 mesi e 21 giorni.
Il piccolo fiore di campo è maturo per i giardini del cielo.


Il referto medico

La furia di Alessandro Serenelli appare nella sua brutalità solo al momento dell’autopsia, eseguita sul corpo della Marietta a 24 ore dalla morte.
Ad eseguirla sono i medici Giuseppe Impallomeni e Bartoli. Teresa Cimarelli presta il giuramento di rito per l’iden­tità della defunta.
Dagli atti processuali trascriviamo il referto medico:
— 1.2. piccole ferite nella faccia interna del braccio destro di un millimetro circa, una prossima all’ altra.
— 3. ferita nel torace a destra, sotto la clavicola, estesa mm. 3.
— 4.5.6.7.8. 9. sei ferite sul dorso come segue: una lungo la sca­pola sinistra in corrispondenza della settima costola, estesa 9mm. Una lungo la colonna vertebrale in corrispondenza dell’ot­tava vertebra, estesa mm.5. Tre ferite a sinistra tra la linea scapolare e paravertebrale in corrispondenza della decima co­stola ed undicesimo spazio intercostale, estese ciascuna mm. 12. Altra ferita al di sotto di questa estesa cm: 2 1/2.
— 10. Ferita al fianco, piccola.
— 11.12.13.14. Vasta ferita rettilineare replicata sull’addome, estesa cm. 12, alla parte dritta obliquamente da destra a si­nistra.
— 15. Piccola contusione al gomito destro.
— 16. Piccola ecchimosi al ginocchio destro.
— 17.18. Due piccole ecchimosi sul quarto medio della super­ficie anteriore della gamba sinistra.
Quattro delle suddette ferite lesero il pericardio, il cuore al­l’orecchietta destra ed il polmone sinistro, nonché il diaframma.
Cinque penetrarono la cavità addominale e lesero l’intestino te­nue, l’iliaca ed il mesentere. Causa unica ed assoluta della mor­te fu la peritonite settica originata dalle ferite intestinali, nonché la grave emorragia prodotta dalle numerose lesioni.
Poco prima di morire Marietta, mamma Assunta chiede al dottore se Alessandro riuscì comunque nel suo intento:
«Non dubitare — rispose il medico — essa è come è na­ta».
Il referto medico conferma l’allucinante confessione di Alessandro Serenelli:
«Tiravo giù colpi all’impazzata, come si pesta il granotur­co, come se colpissi un legno».
In occasione del Centenario della sua Nascita, Marietta ha voluto fare a tutti un grande dono: nei sotterranei dell’ex ospedale Orsenigo è stato ritrovato il tavolo operatorio su cui con certezza quasi assoluta venne operata ed eseguita l’au­topsia della Goretti.
Il merito va alla signora Gatti di Nettuno che si serviva del tavolo di marmo per stendere la creta e che ha narrato al vostro cronista questi particolari inediti.


Il sole nella notte

Il delitto di Conca, l’agonia ed il perdono di Marietta al suo uccisore passano di porta in porta con la suggestione di una laude medioevale.
Il popolo intuisce, ama e condanna, con i criteri rubati alla saggezza dell’imponderabile:
«È morta una martire, é morta una santa».
Mamma Assunta ricorda che dopo i primi tentativi di conforto, la gente passa addirittura alle congratulazioni per essere la mamma fortunata di una Santa.
Nettuno vacanziera e frivola si commuove profondamen­te alla storia del piccolo fiore di campo venuto a morire sulla riva del mare dall’inferno della palude.
Il giorno dei funerali, martedì 8 luglio, «Il Messaggero» di Roma sotto il titolo «La belva umana, efferato delitto a Net­tuno» riferisce l’episodio di Cascina Antica dandone ampio risalto. Fatto insolito, ampi stralci del funerale sono riporta­ti nelle edizioni del 9 e 10 luglio.
Una folla strabocchevole partecipa la mattina dell’8 luglio ai solenni funerali di Maria Goretti, il termometro se­gna a Roma 31°.
La S. Messa è celebrata nella cappella dell’Ospedale dal parroco di Nettuno Temistocle Signori. Poi la salma, accom­pagnata dalle associazioni religiose della città, giunge al ci­mitero dove è tumulata nell’area che il comune di Nettuno concede gratuitamente.
L’arciprete Signori scrive così la cronaca di quei giorni:
«L ‘anno del Signore 1902 il 6 di luglio, Maria Goretti fi­glia del fu Luigi ed Assunta Carlini di Corinaldo in provin­cia di Ancona, di circa 12 anni di età rese il suo spirito nella comunione di Santa Romana Chiesa e fu sepolta il giorno otto. Fanciulla timorata di Dio il giorno innanzi presso il paesel­lo di Conca, assalita nel pudore ed opposta vigorosa resi­stenza, cadde esanime colpita da dieci profonde ferite. Tra­sportata all’ospedale dei Fatebenefratelli ed amorevolmen­te accoltavi, si confessò, ricevette il santo viatico e la estre­ma unzione del cappellano P. Martino Guijarro e perdo­nando di cuore il suo uccisore morì nel bacio del Signo­re».
Ai funerali non assiste mamma Assunta tornata a Le Fer­riere vicino agli altri figli, ma nessuno di essi metterà più pie­de nella Cascina Antica.
Dei funerali trasformatisi in autentico trionfo sanno dal racconto fatto dal Mazzoleni.
Rimangono ospiti dei Cimarelli che pensano poi ad or­dinare tutti i poveri ricordi della famiglia Goretti. Assunta Goretti abiterà a Le Ferriere fino al termine del processo pe­nale contro Alessandro Serenelli.
Prima di lasciare l’aula del tribunale, a somiglianza della figlia Maria, interrogata esplicitamente dal Presidente del Tribunale, perdona pubblicamente l’uccisore di Marietta.
Nell’estate del 1903 torna a Corinaldo più povera di quando è giunta dalle Marche. Ottiene dai carabinieri di Net­tuno il rimpatrio gratuito per le sue disagiate condizioni eco­nomiche.
Le figlie Ersilia e Teresa, grazie all’interessamento del sacerdote Romolo Allegrini, sono ospitate in istituti religiosi femminili di Roma. Alessandro, Angelo e Mariano tempora­neamente seguono la mamma nella dolce Corinaldo, ma an­che per loro l’avventura è solo all’inizio.

Il disegno di Dio

Nel ricordo e nell’alfabeto di tanti uomini di buona vo­lontà incomincia a delinearsi chiarissimo il disegno di Dio, sul destino di Maria Goretti.
Che il riposo del piccolo fiore di campo nel cimitero di Nettuno fosse solo una breve parentesi lo si può capire an­che da quello che profeticamente viene scritto sulla sua lapide:

6 LUGLIO 1902
QUI RIPOSA LA SALMA VERGINALE
DELL’EROICA MARIA GORETTI
DODICENNE
IN ATTESA DI LEGALE AUTORIZZAZIONE
PER ESSERE TUMULATA
NEL SANTUARIO DI NS. DELLE GRAZIE
OVE SORGE IL SUO MONUMENTO

Il primo monumento in onore di Marietta viene inaugu­rato il 10 luglio 1904 nel santuario della Madonna delle Gra­zie in Nettuno, appena 2 anni dopo la morte della Goretti. Attualmente si trova nei locali adiacenti la basilica, in attesa di una sistemazione definitiva.
Un altro monumento marmoreo è eretto sulla sua tom­ba e nel 1910 nella chiesa di S.Francesco in Corinaldo, suo paese natale.
Sempre nel 1910, in occasione dei festeggiamenti riman­dati per il cinquantenario della definizione del dogma dell’Immacolata Concezione che hanno luogo a Montevergine vicino Otranto, il papa Pio X pubblicamente ricorda la figu­ra ed il messaggio di Maria Goretti.
Finalmente nel 1929, presenti mamma Assunta, Mariano, Teresa Cimarelli, si procede alla esumazione della salma e nel luglio dello stesso anno il corpo della Goretti viene tu­mulato nel santuario della Madonna delle Grazie.
Per l’occasione la piccola Isolina Goretti, figlia di Ma­riano, fa la Prima Comunione. Prima di tornare a Corinaldo, Assunta, grata ai Passionisti per quanto stavano facendo per la glorificazione di sua figlia, legalmente dona loro il corpo di Marietta da conservarsi nel santuario.
Grazie al lavoro del passionista Mauro Liberati, tenuto conto dell’estrema prudenza con cui la Chiesa segue la prassi in materia, il 1 giugno 1938 è introdotta la causa per il rico­noscimento della santità di Maria Goretti presso la Sacra Con­gregazione dei Riti.
Il 25 marzo 1945 il papa Pio XII ne riconosce il marti­rio ed il 27 aprile 1947 Marietta viene dichiarata beata.
Sperduta tra la folla venuta da ogni parte d’Italia, per una singolare coincidenza, c’è anche Pierina Morosini, ucci­sa il 6 aprile 1957 a 26 anni da un bruto che voleva usarle violenza. Pierina Morosini è proclamata beata da Papa Gio­vanni Paolo II il 4 Ottobre1987.
In occasione della beatificazione i resti di Maria Goret­ti sono ricostruiti al naturale in una artistica urna di bronzo argentato ed esposti nella nuova cappella a Lei dedicata.
Con la ricostruzione della nuova chiesa consacrata il 15 agosto 1969, il corpo di Marietta riposa nella cripta, tutta dedicata alla sua vita e alla sua morte.
 

Santa Maria Goretti

Ormai la storia del piccolo fiore di campo non appartiene più solo alla sua gente, ma è divenuta una pagina significativa nella storia della Chiesa.
Al definitivo riconoscimento manca l’ultimo importan­te anello.
Il miracolo è il sigillo di Dio negli avvenimenti umani e da varie parti del mondo giungono notizie di guarigioni ottenute invocando il nome di Marietta. Vengono scelti due miracoli di indiscutibile attendibilità.
Il primo è la guarigione di Giuseppe Cupe, operaio e pa­dre di 4 figli, risanato istantaneamente da un grave ematoma causatogli da un grosso masso precipitato dall’alto di una scar­pata sul suo piede destro (Roma 8 maggio 1947).
Il secondo è la guarigione anche questa istantanea della signora Anna Grossi Musumarra, da pleurite essudativa e li­quido abbondante (Roma 4 maggio 1947).
I due malati non avrebbero potuto guarire se non dopo una lunga ed incerta terapia.
L’11 dicembre 1949 il papa Pio XII riconosce l’autenti­cità dei miracoli e fissa per il 24 giugno 1950 la data della canonizzazione.
Dell’avvenimento si interessarono i mass-media di ogni parte del mondo, la storia del piccolo fiore di campo commuo­ve uomini di ogni continente.
Quel giorno in piazza S. Pietro si calcolano non meno di mezzo milione di persone e per la prima volta la cerimonia si svolge all’aperto. Intervengono alte personalità come il pre­sidente della Repubblica italiana Luigi Einaudi ed il primo ministro Alcide De Gasperi.
Le foto di quel giorno a fatica rendono l’idea della gran­diosità dell’avvenimento.
Il papa Pio XII pronuncia la formula di rito:
«Ad onore e gloria della Santa ed indivisibile Trinità, ad esaltazione della fede cattolica e ad incremento della reli­gione cristiana; con l’autorità di N.S. Gesù Cristo, dei bea­ti Pietro e Paolo e nostra, previa matura deliberazione e più volte implorato l’aiuto divino, udito il parere dei nostri venerabili fratelli cardinali di S.R. Chiesa, patriarchi, arci­vescovi e vescovi presenti in Roma, decretiamo e definia­mo che la Beata Maria Goretti vergine e martire è santa e l’inseriamo nell’albo dei santi, ordinando che la sua me­moria sia ricordata con pia devozione dalla Chiesa univer­sale, ogni anno il giorno del suo natale e cioè il 6 luglio».
Da una finestra del Palazzo Apostolico, mamma Assun­ta, vestita di nero e lo sguardo assente, vive il momento più incredibile della sua esistenza.
Nella millenaria storia della Chiesa non è mai accaduto che una mamma, i fratelli, tanti parenti ed amici, abbiano potuto assistere alla canonizzazione di un loro congiunto.
Da quel giorno Maria Goretti insegna un cammino, il suo nome, nella terminologia, significa un messaggio preciso e limpido, anche se spesso incompreso.
Dal suo santuario, onorato dalla visita di Paolo VI e di Giovanni Paolo Il, è un punto di riferimento di spiritualità e di fede. Sono innumerevoli gli attestati di riconoscenza per le grazie concesse invocando la sua intercessione.
Al suo nome sono dedicate chiese, ospedali, asili sparsi nel mondo. La sua storia è raccontata in tutte le lingue della terra, compreso il cinese e l’arabo.
Un cenno particolare alla splendida riduzione cinema­tografica della vita di Marietta ad opera del regista A. Geni­na dal celebre titolo «Cielo sulla Palude».
Non finisce di stupire la sua vita, semplice e pulita co­me una goccia di rugiada: l’avventura di un piccolo fiore di campo destinato a non sfiorire mai.

 

 

        

Maria Regina della Pace, prega per noi!i!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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