Santa Maria Goretti
Tratto da: "Marietta" di Giovanni
Alberti e trascritto da Andrea Coffa
Il primo addio
All’alba in campagna, il sole lascia la
notte dimenticando colori intensi sulle
foglie e nella rugiada.
Quella mattina la sveglia suona inutilmente,
la notte è stata di attesa. Angelo, Marietta,
Mariano ed Alessandro sono emozionati: per
loro si tratta del primo vero viaggio.
Papà Luigi alle solite raccomandazioni, avrà
aggiunto notizie su Paliano, della
possibilità di vivere più decorosamente,
forse avrà accennato all’acquisto di
giocattoli più belli.
Mamma Assunta pensa al resto: le borse da
riempire, le scatole da fermare con lo
spago, le poche cose da lasciare e i molti
sospiri carichi di speranza.
La loro è una storia simile a quella di
tante altre famiglie dell’Italia fine ‘800.
Si emigra barattando i sentimenti con una
terra meno avara e con quattro pareti tra le
quali nascondere i pochi segreti.
Il dramma dell’emigrazione contagia una
famiglia su tre dell’Italia di quel tempo.
La scia dei vaporetti o lo sferragliare dei
treni dimenticano su quelle panchine le
tante storie di lacrime e di miseria.
Rimangono impressi nella memoria collettiva
quei lunghi gonnelloni e quei fazzoletti
bianchi che il vento fa impazzire di
nostalgia.
I marchigiani guardano l’Agro Romano come
l’Eldorado di casa nostra. A Luigi Goretti
ne parla bene Bracceschi, un amico che a
Paliano ha fatto fortuna e con la scadenza a
giorni del contratto con il proprietario del
podere di Pregiagna c’è poco da scegliere.
Un tonfo, quella porta che si chiude, un
ultimo sguardo a quelle mura che molti
protagonisti di questa storia non vedranno
mai più.
All’alba dell’ottobre 1897 la diligenza in
servizio da Corinaldo a Senigallia cammina
tra campi arati e brume autunnali: 18 Km. da
percorrere tra scossoni e sussulti.
Nei bambini lo stupore si legge negli occhi:
il treno, il mare, la folla e mille domande
da fare a papà e a mamma. Dai finestrini
appannati Ancona, le montagne
dell’Appennino, Foligno, Spoleto,Terni, la
lussureggiante valle del Tevere ancora
accarezzata dalla nebbia.
Mentre i bambini dormono, sul volto di Luigi
ed Assunta un velo di malinconia. Come in un
film rivedono la contrada di S.Vincenzo
vestita a festa in quel 23 febbraio 1886,
giorno del loro matrimonio, la terra di
Pregiagna ed i fiori del convento dei
Cappuccini.
Una vita di semplicità, fatta di stagioni e
di raccolti, di speranze e di lavoro.
L’emigrazione non è mai stata una idea
straniera tra questa gente, che ha ben poco
cui attaccarsi.
Il primo figlio nasce presto, lo chiamano
Antonio e muore dopo soli 8 mesi. Poi è la
volta di Angelo (18 agosto 1888) ed il 16
ottobre 1890 viene alla luce Marietta,
ilfiore di campo che cambierà radicalmente
il destino della famiglia Goretti.
Di quel giorno di festa è rimasta una lapide
bianca, sul muro del casolare di Pregiagna.
La scritta macchiata di pioggia e di polvere
racconta:
QUI NACQUE
IN UMILTÀ
MARIA GORETTI
ANIMA ELETTA
SI NUTRÌ DELLA GRAZIA
SI PLASMÒ NEL SACRIFICIO
SI ESALTÒ IMMACOLATA NEL MARTIRIO
OGGI
BRILLA SUGLI ALTARI
NELLA LUCE DI CRISTO
Dopo ventiquattr’ore dalla nascita è
battezzata nella chiesa parrocchiale di
S.Francesco e le sono posti i nomi di Maria
e Teresa. Madrina di battesimo è la zia
Pasqualina Goretti.
È il tempo della vendemmia e la sera si
brinda con il vino nuovo, un rito
propiziatorio di prosperità e di lunga vita.
Mamma Assunta descrive così i primi anni
della Marietta:
«Passa la sua puerizia come tutti gli altri
bambini. L ‘educazione l’ha ricevuta
soltanto in famiglia, da mio marito e
specialmente da me; educazione che
impartivamo ugualmente agli altri figlioli
perché crescessero buoni cristiani...
Finché rimanemmo a Corinaldo, essa fu sempre
buona, ma non notai nulla di straordinario
nella sua condotta».
A Corinaldo nascono anche Mariano ed
Alessandro. Quando il progetto di emigrare
viene definito nei minimi dettagli, i
Goretti decidono di celebrare il sacramento
della Cresima dei due figli più grandi nella
loro Corinaldo, tra i parenti.
Il senso dell’appartenenza è fortissimo ma
altrettanto sentita è l’esigenza religiosa:
due elementi che torneranno sempre nella
storia che stiamo per raccontare.
In relazione all’età, per Marietta viene
chiesta una dispensa speciale all’autorità
religiosa e così la mattina del 4 ottobre
1896, insieme al fratello Angelo, riceve la
Confermazione.
Celebra il rito, nel giorno di S.Francesco,
il vescovo di Senigallia Giulio Boschi.
Mamma Assunta racconta per la circostanza un
particolare sintomatico circa la personalità
della Marietta:
«Alle domande dell’arciprete prima della
cresima, la Marietta si vergognava così
tanto, che dovette essere presa in braccio
dalla mamma del sacerdote per far valere le
sue capacità».
In occasione della Cresima la nostra Santa
per la prima volta si accosta al sacramento
della riconciliazione.
Data la precarietà della situazione i
coniugi Goretti decidono di rinviare
l’ingresso dei loro figli a scuola, un
desiderio che per molti di loro non verrà
mai realizzato.
Intanto, nel tardo pomeriggio il treno
proveniente da Ancona arriva a Roma, dove
c’è in attesa il calesse del senatore Scelsi
che conduce i Goretti a Colle Gianturco, una
località vicino Paliano.
L’incontro con i Serenelli
I casolari di Colle Gianturco sono un’oasi
dal sapore di fieno in mezzo a prati
infiniti. Al di là della siepe vibra
dolcissima la musica del vento e degli
armenti.
Tuttavia la terra non si dimostra generosa.
Ben presto le promesse fatte dal Bracceschi
appaiono sogni irrea1izzabili e la vita per
i bifolchi arrivati dalle Marche sempre più
precaria.
Colle Gianturco avrebbe potuto rappresentare
una parentesi trascurabile in vista di una
sistemazione migliore, ma in questa contrada
la vita di Luigi ed Assunta si intreccia con
quella dei Serenelli. Un punto-chiave nella
storia che stiamo narrando.
Il contratto stipulato con il senatore
Scelsi prevede la concessione a mezzadria
della terra, Giovanni e Alessandro Serenelli
poi già da un anno abitano a Colle Gianturco.
Il discorso del senatore ai due capifamiglia
è di una logica disarmante: già la vita in
campagna è dura, i Goretti con tanti figli
hanno un solo uomo a lavorare, mentre ai
Serenelli, manca il calore di una famiglia
vera.
A questo punto mettersi in società viene
presentato come un vero affare. Il tempo in
seguito giudicherà severamente questa
decisione.
Luigi e Assunta avrebbero dovuto ponderare
con più saggezza la proposta dello Scelsi.
Impeccabile dal punto di vista
utilitaristico ma discutibile per tanti
altri versi.
Durante l’inverno, 22 febbraio 1898, nasce
Ersilia, un giorno felice per i Goretti.
La vita quotidiana nel suo scorrere segue
ritmi e cadenze come a Pregiagna.
Ricorda mamma Assunta:
«A Messa nei giorni di festa preferivamo
andare a Paliano, dove, oltre la possibilità
di adempiere i doveri religiosi, potevamo
fare gli acquisti per l’intera settimana o
vendere uova e colombi, come poi a Nettuno».
La nostra Marietta, pur tra notizie
frammentarie, manifesta già le sue
attitudini ed il suo stile.
Non potendo andare a scuola si interessa dei
lavori di casa e soprattutto si prende cura
della piccola Ersilia.
Il sacerdote Passionista Aurelio della
Passione, uno dei biografi più attendibili
di Maria Goretti, racconta che a distanza di
anni molte persone di Colle Gianturco e di
Paliano si ricordavano di quella bambina
timida e riservata che andava a fare la
spesa «con il modo di fare di una donna
adulta».
Il carattere mite e tranquillo di Luigi
Goretti avrebbe permesso una permanenza
forse più lunga a Colle Gianturco, anche se
l’unico cibo era «pane di granoturco e
polenta » ma Giovanni Serenelli, socio del
Goretti, viene a duri contrasti con il
senatore Scelsi.
Con una reazione impensabile ai giorni
nostri, il proprietario-padrone licenzia
immediatamente sia i Serenelli sia la
famiglia Goretti.
Come un fantasma si riaffaccia l’ombra della
nuova emigrazione, comprensibili l’ansia e
l’angoscia di mamma Assunta.
Ma la solidarietà tra povera gente non
conosce la logica dell’interesse e del
profitto, è un fiore sconosciuto nel
giardino del ricco. Il volto della speranza
prende la fisionomia di un amico di nome
Cimarelli, che a Conca nelle Paludi Pontine
lavora a mezzadria nella tenuta del conte
Mazzoleni, un cognome che incontreremo
spesso nella nostra storia.
«Venite anche subito — risponde il conte
alle richieste di Luigi Goretti — lassù
avete mangiato polenta e pane di granoturco,
qui mangerete pane di grano». Il Mazzoleni
promette anche una casa tutta in muratura ed
un contratto a mezzadria.
Non è un distacco sofferto da Colle
Gianturco, non c’è stato il tempo per
allacciare nuove amicizie e per amare quella
terra.
È il febbraio 1899 e l’inverno di quell’anno
è particolarmente rigido.
Mentre ancora una porta si chiude sulla
vicenda dei Goretti, un gesto ed una parola
di grande valore.
Mamma Assunta consegna alla Marietta il
quadro della Vergine Maria affinché la sua
protezione continui per tutto il viaggio.
Papà Luigi così esprime la sua fede: «Dio
sempre provvede».
Cascina Antica di Conca
Lo scenario che si apre da Colle Gianturco
richiama i colori e la serenità di Pregiagna.
Il mare è al di là dei monti che come
sentinelle vegliano sulla pianura di Paliano.
Domina il color giallo oro delle messi,
smorzato a fatica dal verde dei boschi e
delle vallate.
Conca ha una brutta fama anche da queste
parti e i 50 chilometri di distanza dividono
due mondi praticamente lontanissimi.
Ancora fagotti, porte che si chiudono,
rimpianti per un destino che sembra mutare
continuamente di umore e di sorriso.
Il carretto cigola per una stradina fangosa
e ruvida fino alla stazione di Segni. Questa
volta il treno non solleva meraviglia e ad
Angelo il più curioso, regala dal finestrino
aperto una spruzzata di fumo nero.
Da Cecchina il piccolo corteo, con i suoi
segreti e le sue speranze, prende la via
della Palude. Marietta, 9 anni neanche
compiuti, impara presto a non attaccarsi a
nulla, dietro quei passi di bambina di Dio.
I confini tra l’Agro Romano e le Paludi
Pontine sono affidati al vento e al
tracciato di sentieri dimenticati e
traditori.
Dietro cespugli e stagni affiorano rari
casolari ed echi di canzonacce stonate di
lestraioli e carbonari.
Su questa terra la storia ha girato pagina:
degli splendori dell’antica Satricum solo
fatiscenti pilastri sull’Astura, il grande
fiume della Palude.
Alcuni insediamenti con il loro nome così
realistico, servono per i bisogni di
primissima necessità.
Ne ricordiamo alcuni: Campomorto, Gnif-Gnaf,
Carano, Conca e Le Ferriere.
I Goretti e i Serenelli giungono a Cascina
Antica, all’imbrunire del febbraio 1899. I
bambini e gli adulti guardano con stupore le
grandi finestre e le mura del casolare.
Salgono a fatica gli scomodi 20 gradini,
entrano nella cucina e si sistemano nelle
varie camere.
I Goretti sulla sinistra e i Serenelli alla
destra della porta d’ingresso.
Il criterio di mantenere una certa intimità
tra i due nuclei familiari trova così la sua
logica soluzione.
Quella prima sera il camino rimane spento: i
nuovi arrivati sono invitati a cena dai
buoni Cimarelli, anche loro marchigiani e
amici dei Goretti fin dagli anni di
Corinaldo.
Un benvenuto tra povera gente, fatto di
calore e di semplicità, due aspetti che
colpiscono profondamente Marietta come gli
avvenimenti che narreremo confermeranno.
Ai nostri giorni Cascina Antica all’esterno,
dopo le modifiche, non ha molto che possa
richiamare il vecchio casolare fine ‘800.
I ritocchi firmati dall’ architetto
passionista Ottaviano d’Egidio hanno
permesso di creare sapientemente l’angolo
della preghiera e quello del ristoro.
Sono moltissime le persone che chiedono di
pregare e riflettere tra quelle mura.
All’interno invece tutto è rimasto immutato.
Piccole targhette alle pareti ricordano i
protagonisti della nostra storia, e alcuni
fotogrammi tratti dal film di Genina Cielo
sulla Palude riportano il cuore e la memoria
a immagini di un tempo che non c’è più.
Anche a Le Ferriere motivi di carattere
pratico consigliano l’unione tra i Goretti e
i Serenelli.
Luigi Goretti è del parere che Giovanni
Serenelli sia la persona adatta per i
contatti con il conte Mazzoleni.
Una fiducia che con il trascorrere del tempo
il Serenelli ricambierà con deludente
correttezza.
La morte di Luigi Goretti
Il primo raccolto è abbondante, la terra
compie l’impossibile per scusarsi con i
nuovi arrivati. L’interazione con il nuovo
ambiente segue trame e leggi cui la famiglia
Goretti mostra di inserirsi positivamente.
Un’amicizia sincera sboccia con i Cimarelli
che abitano il vicino casolare, anche loro
emigranti marchigiani.
E’ grande desiderio dei coniugi Goretti
permettere la frequenza a scuola ai loro
figli, ma la situazione in proposito è
praticamente impossibile.
La stessa frequenza alla S. Messa domenicale
è una conquista da strappare alla distanza,
alle intemperie, al duro lavoro dei campi.
Per la famiglia Goretti tuttavia è un
appuntamento irrinunciabile.
In pieno inverno, 2 febbraio 1900, nasce
Teresa, l’ultima figlia di Luigi ed Assunta
e Cascina Antica vive un giorno di intensa
gioia.
Sul finire di marzo, quando le margherite ed
i narcisi colorano di festa la palude, Luigi
Goretti avverte uno strano malessere.
Un padre di cinque figli, abituato alla vita
dura dei campi, non può fermarsi ed il buon
Luigi prova a continuare. Ma il male ha
scritto solo le prime righe del suo tragico
percorso e la verità non tarda a
manifestarsi nella sua realtà.
Dietro le insistenze della moglie e di
Marietta, quando ormai le forze vengono
meno, Luigi si mette a letto.
In primavera sono facili i colpi di freddo,
basta qualche giorno di riposo al caldo e
tutto sarebbe tornato come prima!
Ma quando i dolori e la febbre diventano
allarmanti attraverso il Mazzoleni viene
chiamato il dottore.
La diagnosi del medico è micidiale: malaria,
polmonite e meningite, speranze di
guarigione praticamente inesistenti.
Ricorda Assunta:
«In quella campagna dominava la malaria e
non pochi erano quelli che soccombevano,
tanto che il padrone Mazzoleni teneva da
parte parecchie casse mortuarie. Il mio
Luigi scaricando un giorno un carro di tali
casse, quasi scherzando disse:
— Una di queste servirà anche a me e
purtroppo fu vero».
Il decorso della malattia è rapidissimo,
l’agonia dura 10 giorni e la piccola
Marietta va più volte a Conca in cerca di
medicine. Per il conforto religioso viene da
Cisterna il sacerdote Alfredo Paliani, che
in seguito dichiara di aver trovato Marietta
ed i fratelli in preghiera, dinanzi
l’immagine della Vergine, per il padre
malato.
In un momento di lucidità, profeticamente
Luigi raccomanda ad Assunta di tornare a
Corinaldo dopo la sua morte. Non è difficile
immaginare i motivi di questa inquietante
richiesta. Luigi intuisce le difficoltà ed i
rischi della permanenza a Le Ferriere.
Il 6 maggio 1900 Luigi Goretti muore all’età
di 40 anni, lasciando la sua famiglia nello
sgomento e nel lutto. Dopo la preghiera,
montata la cassa sopra un baroccio, il
triste corteo si dirige verso il piccolo
cimitero di Conca, a metà strada tra Cascina
Antica ed il piccolo centro.
Racconta Angelo Goretti:
«Montato sul carro, io come il più robusto,
custodivo la cassa per non farla cadere
quando il carro sobbalzava. Marietta ed i
fratelli più piccoli seguivano tutti a piedi
scalzi».
A guidare i buoi, seduto sul carro c’è
Alessandro Serenelli, sinceramente
addolorato per la morte prematura del buon
Luigi.
Sotto un cielo cupo e uggioso si consuma
ancora un dramma che ha per protagonisti
uomini e donne delle Paludi.
Un dolore che in quella primavera del 1900
ha tutta l’intenzione di rimanere sepolto
nel grigiore di un oscuro anonimato.
La tomba di Luigi Goretti non è stata mai
ritrovata nel piccolo cimitero di Conca.
Vicino la cappella, appoggiata al muro c’è
una lapide ex-voto di un ufficiale americano
che afferma di aver ricevuto una grazia per
intercessione di papà Goretti.
Un particolare misterioso che riferiamo per
puro dovere di cronaca e che ha
profondamente colpito il vostro cronista.
Di quel 6 maggio 1900 è rimasto il cancello
di ferro all’ingresso, due gradini sopra il
viottolo.
La piccola Maria con i suoi fratellini vi
posava un fiore e tanti singhiozzi di
bambina che ad appena 10 anni capisce che è
già ora di diventare donna.
Una giornata di Marietta
La famiglia reagisce con grande dignità e
forza d’animo al vuoto lasciato dalla morte
di Luigi. L’incrollabile fede nella
Provvidenza, il sano realismo, la tenacia
propria della gente di campagna e la
necessità di dare un avvenire alla numerosa
famiglia, fanno sì che dopo l’abbattimento
dei primi giorni, la vita ritorni ai ritmi
quasi normali.
Mamma Assunta prende il posto del marito nei
lavori dei campi e alla Marietta vengono
assegnate le faccende di casa.
“Mamma non ti preoccupare — dice la piccola
Maria dinanzi il papà morto — Dio non ci
abbandonerà”. Sono le prime parole che
conosciamo di Marietta, saranno esse l’anima
e il coraggio di una ripresa sofferta ma
tenace.
Stupisce la capacità di adattamento
dimostrata dalla nostra Santa e nonostante
l’iniziale scetticismo mostrato dai
Serenelli, Maria assolve il suo compito nel
migliore dei modi.
In coerenza con il nostro stile, più che
affidarci alla fantasia preferiamo ascoltare
i testimoni oculari di quegli avvenimenti.
Ricorda Assunta:
«Per le faccende di casa c’era la Marietta,
poi arrivavo all’ultimo momento io per darle
una mano. Correggeva i fratellini e quando
il fratello maggiore mi dava qualche
dispiacere essa lo rimproverava dicendo ‘fai
così perché non c’è più il babbo'.
Non ho notato in lei alcun difetto. Se a
volte l’ho sgridata, è stato perché
preoccupata dell’azienda ero nervosa.
Marietta prendeva la sgridata con calma e
seguitava la sue faccende non portandomi
affatto il broncio. Aveva un cuore generoso
verso di me e verso i fratelli e nel
mangiare contentava prima gli altri, poi se
stessa».
Lo stesso Alessandro ha così deposto:
«Io l’ho conosciuta sempre buona, obbediente
ai genitori, devota, seria, non leggera e
volubile come le altre bambine. Si
contentava di qualunque abito le facesse la
mamma o le regalasse qualche donna».
Mamma Assunta cita due episodi
significativi, che ci permettono di capire
quale posto la Marietta ha nel cuore e
nell’affetto dei suoi fratellini.
Un mese dopo la morte della Santa, la
piccola Ersilia deve subire un piccolo
intervento e prima dell’operazione la
sorellina ripete continuamente: «Marietta
aiutami».
Più volte Assunta deve intervenire in
maniera brusca nei confronti dei figli e
questi correndo dalla sorella maggiore
supplicano: «Marietta, mamma mi mena».
«So che faceva tutte le faccende di casa —
testimonia Filippo Vari, massaro di Conca —
con attività e diligenza, e che era
obbedientissima alla mamma... Mi ha fatto
sempre meraviglia la sua serietà nel parlare
ed il suo fare di donna matura».
In una intervista ad Armando Gualandi,
autore tra l’altro di una biografia su Maria
Goretti, così mamma Assunta descrive una
giornata-tipo della figlia:
«Si alzava con me all’aurora, prima di tutti
gli altri. Diceva le orazioni vestendosi ai
piedi del letto ma se c’era fretta perché
avevamo fatto tardi, le continuava sbrigando
le faccende di cucina. Poi mentre io mungevo
le mucche, Marietta accudiva le galline e
rigovernava il pollaio alla svelta. Poi
rientrava in casa e preparava la colazione,
svegliava i fratellini, li aiutava a
vestirsi ed a lavarsi, faceva dire le
preghiere e poi avanti ed indietro per casa
senza mai stancarsi per raccattare quello o
questo che gli uomini sporcano e mettono in
disordine.
Poi andava a prendere l’acqua per il pranzo
e se c’era da lavare andava alla fontana
conducendosi dietro i più piccoli mentre io
con gli altri uomini mi recavo nei campi.
Quando era l’ora, preparava il pranzo,
raccoglieva l’insalata nell’orto, preparava
il soffritto, i piatti, i bicchieri. Poi
prima che arrivassero gli uomini arrivavo io
per terminare, ma specie negli ultimi tempi
era tutto pronto. Nel pomeriggio stirava la
biancheria e ordinava le stanze. Se c‘era da
fare la spesa Maria andava e la sapeva fare
bene.
Alla domenica si dormiva tutti un po’ di più
ma c’era da andare alla S.Messa e da
accompagnarvi i fratelli, ed allora quante
raccomandazioni perché fossero ordinati
nella persona e nei vestiti.
In chiesa li teneva vicino a sé, li faceva
segnare, li faceva genuflettere. Quando una
volta la settimana c’era da fare il pane
dovevamo alzarci prima. Alla sera andava
ancora alla fontana a prendere l’acqua per
il mattino, poi subito dopo cena faceva
inginocchiare i fratellini per dire il
Rosario e le orazioni e li accompagnava a
letto.
Ma non aveva ancora finito e senza
disturbare il sonno dei fratellini veniva
vicino a me ed alla luce della lucerna ad
olio rammendava calzoni, camicie,
raccontandomi i fatti del giorno. Poi dopo
aver dato l’ultimo sguardo ai fratellini,
diceva le preghiere e cadeva immediatamente
nel sonno.
Io che tante volte non riuscivo ad
addormentarmi, la contemplavo un momento,
pregavo per lei e prima di spegnere la luce
la benedicevo. Come avrei potuto immaginare
un angelo migliore?».
Quell’anno malgrado il buon raccolto di 300
quintali di grano e 96 di favino, Assunta
nel chiudere i conti con il conte Mazzoleni,
si trova in passivo di L. 15.
La stessa convivenza con i Serenelli,
portati a spadroneggiare ed a sottomettere a
loro capriccio le due donne ed i bambini è
motivo di tensione e di sofferenza.
Dopo la morte di Luigi, l’equilibrio così
faticosamente messo in piedi a Cascina
Antica subisce un netto peggioramento.
Sorgono i problemi e raramente si trova il
modo per risolverli.
Sul piccolo fiore di campo le ombre della
notte iniziano a disegnare scenari
inquietanti.
Dio trovato nel quotidiano
C’è un legame sottile ed intenso, ancorato
nelle profondità stesse della vita intesa
come libera manifestazione di valori e di
speranze, di cui bisogna tener conto nella
storia del nostro fiore di campo e della sua
famiglia.
Senza di esso, la sua è una delle tante
storie a sfondo deamicisiano, che
appartengono al segreto ed al dolore di
gente più o meno sconosciuta.
Questo legame è Dio, il valore fondamentale,
la ragione che dà un senso pieno alla vita
ed alla morte della nostra Marietta.
Qualsiasi tentativo di raccontare la vita di
Maria Goretti escludendo questo valore è una
manipolazione che non tiene conto della
verità e della storia.
Dio rivela il suo amore ed il suo disegno
precocemente nel cuore e nelle azioni di
Marietta.
La via è quella tipica dei più piccoli di
Jahwè: la fede vissuta nel quotidiano come
realizzazione di un progetto. Un linguaggio
ed una pedagogia sconosciuti ed
incomprensibili ai più.
Il merito della creatura è la risposta senza
condizione, la disponibilità a metterlo al
primo posto, l’esistenza vissuta non come
frustrazione ma come imitazione della Sua.
Sorprende come una bambina possa inserirsi
in questo disegno da «adulta» calcando
decisa la matita sul suo itinerario senza
deviare dal tracciato dell’Onnipotente.
Ma è uno stupore ancorato alla sapienza
umana, perché Dio ama edificare così il suo
Regno tra gli uomini.
Abbiamo esaminato con cura questo aspetto
della vita della Goretti e abbiamo
incontrato una fede schietta, semplice.
Come i piccoli di Jahwè Marietta ha vissuto
lodando Iddio senza ostentazione e senza
devozionalismo.
L’episodio traumatico del suo morire e il
perdono concesso al suo uccisore sono gli
ultimi capitoli di una vita storicizzata
nella dimensione della fede, della speranza
e della carità.
È una fede, quella di Marietta, che si
specchia nel quotidiano, nella concretezza
della vita, nell’accettazione del dolore e
della gioia, nel servizio verso gli altri,
nell’abbandono alla Provvidenza, nell’amore
alla Vergine e alla Eucarestia.
In sintesi, mettendo Dio nella propria
storia, come forza trainante. Niente a che
vedere con l’alienazione, tesi cara alla
ideologia marxista.
Un ruolo stimolante lo ha avuto dall’esempio
dei suoi genitori. Persone semplici ma
portatori di valori autentici, come in
seguito confermerà acutamente Alessandro
Serenelli:
«Riguardo alla famiglia Goretti non fa
meraviglia che la piccola Maria crescesse
così buona, perché i suoi genitori ne
facevano l’esempio».
La intensità della sua vita spirituale
affiora anche dalle sfumature e dai
particolari che di lei ci hanno lasciato i
suoi contemporanei.
«Era desiderosa — racconta mamma Assunta —
di imparare le cose della fede e più volte
mi ha chiesto di parlare in proposito. Non
ricordo sia mancata alla S. Messa e pur non
sapendo leggere si era imparata a memoria
l’Ave Maria, il Padre Nostro e le altre
preghiere e soprattutto il S. Rosario che le
era indispensabile come l’aria che
respirava».
Per la Vergine ha un affetto del tutto
particolare. Il S. Rosario, recitato la sera
al termine di una giornata di lavoro, è un
momento particolarmente sentito dalla
Marietta ed ogni volta che viene a Nettuno è
d’obbligo la visita al Santuario della
Madonna delle Grazie.
Spontanea la fiducia nella Provvidenza: dopo
la morte del padre, vedendo la madre
abbattuta, le sussurra dolcemente:
«Mamma non piangete, coraggio! Che paura
avete! Ormai ci facciamo grandi, basta che
il Signore ci dia la salute. La Provvidenza
ci aiuterà, camperemo, camperemo».
Un biglietto da visita che la dice lunga
sulla sua crescita spirituale, che nulla ha
da condividere con l’immagine riduttiva
della «Santa dei cinque minuti».
Il giorno della sua prima Comunione segnerà
una data decisiva nella sua storia:
«Mamma, sarò più buona» e tutti i presenti
quel giorno nella chiesina di Conca hanno
testimoniato il loro stupore nel vedere
l’atteggiamento particolarmente assorto
della Marietta.
L’amore verso Dio matura l’apertura e la
disponibilità verso gli altri, e nel suo
caso verso le persone che fanno parte della
sua vita.
Narra la mamma che i fratellini hanno con
Marietta una tale confidenza che non
dimostrano neppure con lei.
«Posso dire — testimonia Alessandro — che
Marietta era docile, buona e rispettosa con
tutti».
I vicini di casa più volte ripetono a mamma
Assunta:
«Che angelo di figlia avete».
Di carattere timido, nei rapporti con gli
estranei ha un atteggiamento educato e
rispettoso. Non ama fermarsi troppo lungo la
strada sia con le amichette sia con gli
adulti e prova fastidio nell’ascoltare
volgarità e maleducazione.
Ancora un ultimo dato significativo: la
spontaneità e la disinvoltura con cui vive
la dimensione di Dio nella sua esistenza.
Mamma Assunta:
«Che fosse buona lo sapevo che divenisse
Santa non lo pensavo. È vero che feci di
tutto per darle un‘educazione cristiana ma
non avrei mai creduto che fosse così eroica
da dare la sua vita».
Il giorno della Prima Comunione
«Mamma, quando faccio la Prima Comunione,
io?».
«Cuore mio, — risponde mamma Assunta — come
la puoi fare la comunione, se non sai bene
la dottrina? Non sai leggere, non ci sono
soldi per farti il vestito, le scarpe, il
velo e non hai un minuto di tempo libero!».
«Mamma, ma così non la faccio mai!».
«Ma che ci può fare la sventurata mamma tua,
cuore mio?... Tocca vedervi venir su come
bestioline».
«Ebbene, mamma — conclude Marietta — Dio
provvederà! A Conca c‘è la sora Elvira che
sa leggere. Io vi prometto di sbrigar prima
tutte le faccende di casa ed il tempo libero
voi me lo lasciate per andare a Conca ad
imparare la dottrina. C’è pure D. Alfredo
Paliani che viene la domenica da Cisterna,
lui pure me la insegnerà quando vanno gli
altri che si preparano».
Più volte Maria Goretti intavola con la
mamma un dialogo simile. Il desiderio di
ricevere l’Eucarestia va ben al di là delle
attese e dei desideri di una qualsiasi
bambina. Molti biografi parlano di un
presagio che nel cuore di Marietta ha
scritto uno struggente desiderio di fare in
fretta, tutto.
La Prima Comunione segnerà uno scatto in
avanti significativo nella storia del
piccolo fiore di campo.
Marietta vive in modo intenso il suo dialogo
con Gesù nell’Eucarestia. A ripercorrere in
lungo ed in largo le strade che da Cascina
Antica portano a Campomorto, Conca o
Nettuno, a considerare la lontananza e le
difficoltà logistiche si rimane stupiti e
commossi di quello che afferma mamma
Assunta:
«Non ricordo sia mai mancata alla S. Messa».
Colpisce anche il suo modo di stare in
preghiera:
«In chiesa — ricorda Teresa Cimarelli — era
molto devota e raccolta, si vedeva che era
una figliola tirata su per il Signore».
Anche in occasione della sua Prima
Comunione, Marietta si trova dinanzi al
problema dell’età. È sempre troppo giovane,
un leit-motiv che la Goretti vedrà
costantemente intonato nei tanti
significativi momenti della sua vita e della
sua morte.
È consuetudine di quegli anni ricevere la
Prima Comunione solo dopo il compimento del
dodicesimo anno di età e Marietta ne ha
appena dieci.
Dinanzi alle continue richieste, mamma
Assunta non riesce a resistere e dispone le
cose in modo tale che Marietta ed Angelo si
rechino un giorno sì e un giorno no a Conca
per il catechismo. Marietta è così
immedesimata in quello che impara dalla
signora Elvira che a sera in casa, rivelando
notevoli capacità comunicative, insegna ai
fratellini ciò che ha appreso a Conca.
Ricorda il Serenelli:
«Tante volte l’ho vista farsi maestra ai
fratellini per insegnar loro le preghiere».
Nonostante le entusiastiche affermazioni
della catechista Elvira Schiassi, mamma
Assunta, in un eccesso di zelo, porta la
piccola Maria a Nettuno dal parroco
Temistocle Signori affinché esamini il suo
grado di preparazione.
Il sacerdote interroga la Marietta e rivolto
alla madre dice:
«Voi affidatela alla Madonna, mettetela
sotto il suo manto e poi non abbiate paura».
Ci sono state divergenze tra i biografi
circa il giorno ed il sacerdote che
amministra la Prima Comunione alla nostra
Marietta.
Possiamo affermare con sufficiente
attendibilità che il giorno è il 16 giugno
1901, domenica dopo l’ottava del Corpus
Domini. Celebra nella chiesina di Conca
Basilio Morganti, della comunità dei
Passionisti di Nettuno.
Quasi tutte le chiese e le cappelle rurali
delle Paludi sono affidate alla cura
pastorale dei Passionisti. Vi si recano le
domeniche e le feste ad amministrare i
sacramenti ed avere un contatto umano,
l’unico, con gente che vive ai margini della
società.
Storie tra le più disperate, dove la dignità
umana è offesa, sono rimaste sepolte nel
segreto di questi uomini generosi, angeli
delle Paludi, che la storia ufficiale
ignora, ma che noi vogliamo ricordare per
amore della verità.
Alla presenza dei Passionisti nelle Paludi è
legata la prima opera di alfabetizzazione.
Rudimentale e limitata ma pur sempre un
segno di amore verso i crocifissi di quel
tempo, uomini dimenticati e perduti ma figli
di Dio.
Mamma Assunta con puntiglio descrive i
preparativi per il grande giorno:
«Il velo bianco per la circostanza glielo
aveva prestato la signora Albertini colona
del Mazzoleni a Campomorto. Il resto del
vestito lo avevo preparato io e la ornai con
i miei coralli, che poi sono stati rubati e
con gli orecchini che ho ancora la fortuna
di portare io.
Anzi, ricordo che avendo essa perduto i
propri orecchini poco dopo la Cresima(*), ne
restò senza fino a quel giorno, tanto che in
quella occasione dovetti di nuovo forare le
orecchie per applicarle i miei».
Un’altra signora le regala le scarpe bianche
ed un’altra ancora il cero. La corona sul
capo è composta con fiori di campo.
D’estate la palude dimentica la tristezza,
papaveri e margherite si rincorrono tra le
messi. Per il Corpus Domini la ginestra
colora la collina del borgo e la strada
intorno alla chiesa è un prato dai colori
più festosi.
In campagna il Corpus Domini è una festa dal
fascino dolcissimo.
Dalle finestre sorridono le tovaglie di
lino, mentre la processione avanza con il
suo salmodiare mistico e melodioso. Per
l’occasione si festeggia anche la Prima
Comunione dei bambini della Palude e la
chiesina di Conca, dedicata all’Annunziata,
vive il suo giorno più vibrante.
«Il giorno avanti la portai a Nettuno per la
confessione» :riferisce mamma Assunta. La
sera gli ultimi ritocchi, mentre la notte
alla Marietta sembra interminabile.
Prima di uscire di casa, il piccolo fiore di
campo chiede perdono a tutti ed
amorevolmente ha la prontezza di spirito di
riprendere il fratello Angelo, che anche
quella mattina se ne esce con una delle sue.
Intorno all’altare con Marietta sono dodici
bambine e due bambini. Tra i banchi della
chiesa, parenti ed amici, a far da cornice
ad una cerimonia sentita particolarmente tra
la gente semplice.
«Mi è rimasto scolpito nella mente — dirà
poi un testimone presente in chiesa —
l’atteggiamento della Marietta, sembrava un
angioletto che se ne stava con le mani
giunte, tutta compresa della presenza del
Signore».
La poesia e la santità di quel giorno
trovano un terreno disponibile e fertile
all’azione di Dio, Marietta prega certamente
per il babbo, morto appena un anno prima.
Tra i parenti, con i vestiti della festa,
c’e anche Alessandro Serenelli.
Al ritorno da Conca c’è grande festa a
Cascina Antica, forse l’unico giorno di
allegria nel soggiorno della famiglia
Goretti a Le Ferriere.
Commenta mamma Assunta: «Maria fece la sua
Prima Comunione proprio come una santa».
Sull’imbrunire di quel giorno, nell’aia
inondata di sole, incontrando Teresa
Cimarelli, Marietta con il cuore colmo di
felicità le dice: «Teresa, quando ci
riandiamo?» e teneramente rivolta alla
mamma: «Mamma, sarò sempre più buona».
(*) All'epoca la Prima Comunione veniva
ricevuta dopo la Cresima (nota personale)
Le prime ombre della sera
I rapporti tra i Goretti ed i Serenelli mai
sono stati affettuosi ma con la morte di
Luigi la convivenza diviene sempre più
precaria.
Di temperamento autoritario e dedito al
vino, il vecchio Serenelli non cerca mai un
rapporto paritario e con la vedova ed i suoi
figli arriva più volte all’aperta ostilità.
Mamma Assunta rivela episodi inquietanti:
«In occasione della morte di mio marito, né
lui (Alessandro) né il padre mostrarono
alcun interessamento, né pronunciarono
parole di conforto a mio riguardo. Il
vecchio Serenelli era di carattere
autoritario, non si contentava di quello che
facevamo noi. Di condotta morale non era
troppo lodevole perché morto mio marito, osò
farmi delle proposte infami».
Anche il parroco di Corinaldo, Francesco
Bernacchia, riferisce un episodio
raccontatogli da Assunta:
«Il pittore Brovelli di Nettuno, aveva
ideato una figura della serva di Dio e ne
aveva mandato una fotografia della pittura
fatta alla mamma, perché ne facesse le
osservazioni. Era presente pure il figlio
Mariano. La mamma osservò che la figliola
era raffigurata troppo grassoccia, perché
diceva, in quel tempo era più di un mese che
si stentava la fame per colpa dei Serenelli.
Quindi la figlia doveva essere più magra. Il
padre soprattutto era prepotente fino a far
soffrire la fame a tutti».
Ironia della sorte, una volta lo stesso
Alessandro interviene in difesa della
Marietta, ripresa rozzamente da suo padre:
«Se non incomincia a far da mangiare non
imparerà mai».
Con l’andare del tempo sempre più Alessandro
assume un atteggiamento ambiguo verso la
piccola Maria.
Ricorda Assunta:
« Un mese circa prima dell’assassinio,
Alessandro si mostrava aspro verso Maria,
dandole ordini gravosi con animo, evidente,
di farle dispetto. Non gli andava più bene
niente di quello che faceva essa. Maria
faceva però lo stesso le faccende ordinate
da lui. Qualche volta faceva le sue giuste
rimostranze sia a voce sia con il pianto e
più volte la confortai dicendo: «Porta
pazienza, tanto tra poco dovrà andare a fare
il militare».
Marietta paga duramente il suo rifiuto, come
più tardi confermerà lo stesso Serenelli:
«Io coabitavo con la famiglia Goretti e per
ben due volte nel mese di giugno tentai di
indurla alle mie voglie. È vero che circa un
anno prima feci alla Maria una prima
proposta di atti carnali alla quale non
volle acconsentire.
Io fin dalla prima volta ingiunsi alla
ragazza di non dir nulla alla madre, e
glielo dissi con forma severa, sicché essa
ne rimase intimorita.
Oggi però non ricordo se in ambedue le volte
io abbia anche minacciato la fanciulla di
morte, tuttavia non escludo che lo abbia
fatto.
Io - prosegue Alessandro - non deposi mai il
desiderio di raggiungere i miei intenti e
dopo il secondo tentativo nella mia mente si
formò più che mai il proposito di ucciderla
se avesse continuato ad opporsi alle mie
voglie».
Che quelle di Alessandro non sono pure
fantasie lo conferma alla mamma la stessa
Marietta in punto di morte: «A richiesta del
dottore — riferisce mamma Assunta — io
domandai alla figliola se mai altre volte
Alessandro l’avesse tentata. Ed essa mi
rispose con voce calma: Mamma, altre due
volte.
Ed io: — Oh Madonna SS.ma, perché non l’hai
detto a mamma tua?
Ed ella rispose:— Perché mi aveva detto che
mi avrebbe ammazzato se io lo dicevo. E
pertanto poi mi ha ammazzato lo stesso.
Ed io ancora: — Da quanto tempo?
Ed essa: — Da un mese».
Da allora Marietta fa l’impossibile per non
rimanere sola in casa, senza che qualcuno ne
intuisca il dramma.
Il particolare non sfugge invece allo
sguardo interessato del Serenelli:
«Marietta cercava di non star sola con me ed
io lo rilevai bene. Mi accorsi pure che
cercava di schivarmi, ella poi aveva
intensificato le sue preghiere. Tante volte
io l’ho sentita chiedere alla mamma che le
permettesse di andare ai sacramenti».
Marietta vive nella più completa solitudine
la tragedia più logorante della sua vita.
Spesse volte il suo atteggiamento suscita
incomprensioni e rimproveri, la stessa mamma
Assunta non percepisce lo stato d’animo nel
quale si trova sua figlia.
La luce, tra tanta oscurità, le viene dalla
preghiera e dalla fiducia in Dio. Solo una
frase sussurrata dolcemente alla cara Teresa
Cimarelli lascia tradire la sua angoscia:
«Teresa, andiamo domani a Campomorto? Non
vedo l’ora di fare la comunione».
Quel «domani» è sabato 5 luglio 1902, il
primo giorno della sua «passione».
L’estate viene dal mare sulle orme del vento
di ponente, le spighe mature cullano
silenziose la loro storia e dai canneti del
fiume Astura le rane gracidano la nenia
della malinconia.
È tempo di raccolto, le falci sono già
lucidate a nuovo, i granai sognano ad occhi
aperti, per l’aria un fascino dal sapore
antico.
La passione di Marietta
Aria di festa a Cascina Antica: i ragazzi si
rincorrono per l’aia mentre le rondini
ricamano nel cielo fantasie misteriose.
Quel giorno si trebbia il favino.
Il sole splende caldissimo, appena uno
sbuffo di vento nell’aria, l’ideale per
seccare al punto giusto le fave.
Marietta è in casa per le faccende di tutti
i giorni, dalle finestre aperte della cucina
giungono ovattati i frastuoni della
trebbiatura.
Dopo la breve sosta pomeridiana, prima di
riprendere il suo posto sulla barozza,
Alessandro prega mamma Assunta di
rammendargli una camicia.
«Senti Marietta — dice la mamma — cosa vuole
Alessandro?».
La piccola non risponde, sbriga le faccende
di casa, aspetta che tutti siano sull’aia,
prende una coperta su cui adagiare Teresa, e
seduta accanto alla sorella si mette a
rammendare la camicia di Alessandro sul
pianerottolo delle scale.
Malgrado il caldo, le barozze di Alessandro
e di Angelo girano e rigirano mentre i
fratelli e Assunta sistemano il favino nei
sacchi.
Più in là anche i Cimarelli sono impegnati
nel medesimo lavoro.
Nello sguardo malinconico di Marietta c’è il
suo piccolo grande mondo, con le sue ansie,
le sue gioie, i suoi affanni.
Un leggero alito di vento inchina
all’orizzonte le cime dei cipressi del
piccolo cimitero di Conca: un tuffo al
cuore, ricordi sempre vivissimi.
Dopo pochi minuti di lavoro, il vecchio
Serenelli, già segnato dalla malaria, torna
all’ombra della cascina: c’è nell’aria una
sensazione di strana attesa.
All’improvviso Alessandro scende dalla
barozza, prega mamma Assunta di prendere il
suo posto, farfuglia una scusa, saluta il
padre ed imbocca le scale di casa.
Venti gradini ripidi ed uguali percorsi con
ostentata disinvoltura. Passa dinanzi a
Marietta e si dirige verso il magazzino.
«Presi un punteruolo acuminato — racconta
Alessandro — che Luigi Goretti aveva portato
dalle Marche per cucire le scope, e lo
deposi sull’angolo esterno a destra del
coperchio di un cassone esistente in cucina,
a destra entrando. Ciò fatto mi accostai
alla Marietta e la invitai a venire dentro
casa. Ella non rispose, né si mosse.
Allora l’acciuffai quasi brutalmente per un
braccio e, facendo essa resistenza, la
trascinai dentro la cucina che era la prima
camera dove s’entrava e chiusi con un calcio
la relativa porta d’ingresso con il solo
saliscendi orizzontale esistente dalla parte
interna.
Essa intuì subito che volevo ripetere
l’attentato delle due volte precedenti e mi
diceva:
« — No, no! Dio non vuole! Se fai questo vai
all’inferno!
Io allora vedendo che non voleva
assolutamente accondiscendere alle mie
brutali voglie, andai sulle furie e preso il
punteruolo, cominciai a colpirla sulla
pancia, come si pesta il granturco...
Ricordo bene che la Maria quando le alzai le
vesti cercava di ricoprirsi e questo lo fece
più volte esclamando: — Che fai Alessandro?
Tu vai all’inferno... Io ricordo di aver
visto del sangue anche sulle vesti e di
averla lasciata mentre essa ancora si
dimenava, però capivo bene che l’avevo
colpita mortalmente.
Buttai l’arma dentro il cassone e mi ritirai
nella mia stanza, mi chiusi dentro e mi
buttai sul letto».
Il pianto della piccola Teresa
Nell’ora del dramma anche il suo mondo
tradisce Marietta. Il rumore delle barozze,
l’allegro vociare dei bambini, la mamma
impegnata a guidare il carro, i cari
Cimarelli occupati nel lavoro. Nessuno è
testimone della sua «passione».
L’orrore e la paura di quei momenti
rimangono prigionieri delle mura alte e
massicce di Cascina Antica.
Dopo che Alessandro sbatte la porta della
sua camera, un silenzio irreale ed
allucinante rimane nell’aria.
Sale il dialogo misterioso di Marietta con
Dio, mentre la piccola Teresa svegliata di
soprassalto incomincia a smaniare ed a
piangere.
Con le poche forze rimaste, Marietta si
trascina fin sulla porta e chiama
debolmente il vecchio Serenelli:
«Venite su che Alessandro mi ha ammazzata».
Finalmente il pianto sconsolato di Teresa
smorza anche l’allegro frastuono della
trebbiatura. Assunta, sorpresa per l’assenza
inspiegabile di Marietta, manda il figlio
Mariano a vedere cosa è successo.
Arriva per primo Giovanni Serenelli e veduta
Marietta distesa sul pavimento chiama prima
Assunta, poi anche Mario Cimarelli che
batte il favino lì vicino.
«Madonna Mia! Che sarà successo in casa mia»
mormora Assunta mentre angosciata scende dal
carro.
Al Cimarelli giunto velocemente, Giovanni
Serenelli abbozza smarrito:
«Questa dice che l’ha ammazzata il mio
Alessandro ma Alessandro qui non c’è».
La scena raggiunge la soglia di una
incontenibile commozione: il Cimarelli
solleva il piccolo fiore di campo ferito a
morte e lo pone sul letto, pregando la
moglie Teresa di correre a prendere l’aceto
perché Marietta è svenuta.
È questa l’immagine che si presenta agli
occhi di Assunta:
«Io seguii Marietta che veniva portata nella
sua camera da letto e mi balenò subito il
sospetto che la mia piccola fosse stata
violentata da Alessandro che non era
presente. Sicché io la scoprii per
rassicurarmi del sospetto avuto e vidi che
invece era macellata nell’addome e con le
budella fuori... Io diedi un urlo ed allora
i Cimarelli e gli altri mi portarono fuori
sul pianerottolo svenuta».
A questo punto la successione degli
avvenimenti diviene convulsa e drammatica,
si intrecciano dialoghi dai toni sempre più
incalzanti.
Torna Teresa Cimarelli con l’aceto e riesce
a far riprendere mamma Assunta:
«Teresa, mi hanno ucciso la figlia» grida
disperata la povera mamma.
Popo dopo anche Marietta dà segni di vita e
lentamente la verità si fa strada nella sua
allucinante realtà.
«Marietta, cosa ti è successo? Cosa ti
senti? Chi ti ha fatto queste ferite?»
E la piccola Maria: «E’ stato Alessandro, mi
voleva far fare del male ed io non ho
voluto».
«Allora — continua la madre — diedi un urlo
e gli altri mi portarono in casa Cimarelli».
«Teresa — geme Marietta — voglio star sola
con te. Levami di qui, per carità non fate
venir su Alessandro».
La Cimarelli le cambia le vesti insanguinate
e stracciate e le fascia le ferite, mentre
Marietta ripete il suo monologo:
«Alessandro quanto sei triste.., tu vai
all’inferno».
«Che ti ha fatto Alessandro, Mari etta?»
dice dolcemente Teresa.
— «Mi voleva far fare del male ed io gli
dicevo no! E lui così mi ha tirato tanti
colpi».
Intanto Domenico Cimarelli corre a Conca ad
avvertire dell’accaduto il conte Mazzoleni e
a farsi prestare un cavallo per andare a
chiamare il medico.
Mario Cimarelli invece va a Nettuno in cerca
del medico condotto, dott. Bartoli e ad
avvertire i carabinieri.
Il conte Mazzoleni prima di precipitarsi a
Cascina Antica informa i carabinieri di
Cisterna e richiede d’urgenza la Croce Rossa
di Carano.
La notizia dell’odioso misfatto di Le
Ferriere si diffonde rapidamente per tutta
la Palude. Decine di persone intenzionate a
fare giustizia sommaria marciano compatte
verso Cascina Antica.
Anche l’uomo della Palude ha un suo codice
di onore che non è possibile calpestare
impunemente e il gesto di Alessandro non è
tra quelli che hanno diritto ad attenuanti.
Nel frattempo quasi contemporaneamente
giungono il dott. Ernesto Baliva della Croce
Rossa di Carano ed il dottor Bartoli da
Nettuno.
La piccola Maria viene medicata alla meglio
e si decide il ricovero urgente all’ospedale
di Nettuno.
Distesa su di una barella, Marietta varca
quella porta che dà sul pianerottolo, scende
i gradini della scalinata, passa eterea come
un sogno tra occhi velati di pianto e di
amarezza. Sale sull’ambulanza che
lentamente insieme a mamma Assunta, prende
la via di Nettuno.
Una sensazione di vuoto e di solitudine
dietro quelle ruote cigolanti sulla
stradina bianca.
La Marietta se ne va avvolta nel suo
pallore, con la sua storia di piccolo fiore
di campo e l’aria stupita di chi chiede
scusa per tanto disturbo. Aveva fatto sempre
tutto in punta di piedi.
Sul piccolo ponte dell’Astura i bifolchi si
tolgono il cappello come nel giorno della
festa del Corpus Domini, mentre l’ambulanza
scompare lentamente al di là della salita.
Quella notte a Cascina antica non dormirà
nessuno. Neanche la cena sarà pronta, è
rimasta solo quella camicia di Alessandro lì
sul pianerottolo!
I fratelli Goretti vengono amorevolmente
ospitati nella casa dei Cimarelli, ma la
sera trascorre nello smarrimento. Dirà in
seguito la Cimarelli d’averli trovati
durante la notte con gli occhi sbarrati
dalla paura.
Per loro Marietta è veramente tutto.
L'altro dramma
«Buttai l’arma dietro il cassone e mi
ritirai nella mia camera, chiusi la porta
tirandomi in dentro la cordicina per
sottrarmi all’ira popolare e mi distesi sul
mio letto in attesa dei carabinieri.
Pensavo che tanto fuggire era inutile. Dalla
camera io riconobbi voci diverse da quelle
che ai gridi di Maria erano accorse;
riconobbi la voce di mio padre, della madre
di Maria e di alcuni vicini», così dichiara
Alessandro.
Un silenzio irreale regna nell’altra ala di
Cascina Antica. La porta della camera di
Alessandro è chiusa e a nulla servono i
ripetuti richiami ad aprire.
Il padre di Alessandro incontrando sul
pianerottolo Assunta le dice sconvolto:
«Non è stato il mio Alessandro ma il tuo che
l’ha ferita». Evidentemente la disperazione
ha sconvolto la mente dell’anziano
Serenelli.
Alessandro Goretti ha 7 anni e sedeva con la
madre sulla barozza al momento della
tragedia. Mario Cimarelli non riesce a
trattenere la stizza e si scaglia con rabbia
su Giovanni Serenelli.
Ad aprire la porta della camera di
Alessandro ci pensa Rita Comparini, una
contadina dalla forza straripante, che con
una energica spallata risolve il problema.
Il Mazzoleni giunto da Conca fa sorvegliare
l’assassino da guardiani armati in attesa
dell’arrivo dei carabinieri, mentre i
massari armati di fucili e forconi
circondano il casolare.
Da Carano poco dopo arrivano i carabinieri
che arrestano Alessandro e riescono a
stento a difenderlo dalla folla inferocita.
Anche il Serenelli varca la porta della
cucina, scende i gradini della scalinata, ma
passa dinanzi ad occhi che esprimono odio e
vendetta. A piedi, ammanettato, trascinato
da due cavalli scompare nella polvere al di
là dell’Astura.
Su indicazioni di Alessandro, il conte
Mazzoleni ritrova il punteruolo
insanguinato con la punta contorta. A metà
strada tra Nettuno e Ferriere il Serenelli
incontra l’ambulanza che si dirige verso
Nettuno:
«Ecco l’assassino» commenta mamma Assunta,
poi ognuno per la sua strada.
I carabinieri con il prigioniero arrivano a
Nettuno al tramonto; un atteggiamento
provocatorio da parte di Alessandro, il
disprezzo della gente della cittadina
tirrenica.
Verso la mezzanotte il carabiniere Orlando
Ruggeri riesce a stendere il seguente
verbale:
«L ‘arrestato Serenelli, a noi Ruggeri e
Pierattini che lo traducemmo dalle Ferriere
a Nettuno, confessava di aver ferito la
Goretti perché essa aveva rifiutato una sua
proposta di amore fattale precedentemente e
perché non ha voluto in quel giorno
accondiscendere ai suoi desideri».
La mattina dopo Alessandro con il treno
viene condotto a Roma nel carcere di Regina
Coeli. Particolare significativo: il
convoglio passa dinanzi all’ospedale
Orsenigo mentre la Goretti lo sta
perdonando.
In seguito il Serenelli sarà riconosciuto
dal tribunale colpevole e responsabile del
delitto e condannato a 30 anni di lavori
forzati. Non viene condannato all’ergastolo
perché minorenne.
Giovanni Serenelli licenziato dal Mazzoleni,
torna alla sua Paternò, portandosi dietro
l’incubo del più completo fallimento.
La scelta di amare, comunque
Il sole dipinge sull’orizzonte scenari di
struggente nostalgia.
È il tramonto di un giorno di luglio
caldissimo, Nettuno si rispecchia nel suo
mare.
La gente distratta e festaiola torna dalla
spiaggia, appena un sussulto di tenerezza
per una bianca ambulanza che lentamente
cigola lungo la bianca stradina che passando
per il centro raggiunge l’ospedale Orsenigo.
Sono quasi le 20, cinque ore sono passate
dal delitto consumato a Cascina Antica. La
Marietta viene portata subito in camera
operatoria e l’intervento dura fino alle 22.
Prima dell’operazione, su consiglio dei
medici, il P. Guijarro cappellano
dell’ospedale confessa la piccola.
La gravità delle sue condizioni non permette
l’anestesia ed i medici Bartoli, Perotti ed
Onesti tentano l’impossibile.
Il dott. Bartoli così ricorda quei momenti:
«La trovai colpita in più parti nell’addome
e nel torace, come pure dopo nell’atto
dell’autopsia, la trovai ferita al cuore.
Durante le cure che io le apprestavo la
fanciulla aveva invocazioni alla Madonna e
conservò la sua calma. Ora non ricordo le
parole precise pronunciate dalla Goretti,
però attesto che essa ha sempre conservato
lucidissime le facoltà mentali».
Appena fuori la camera operatoria Marietta
sussurra alla mamma:
«Mamma sto bene, come stanno i fratellini?
Stai qui questa notte?.
Al capezzale durante la notte rimangono
Luisa Cuccalon de Bagner, Suor Beniamina e
Suor Aurelia dei poveri di S. Caterina da
Siena.
Ad Assunta non è permesso rimanere in
ospedale e passa la notte dentro
l’ambulanza in compagnia di Mario Cimarelli.
«Appena giorno — ricorda Assunta — tornai
all’ospedale e chiesi a Marietta come si
sentisse:
«Benino» rispose Marietta. Ma la voce era
più debole della sera precedente. Mi chiese
dove avevo passato la notte, manifestò il
desiderio di rivedere i fratellini e mi
pregò di non far entrare il Serenelli».
Ma la setticemia inesorabilmente compie il
suo corso, la febbre diviene altissima, il
suo volto sempre più trasparente.
«Pareva una S. Filomena, tutta bianca, con
la chioma sciolta — racconta mamma Assunta —
la guardavo non solo per affetto ma anche
per venerazione».
Vengono i carabinieri per il rito
dell’interrogatorio e poco dopo i medici per
la medicazione.
I ricordi tornano alla mente di Marietta in
modo convulso, la sua «passione» continua
sempre più straziante. Diviene
insopportabile anche la sete:
«Datemi una goccia d’acqua. Possibile che
non possiate darmi una goccia d’acqua?».
«Mariettina — rispose la mamma — il dottore
ha detto che ti farebbe male. Porta pazienza
per amore di Gesù in croce più assetato di
te».
Misterioso ma visibile intanto continua il
dialogo con Dio. Sono sorprendenti le
analogie tra gli ultimi momenti della
Marietta e quelli di Gesù: le stesse parole,
la stessa sete, il medesimo perdono.
I presenti rimangono colpiti dalle numerose
espressioni di amore della Marietta per la
Vergine Maria. Il suo volto sempre più di
cielo s’illumina quando il cappellano,
iscrivendola all’associazione delle Figlie
di Maria le appende la medaglia al collo.
Molti testimoni di quei momenti non hanno
dubbi ad ammettere che Marietta ha una
visione straordinaria della Vergine.
Ma il nostro fiore di campo deve scrivere
ancora la sua pagina più sublime. Il perdono
al suo uccisore segnerà il passo più
importante nella sua identificazione con
Cristo Gesù, ed è il gesto più qualificante
della sua santità.
È il parroco Temistocle Signori a porre
esplicitamente la domanda. La risposta di
Marietta è precisa:
«Sì per amore di Gesù gli perdono, e voglio
che venga con me in Paradiso».
Le condizioni della Marietta peggiorano
improvvisamente, perde più volte
conoscenza. Nei momenti di delirio, come
una nenia, rievoca la tragedia di Cascina
Antica.
Le sue ultime premure sono per i fratellini,
la mamma ed il babbo, quasi un testamento di
amore per coloro che sono stati il suo
mondo.
Chiama anche la dolce Teresa in
un’impossibile invocazione di aiuto, poi si
abbandona serenamente sul cuscino senza
vita.
Sono le 15,43 del 6 luglio 1902: Marietta ha
11 anni 8 mesi e 21 giorni.
Il piccolo fiore di campo è maturo per i
giardini del cielo.
Il referto medico
La furia di Alessandro Serenelli appare
nella sua brutalità solo al momento
dell’autopsia, eseguita sul corpo della
Marietta a 24 ore dalla morte.
Ad eseguirla sono i medici Giuseppe
Impallomeni e Bartoli. Teresa Cimarelli
presta il giuramento di rito per l’identità
della defunta.
Dagli atti processuali trascriviamo il
referto medico:
— 1.2. piccole ferite nella faccia interna
del braccio destro di un millimetro circa,
una prossima all’ altra.
— 3. ferita nel torace a destra, sotto la
clavicola, estesa mm. 3.
— 4.5.6.7.8. 9. sei ferite sul dorso come
segue: una lungo la scapola sinistra in
corrispondenza della settima costola, estesa
9mm. Una lungo la colonna vertebrale in
corrispondenza dell’ottava vertebra, estesa
mm.5. Tre ferite a sinistra tra la linea
scapolare e paravertebrale in corrispondenza
della decima costola ed undicesimo spazio
intercostale, estese ciascuna mm. 12. Altra
ferita al di sotto di questa estesa cm: 2
1/2.
— 10. Ferita al fianco, piccola.
— 11.12.13.14. Vasta ferita rettilineare
replicata sull’addome, estesa cm. 12, alla
parte dritta obliquamente da destra a
sinistra.
— 15. Piccola contusione al gomito destro.
— 16. Piccola ecchimosi al ginocchio destro.
— 17.18. Due piccole ecchimosi sul quarto
medio della superficie anteriore della
gamba sinistra.
Quattro delle suddette ferite lesero il
pericardio, il cuore all’orecchietta destra
ed il polmone sinistro, nonché il diaframma.
Cinque penetrarono la cavità addominale e
lesero l’intestino tenue, l’iliaca ed il
mesentere. Causa unica ed assoluta della
morte fu la peritonite settica originata
dalle ferite intestinali, nonché la grave
emorragia prodotta dalle numerose lesioni.
Poco prima di morire Marietta, mamma Assunta
chiede al dottore se Alessandro riuscì
comunque nel suo intento:
«Non dubitare — rispose il medico — essa è
come è nata».
Il referto medico conferma l’allucinante
confessione di Alessandro Serenelli:
«Tiravo giù colpi all’impazzata, come si
pesta il granoturco, come se colpissi un
legno».
In occasione del Centenario della sua
Nascita, Marietta ha voluto fare a tutti un
grande dono: nei sotterranei dell’ex
ospedale Orsenigo è stato ritrovato il
tavolo operatorio su cui con certezza quasi
assoluta venne operata ed eseguita
l’autopsia della Goretti.
Il merito va alla signora Gatti di Nettuno
che si serviva del tavolo di marmo per
stendere la creta e che ha narrato al vostro
cronista questi particolari inediti.
Il sole nella notte
Il delitto di Conca, l’agonia ed il perdono
di Marietta al suo uccisore passano di porta
in porta con la suggestione di una laude
medioevale.
Il popolo intuisce, ama e condanna, con i
criteri rubati alla saggezza
dell’imponderabile:
«È morta una martire, é morta una santa».
Mamma Assunta ricorda che dopo i primi
tentativi di conforto, la gente passa
addirittura alle congratulazioni per essere
la mamma fortunata di una Santa.
Nettuno vacanziera e frivola si commuove
profondamente alla storia del piccolo fiore
di campo venuto a morire sulla riva del mare
dall’inferno della palude.
Il giorno dei funerali, martedì 8 luglio,
«Il Messaggero» di Roma sotto il titolo «La
belva umana, efferato delitto a Nettuno»
riferisce l’episodio di Cascina Antica
dandone ampio risalto. Fatto insolito, ampi
stralci del funerale sono riportati nelle
edizioni del 9 e 10 luglio.
Una folla strabocchevole partecipa la
mattina dell’8 luglio ai solenni funerali di
Maria Goretti, il termometro segna a Roma
31°.
La S. Messa è celebrata nella cappella
dell’Ospedale dal parroco di Nettuno
Temistocle Signori. Poi la salma,
accompagnata dalle associazioni religiose
della città, giunge al cimitero dove è
tumulata nell’area che il comune di Nettuno
concede gratuitamente.
L’arciprete Signori scrive così la cronaca
di quei giorni:
«L ‘anno del Signore 1902 il 6 di luglio,
Maria Goretti figlia del fu Luigi ed
Assunta Carlini di Corinaldo in provincia
di Ancona, di circa 12 anni di età rese il
suo spirito nella comunione di Santa Romana
Chiesa e fu sepolta il giorno otto.
Fanciulla timorata di Dio il giorno innanzi
presso il paesello di Conca, assalita nel
pudore ed opposta vigorosa resistenza,
cadde esanime colpita da dieci profonde
ferite. Trasportata all’ospedale dei
Fatebenefratelli ed amorevolmente
accoltavi, si confessò, ricevette il santo
viatico e la estrema unzione del cappellano
P. Martino Guijarro e perdonando di cuore
il suo uccisore morì nel bacio del
Signore».
Ai funerali non assiste mamma Assunta
tornata a Le Ferriere vicino agli altri
figli, ma nessuno di essi metterà più piede
nella Cascina Antica.
Dei funerali trasformatisi in autentico
trionfo sanno dal racconto fatto dal
Mazzoleni.
Rimangono ospiti dei Cimarelli che pensano
poi ad ordinare tutti i poveri ricordi
della famiglia Goretti. Assunta Goretti
abiterà a Le Ferriere fino al termine del
processo penale contro Alessandro Serenelli.
Prima di lasciare l’aula del tribunale, a
somiglianza della figlia Maria, interrogata
esplicitamente dal Presidente del Tribunale,
perdona pubblicamente l’uccisore di Marietta.
Nell’estate del 1903 torna a Corinaldo più
povera di quando è giunta dalle Marche.
Ottiene dai carabinieri di Nettuno il
rimpatrio gratuito per le sue disagiate
condizioni economiche.
Le figlie Ersilia e Teresa, grazie
all’interessamento del sacerdote Romolo
Allegrini, sono ospitate in istituti
religiosi femminili di Roma. Alessandro,
Angelo e Mariano temporaneamente seguono la
mamma nella dolce Corinaldo, ma anche per
loro l’avventura è solo all’inizio.
Il disegno di Dio
Nel ricordo e nell’alfabeto di tanti uomini
di buona volontà incomincia a delinearsi
chiarissimo il disegno di Dio, sul destino
di Maria Goretti.
Che il riposo del piccolo fiore di campo nel
cimitero di Nettuno fosse solo una breve
parentesi lo si può capire anche da quello
che profeticamente viene scritto sulla sua
lapide:
6 LUGLIO 1902
QUI RIPOSA LA SALMA VERGINALE
DELL’EROICA MARIA GORETTI
DODICENNE
IN ATTESA DI LEGALE AUTORIZZAZIONE
PER ESSERE TUMULATA
NEL SANTUARIO DI NS. DELLE GRAZIE
OVE SORGE IL SUO MONUMENTO
Il primo monumento in onore di Marietta
viene inaugurato il 10 luglio 1904 nel
santuario della Madonna delle Grazie in
Nettuno, appena 2 anni dopo la morte della
Goretti. Attualmente si trova nei locali
adiacenti la basilica, in attesa di una
sistemazione definitiva.
Un altro monumento marmoreo è eretto sulla
sua tomba e nel 1910 nella chiesa di
S.Francesco in Corinaldo, suo paese natale.
Sempre nel 1910, in occasione dei
festeggiamenti rimandati per il
cinquantenario della definizione del dogma
dell’Immacolata Concezione che hanno luogo a
Montevergine vicino Otranto, il papa Pio X
pubblicamente ricorda la figura ed il
messaggio di Maria Goretti.
Finalmente nel 1929, presenti mamma Assunta,
Mariano, Teresa Cimarelli, si procede alla
esumazione della salma e nel luglio dello
stesso anno il corpo della Goretti viene
tumulato nel santuario della Madonna delle
Grazie.
Per l’occasione la piccola Isolina Goretti,
figlia di Mariano, fa la Prima Comunione.
Prima di tornare a Corinaldo, Assunta, grata
ai Passionisti per quanto stavano facendo
per la glorificazione di sua figlia,
legalmente dona loro il corpo di Marietta da
conservarsi nel santuario.
Grazie al lavoro del passionista Mauro
Liberati, tenuto conto dell’estrema prudenza
con cui la Chiesa segue la prassi in
materia, il 1 giugno 1938 è introdotta la
causa per il riconoscimento della santità
di Maria Goretti presso la Sacra
Congregazione dei Riti.
Il 25 marzo 1945 il papa Pio XII ne
riconosce il martirio ed il 27 aprile 1947
Marietta viene dichiarata beata.
Sperduta tra la folla venuta da ogni parte
d’Italia, per una singolare coincidenza, c’è
anche Pierina Morosini, uccisa il 6 aprile
1957 a 26 anni da un bruto che voleva usarle
violenza. Pierina Morosini è proclamata
beata da Papa Giovanni Paolo II il 4
Ottobre1987.
In occasione della beatificazione i resti di
Maria Goretti sono ricostruiti al naturale
in una artistica urna di bronzo argentato ed
esposti nella nuova cappella a Lei dedicata.
Con la ricostruzione della nuova chiesa
consacrata il 15 agosto 1969, il corpo di
Marietta riposa nella cripta, tutta dedicata
alla sua vita e alla sua morte.
Santa Maria Goretti
Ormai la storia del piccolo fiore di campo
non appartiene più solo alla sua gente, ma è
divenuta una pagina significativa nella
storia della Chiesa.
Al definitivo riconoscimento manca l’ultimo
importante anello.
Il miracolo è il sigillo di Dio negli
avvenimenti umani e da varie parti del mondo
giungono notizie di guarigioni ottenute
invocando il nome di Marietta. Vengono
scelti due miracoli di indiscutibile
attendibilità.
Il primo è la guarigione di Giuseppe Cupe,
operaio e padre di 4 figli, risanato
istantaneamente da un grave ematoma
causatogli da un grosso masso precipitato
dall’alto di una scarpata sul suo piede
destro (Roma 8 maggio 1947).
Il secondo è la guarigione anche questa
istantanea della signora Anna Grossi
Musumarra, da pleurite essudativa e liquido
abbondante (Roma 4 maggio 1947).
I due malati non avrebbero potuto guarire se
non dopo una lunga ed incerta terapia.
L’11 dicembre 1949 il papa Pio XII riconosce
l’autenticità dei miracoli e fissa per il
24 giugno 1950 la data della canonizzazione.
Dell’avvenimento si interessarono i
mass-media di ogni parte del mondo, la
storia del piccolo fiore di campo commuove
uomini di ogni continente.
Quel giorno in piazza S. Pietro si calcolano
non meno di mezzo milione di persone e per
la prima volta la cerimonia si svolge
all’aperto. Intervengono alte personalità
come il presidente della Repubblica
italiana Luigi Einaudi ed il primo ministro
Alcide De Gasperi.
Le foto di quel giorno a fatica rendono
l’idea della grandiosità dell’avvenimento.
Il papa Pio XII pronuncia la formula di
rito:
«Ad onore e gloria della Santa ed
indivisibile Trinità, ad esaltazione della
fede cattolica e ad incremento della
religione cristiana; con l’autorità di N.S.
Gesù Cristo, dei beati Pietro e Paolo e
nostra, previa matura deliberazione e più
volte implorato l’aiuto divino, udito il
parere dei nostri venerabili fratelli
cardinali di S.R. Chiesa, patriarchi,
arcivescovi e vescovi presenti in Roma,
decretiamo e definiamo che la Beata Maria
Goretti vergine e martire è santa e
l’inseriamo nell’albo dei santi, ordinando
che la sua memoria sia ricordata con pia
devozione dalla Chiesa universale, ogni
anno il giorno del suo natale e cioè il 6
luglio».
Da una finestra del Palazzo Apostolico,
mamma Assunta, vestita di nero e lo sguardo
assente, vive il momento più incredibile
della sua esistenza.
Nella millenaria storia della Chiesa non è
mai accaduto che una mamma, i fratelli,
tanti parenti ed amici, abbiano potuto
assistere alla canonizzazione di un loro
congiunto.
Da quel giorno Maria Goretti insegna un
cammino, il suo nome, nella terminologia,
significa un messaggio preciso e limpido,
anche se spesso incompreso.
Dal suo santuario, onorato dalla visita di
Paolo VI e di Giovanni Paolo Il, è un punto
di riferimento di spiritualità e di fede.
Sono innumerevoli gli attestati di
riconoscenza per le grazie concesse
invocando la sua intercessione.
Al suo nome sono dedicate chiese, ospedali,
asili sparsi nel mondo. La sua storia è
raccontata in tutte le lingue della terra,
compreso il cinese e l’arabo.
Un cenno particolare alla splendida
riduzione cinematografica della vita di
Marietta ad opera del regista A. Genina dal
celebre titolo «Cielo sulla Palude».
Non finisce di stupire la sua vita, semplice
e pulita come una goccia di rugiada:
l’avventura di un piccolo fiore di campo
destinato a non sfiorire mai.