LA
FORZA STRAORDINARIA DEL ROSARIO
S.
Vincenzo de Paoli:
“Dopo la S. Messa, la devozione al Rosario ha fatto
scendere sulle anime più miracoli di ogni altra
preghiera.”
Il
Santo Curato d’Ars:
“Una sola “Ave Maria” ben detta fa tremare
l’inferno.”
San Luigi Maria De Montfort:
“L’Ave Maria ben detta (col cuore con attenzione,
devozione e modestia), secondo i Santi è il nemico
che mette in fuga il diavolo, il martello che lo
schiaccia, la santificazione e fecondità nell’anima,
la gioia degli angeli, la melodia dei predestinati,
il cantico del Nuovo Testamento, la gloria della SS.
Trinità, il piacere di Maria, un bacio casto e
amoroso che le si dà…. ”
San Giovanni Bosco:
“Il Rosario è una continuazione di Ave Maria, con le
quali si possono battere, vincere, distruggere tutti
i demoni dell’inferno.”
Lucia di Fatima:
“Per il potere che il Padre ha dato, in questi
ultimi tempi, al Rosario non c’è problema personale,
nè familiare, nè nazionale, nè internazionale, che
non si possa risolvere con il Rosario.”
Giovanni Paolo II ai giovani:
Il 16 ottobre 2002 ho proclamato l'”Anno del
Rosario” ed ho invitato tutti i figli della Chiesa a
fare di questa antica preghiera mariana un esercizio
semplice e profondo di contemplazione del volto di
Cristo. Recitare il Rosario significa infatti
imparare a guardare Gesù con gli occhi di sua Madre,
amare Gesù con il cuore di sua Madre.
Consegno oggi idealmente anche a voi, cari giovani,
la corona del Rosario. Attraverso la preghiera e la
meditazione dei misteri, Maria vi guida con
sicurezza verso il suo Figlio! Non vergognatevi di
recitare il Rosario da soli, mentre andate a scuola,
all’università o al lavoro, per strada e sui mezzi
di trasporto pubblico; abituatevi a recitarlo tra
voi, nei vostri gruppi, movimenti e associazioni;
non esitate a proporne la recita in casa, ai vostri
genitori e ai vostri fratelli, poiché esso ravviva e
rinsalda i legami tra i membri della famiglia.
Questa preghiera vi aiuterà ad essere forti nella
fede, costanti nella carità, gioiosi e perseveranti
nella speranza.
Satana costretto nel nome di Dio dall’esorcista, ha
dovuto parlare del Rosario. Ecco perché, in un
celebre esorcismo, Satana in persona, fu costretto
ad affermare: “Dio ha dato a Lei (la Madonna) il
potere di scacciarci, e Lei lo fa con il Rosario,
che ha reso potente. Per questo il Rosario è la
preghiera più forte, la più esorcizzante. Esso è il
nostro flagello, la nostra rovina, la nostra
sconfitta… il Rosario ci vince sempre, ed è la
sorgente di grazie incredibili per quanti lo
recitano per intero (15 misteri). Per questo noi lo
avversiamo e lo combattiamo con tutte le nostre
forze, ovunque, ma specialmente nelle Comunità, la
cui forza spezzerebbe ogni nostra resistenza. Molte
di esse lo sanno: non vi è male che possa resistere
a un Rosario intero comunitario“.
Don Gabriele Amorth:
“È più che mai vivo il ricordo della lettera
Apostolica “Rosarium Virginis Mariae“, con la quale
Giovanni Paolo II, il 16 ottobre del 2002,
incoraggiava di nuovo la cristianità a ricorrere a
questa preghiera, così caldamente raccomandata da
tutti gli ultimi pontefici e dalle ultime
apparizioni mariane. Anzi, per rendere più completa
quella prece che Paolo VI definiva “compendio di
tutto il Vangelo“, aggiungeva i “misteri della
luce”: cinque misteri riguardanti la vita pubblica
di Gesù. Sappiamo bene come Padre Pio chiamava la
corona: l’arma. Arma di straordinaria potenza contro
Satana.
Un giorno un mio collega esorcista si sentì dire dal
demonio: “Ogni Ave è come una mazzata sul mio capo;
se i cristiani conoscessero la potenza del Rosario
per me sarebbe finita“.
Ma quale è il segreto che rende tanto efficace
questa preghiera? È che il Rosario è insieme
preghiera e meditazione; preghiera rivolta al Padre,
alla Vergine, alla SS. Trinità; ed è insieme
meditazione cristocentrica. Infatti, come espone il
S. Padre nella Lettera Apostolica citata, il Rosario
è preghiera contemplativa: si ricorda Cristo con
Maria, si impara Cristo da Maria, ci si conforma a
Cristo con Maria, si supplica Cristo con Maria, si
annuncia Cristo con Maria.”
A
questa preghiera è anche bello e fruttuoso
affidare l’itinerario di
crescita dei figli. Non è forse, il
Rosario, l’itinerario della vita di Cristo, dal
concepimento, alla morte, fino alla resurrezione e
alla gloria? Diventa oggi sempre più arduo per i
genitori seguire i figli nelle varie tappe della
vita. Nella società della tecnologia avanzata, dei mass media e
della globalizzazione, tutto è diventato così rapido
e la distanza culturale tra le generazioni si fa
sempre più grande. I più diversi messaggi e le
esperienze più imprevedibili si fanno presto spazio
nella vita dei ragazzi e degli adolescenti, e per i
genitori diventa talvolta angoscioso far fronte ai
rischi che essi corrono. Si trovano non di rado a
sperimentare delusioni cocenti, constatando i
fallimenti dei propri figli di fronte alla seduzione
della droga, alle attrattive di un edonismo
sfrenato, alle tentazioni della violenza, alle più
varie espressioni del non senso e della
disperazione.
Pregare
col Rosario per
i figli, e ancor più con i figli,
educandoli fin dai teneri anni a questo momento
giornaliero di « sosta orante » della famiglia, non
è, certo, la soluzione di ogni problema, ma è un
aiuto spirituale da non sottovalutare. Si
può obiettare che il Rosario appare preghiera poco
adatta al gusto dei ragazzi e dei giovani d’oggi. Ma
forse l’obiezione tiene conto di un modo di praticarlo
spesso poco accurato. Del resto, fatta salva la sua
struttura fondamentale, nulla vieta che per i ragazzi
e i giovani la recita del Rosario – tanto in famiglia
quanto nei gruppi – si arricchisca di opportuni
accorgimenti simbolici e pratici, che ne favoriscano
la comprensione e la valorizzazione. Perché non
provarci? Una pastorale giovanile non rinunciataria,
appassionata e creativa – le Giornate Mondiali della
Gioventù me ne hanno dato la misura! – è capace di
fare, con l’aiuto di Dio, cose davvero significative.
Se il Rosario viene ben presentato, sono sicuro che i
giovani stessi saranno capaci di sorprendere ancora
una volta gli adulti, nel far propria questa preghiera
e nel recitarla con l’entusiasmo tipico della loro
età.
Giovanni Paolo II,
Rosarium Virginis Mariae
|
-Le preghiere
che compongono il S. Rosario-
Il Credo
Come
l’inizio della recita del Rosario
professiamo la nostra fede con il Credo. Il
Credo o Simbolo degli Apostoli, recitato sul
crocifisso della corona, essendo il sacro
compendio delle verità cristiane, è
preghiera molto meritoria, perché la fede è
base, fondamento e principio di tutte le
virtù cristiane, di tutte le verità eterne e
di tutte le preghiere gradite a Dio.
«Chi s’accosta a Dio deve credere» (Eb
11,6). Così comprendiamo che chi si accosta
a Dio con la preghiera deve incominciare con
un atto di fede; più avrà fede e più la sua
preghiera sarà efficace e meritoria per lui
e gloriosa per Dio.
S.
Luigi Maria Grignon de Montfort ci
introduce a conoscere l’efficacia del nostro
atto di fede espresso nella recita del
Credo: “Non posso, tuttavia, far a meno di
affermare che le prime tre parole: «Credo in
Dio» — le quali contengono gli atti di tre
virtù teologali: fede, speranza e carità —
hanno una meravigliosa efficacia per
santificare le anime e vincere il demonio.
Molti santi con questa professione di fede
hanno vinto le tentazioni, specialmente
quelle contro la fede, la speranza e la
carità, sia in vita sia nell’ora della
morte. Esse sono le ultime parole che san
Pietro martire tracciò come meglio poteva
col dito sulla sabbia quando, colpito al
capo dalla sciabola di un eretico, stava per
spirare.”
IL CREDO
Credo in un
solo Dio, Padre Onnipotente, creatore del
cielo e della terra, di tutte le cose
visibili e invisibili.
Credo in un solo Signore Gesù Cristo
unigenito figlio di Dio nato dal Padre
prima di tutti i secoli. Dio da Dio, Luce
da Luce, Dio vero da Dio vero, generato,
non creato, dalla stessa sostanza del
Padre. Per mezzo di Lui tutte le cose sono
state create. Per noi uomini e per la
nostra salvezza discese dal cielo e per
opera dello Spirito Santo si è incarnato
nel seno della Vergine Maria e si è fatto
uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio
Pilato, morì e fu sepolto e il terzo
giorno è resuscitato secondo le Scritture
ed è salito al Cielo e siede alle destra
del Padre e di nuovo verrà nella gloria
per giudicare i vivi e i morti ed il suo
Regno non avrà fine.
Credo nello Spirito Santo che è Signore e
dà la vita e procede dal Padre e dal
Figlio e con il Padre ed il Figlio è
adorato e glorificato e ha parlato per
mezzo dei profeti.
Credo la Chiesa una, santa, cattolica e
apostolica.
Professo un solo battesimo per il perdono
dei peccati e aspetto la resurrezione dei
morti e la vita del mondo che verrà.
Amen
Credo (Simbolo
Apostolico)
Io credo in Dio, Padre onnipotente,
creatore del cielo e della terra;
e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro
Signore, il quale fu concepito di Spirito
Santo,
nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio
Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto;
discese agli inferi;
il terzo giorno risuscitò da morte;
salì al cielo, siede alla destra di Dio
Padre onnipotente;
di là verrà a giudicare i vivi e i morti.
Credo nello Spirito Santo,
la santa Chiesa cattolica,
la comunione dei santi,
la remissione dei peccati,
la risurrezione della carne,
la vita eterna.
Amen.
S.
Luigi sostiene che la fede sia l’unica
chiave che ci apra la comprensione dei
misteri di Gesù e di Maria contenuti nel
santo Rosario perciò all’inizio occorre
recitare il Credo con grande attenzione e
devozione, poiché più viva e forte è la
nostra fede e più il Rosario sarà meritorio.
E questa fede deve essere viva e animata
dalla carità: in altre parole, per ben
recitare il Rosario bisogna essere in grazia
di Dio o per lo meno decisi di
riacquistarla. Dobbiamo così avere una fede
robusta e costante: “nel Rosario non
dobbiamo ricercare soltanto il gusto
sensibile e la consolazione spirituale. Non
dobbiamo quindi abbandonarlo quando fossimo
molestati da tante distrazioni involontarie
o da uno strano disgusto nell’anima o da
un’opprimente noia o torpore prolungato nel
corpo. Per recitare bene il Rosario non sono
necessari gusti, consolazioni, slanci,
sospiri, lacrime. Neppure si richiede una
continua applicazione dell’immaginazione.
Bastano la fede pura e la retta intenzione.
«È sufficiente la sola fede»”.
Il
Padre nostro (prima parte)
Il
Padre nostro è la preghiera più importante
perché ci è stata donata dal nostra Signore
Gesù Cristo. «Era necessario — dice S.
Cipriano — che chi veniva come
Salvatore a darci la vita della grazia, ci
insegnasse anche come celeste Maestro il modo di
pregare». S. Luigi ci insegna che “La sapienza
del divino Maestro appare luminosa nell’ordine,
nella forza e nella chiarezza di questa divina
preghiera, che è breve, ma ricca di
insegnamenti, è accessibile ai semplici mentre è
colma di misteri per i dotti”.
La
preghiera del Padre nostro contiene tutti i
nostri doveri verso Dio, gli atti di tutte le
virtù e la richiesta per ogni nostro bisogno
spirituale e materiale. «È il compendio del
Vangelo» (S. Tertulliano);
«Supera tutti i desideri dei santi» (S.Tommaso
da Kempis) e contiene in breve
tutte le soavi aspirazioni dei salmi e dei
cantici; chiede tutto ciò che è necessario a
noi, loda Dio in modo eccellente ed eleva
l’anima dalla terra al cielo e l’unisce
strettamente a Dio.
S. Giovanni
Crisostomo dice che chi non prega
come ha pregato ed insegnato il divino
Maestro, non è suo discepolo. Dio Padre
gradisce di essere invocato non con
preghiere formulate dalla sapienza umana, ma
con quella insegnataci da suo Figlio.
S.
Agostino assicura che il Padre
nostro recitato bene cancella le colpe
veniali. Il giusto cade sette volte al
giorno, ma con le sette domande contenute
nell’Orazione domenicale egli può rialzarsi
dalle sue cadute e fortificarsi contro i
suoi nemici.
Questa
preghiera è breve e facile, affinché fragili e
soggetti come siamo a tante miserie, ci sia
possibile recitarla più spesso e con più
devozione e quindi ricevere più presto l’aiuto
desiderato.
Meditiamo
allora in profondità le parole del Padre
nostro con l’aiuto di S. Luigi che
con amore e devozione così ci spiega:
“Possiamo
chiamare felice chi recita la preghiera
insegnata dal Signore, meditandone
attentamente ogni parola. Vi troverà tutto
ciò di cui ha bisogno e tutto quanto può
desiderare. Con questa meravigliosa
preghiera prima di tutto ci cattiviamo il
cuore di Dio invocandolo con il nome di
Padre.
«Padre
nostro». Il più tenero dei padri,
onnipotente nella creazione, stupendo nel
conservarla, sommamente amabile nella sua
Provvidenza, sempre buono anzi infinitamente
buono nella Redenzione. Dio è nostro Padre, noi
siamo tutti fratelli, il cielo è nostra patria e
nostra eredità. Non basta forse questo per
ispirarci l’amore di Dio, l’amore per il
prossimo, il distacco da tutte le cose della
terra?
Amiamo
dunque un tale Padre e ripetiamogli mille volte:
«Padre nostro che sei nei cieli».
Tu che riempi la terra e il cielo con
l’immensità della tua essenza e dappertutto sei
presente; tu che sei nei santi con la tua
gloria, nei dannati con la tua giustizia, nei
giusti con la tua grazia, nei peccatori con la
tua pazienza sopportatrice, fa’ che ci
ricordiamo sempre della nostra celeste origine,
che viviamo come veri tuoi figli e che tendiamo
sempre verso te solo con tutto l’ardore dei
nostri desideri.
«Sia
santificato il tuo nome». Il nome del
Signore è santo e terribile — dice il re-profeta
— ed il cielo risuona delle lodi incessanti dei
serafini alla santità del Signore Dio degli
eserciti — esclama Isaia. Con queste parole
chiediamo che tutta la terra conosca e adori gli
attributi di Dio tanto grande e santo; che egli
sia conosciuto, amato, adorato dai pagani, dai
turchi, dagli ebrei, dai barbari e da tutti gli
infedeli; che tutti gli uomini lo servano e lo
glorifichino con fede viva, con ferma speranza,
con ardente carità, rinunciando ad ogni errore.
In una parola chiediamo che tutti gli uomini
siano santi perché egli è santo.
«Venga
il tuo regno». Regna, o Signore,
nelle nostre anime con la tua grazia in questa
vita affinché meritiamo di regnare con te dopo
la morte, nel tuo regno che è la suprema ed
eterna felicità che noi crediamo, speriamo ed
attendiamo: felicità che la bontà del Padre ci
ha promesso, che i meriti del Figlio ci hanno
acquistato e che la luce dello Spirito Santo ci
rivela.
«Sia
fatta la tua volontà come in cielo così in
terra». Nulla certamente sfugge alle
disposizioni della divina Provvidenza, che ha
tutto previsto e tutto disposto ancor prima che
qualcosa accada. Nessun ostacolo può deviarla
dal fine che si è prefisso. Perciò, quando
chiediamo a Dio che si compia la sua volontà,
non temiamo — dice Tertulliano — che qualcuno
possa efficacemente opporsi all’attuazione dei
suoi disegni, ma acconsentiamo umilmente a tutto
quanto gli è piaciuto di ordinare a nostro
riguardo. E chiediamo di compiere sempre e in
ogni cosa la sua santissima volontà, a noi nota
nei comandamenti, con la stessa prontezza, amore
e costanza con cui gli angeli e i santi gli
obbediscono in cielo.
«Dacci
oggi il nostro pane quotidiano». Gesù
Cristo ci insegna a chiedere a Dio il necessario
alla vita del corpo e dell’anima. Con queste
parole confessiamo umilmente la nostra miseria e
rendiamo omaggio alla Provvidenza dichiarando
che aspettiamo dalla sua bontà tutti i beni
temporali. Con la parola pane chiediamo a Dio lo
stretto necessario per la vita; il superfluo ne
è escluso. Questo pane lo chiediamo per oggi,
cioè limitiamo al giorno presente ogni nostra
sollecitudine, fiduciosi nella Provvidenza per
l’indomani. Chiedendo il pane di ogni giorno,
ammettiamo che i nostri bisogni rinascono
continuamente e proclamiamo il nostro incessante
bisogno della protezione e del soccorso di Dio.
«Rimetti
a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo
ai nostri debitori». I nostri peccati
— dicono sant’Agostino e Tertulliano — sono
debiti contratti con Dio, debiti dei quali la
sua giustizia esige il saldo sino all’ultimo
centesimo. E noi tutti abbiamo di questi tristi
debiti. Però, nonostante le numerose nostre
colpe, accostiamoci a lui con fiducia e
diciamogli con sincero pentimento: «Padre nostro
che sei nei cieli, perdona i peccati del nostro
cuore e della nostra bocca, i peccati di azione
e di omissione che ci rendono immensamente
colpevoli agli occhi della tua giustizia. Sì,
perdonali perché anche noi, figli di un Padre
clemente e misericordioso, perdoniamo per
obbedienza e per carità a coloro che ci hanno
offeso».
«E
non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal
male». E non permettere che per la
nostra infedeltà alle tue grazie noi soccombiamo
alle tentazioni del mondo, del demonio e della
carne. Ma liberaci dal male che è il peccato,
dal male della pena temporale e della pena
eterna da noi meritate.
«Amen».
Espressione molto consolante perché — dice san
Girolamo — è come il sigillo posto da Dio alla
conclusione delle nostre domande per assicurarci
che ci ha esauditi. È come se Dio stesso ci
dicesse: «Amen! Sia fatto secondo le vostre
richieste. Io le ho esaudite». È il senso della
parola Amen.
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Il
Santo Rosario
La
recita del Rosario
Per
recitare bene il Rosario bisogna recitarlo digne,
attente, devote.
Digne (degnamente)
vuol dire dire in stato di grazia o almeno non
con l’intenzione di rimanere nel peccato. «La prima e
migliore disposizione per rendere efficaci le nostre
preghiere è di essere in stato di grazia, o non
essendovi, almeno desiderare di rimettersi in tale
stato» (Catechismo maggiore di S. Pio X).
«L’orazione vocale è quella che si fa con le parole
accompagnate dall’attenzione della mente e dalla
devozione del cuore» (Catechismo maggiore di S. Pio
X). Attente (con attenzione) vuol dire
prestando attenzione alla preghiera che si sta
facendo. Si può leggere un brano biblico, meditare
brevemente il mistero, poi dire bene il Padre nostro
pensando a ciò che si sta dicendo, dire bene le dieci
Ave Maria (Salutazione angelica) salutando la Madonna
nel mistero che si contempla e dire bene il Gloria.
Devote (con devozione) vuol dire con devozione
interna ed esterna. «Il Rosario si deve recitare con
grande devozione perché si parla con la SS. Vergine»
(S. Paolo della Croce). In particolare bisogna
recitarlo senza fretta, dicendo bene le preghiere.
«Per ottenere le grazie domandate nel Pater noster
bisogna recitarlo senza fretta, con attenzione e
accompagnarlo col cuore» (Catechismo maggiore di S.
Pio X). Poi bisogna recitarlo senza interruzioni,
«dobbiamo durante la preghiera pensare che siamo alla
presenza di Dio il quale ci vede e ci ascolta»
(Ibidem) e con compostezza del corpo.
“Nessuna
preghiera è più meritoria per l’anima e più gloriosa
per Gesù e Maria del Rosario ben recitato“, così
dice S. Luigi Grignion de Montfort. Il Rosario, se è ben
recitato e conosciuto nella sua efficacia, è la
preghiera più gradita al Signore e alla propria anima.
Vi offriamo, come motivo di riflessione, le promesse che
la nostra Madre Celeste ha concesso a tutti coloro che
recitano questa meravigliosa preghiera.
Queste promesse sono legate alla devozione verso il S.
Rosario, recitato con fede e amore, e non va confuso
come un motivo di “compromessi”, come per dire “Io lo
recito ma mi devi dare qualcosa in cambio”. Noi
preghiamo non per fare la nostra volontà ma perché
scenda la gloria di Dio in mezzo a noi!
Coscienti di questa grazia andiamo a scoprire quanti
doni ci riserva la nostra amata Madre Celeste attraverso
la recita del S. Rosario.
LE
QUINDICI PROMESSE DELLA MADONNA
(Dal libro: De Rosario B. M. Virginis)
1. Coloro che mi
serviranno con costanza recitando il Rosario
riceveranno qualche grazia speciale.
2. A tutti quelli che reciteranno con devozione il mio
Rosario prometto la mia protezione speciale e grandi
grazie.
3. Il Rosario sarà un’arma potentissima contro
l’inferno, eliminerà i vizi, libererà dal peccato,
distruggerà le eresie.
4. Farà rifiorire le virtù e le opere sante, otterrà
alle anime abbondantissime misericordie da Dio; trarrà
i cuori degli uomini dal vano amore del mondo
all’amore di Dio e li eleverà al desiderio delle cose
eterne. Oh! quante anime si santificheranno con questo
mezzo!
5. L’anima che si affida a me col Rosario non perirà.
6. Chiunque reciterà il Rosario con devozione con la
meditazione dei misteri non sarà oppresso da
disgrazie, non sperimenterà l’ira di Dio, non morirà
di morte improvvisa, ma si convertirà se peccatore; se
invece giusto, persevererà in grazia e sarà giudicato
degno della vita eterna.
7. I veri devoti del mio Rosario non moriranno senza i
Sacramenti.
8. Voglio che coloro che recitano il mio Rosario
abbiano in vita e in morte la luce e la pienezza delle
grazie; partecipino in vita e in morte dei meriti dei
beati.
9. Libero ogni giorno dal purgatorio le anime devote
del mio Rosario.
10. I veri figli del mio Rosario godranno di una
grande gloria in cielo.
11. Qualunque cosa chiederai col Rosario la otterrai.
12. Soccorrerò in ogni loro necessità coloro che
diffonderanno il mio Rosario.
13. Ho ottenuto da mio Figlio che gli iscritti alla
Confraternita del Rosario possano avere per
confratelli in vita e in morte tutti i santi del
cielo.
14. Coloro che recitano il mio Rosario sono miei figli
e fratelli di Gesù Cristo, mio unigenito.
15. La devozione al mio Rosario è un grande segno di
predestinazione.
|
Conoscere
il S. Rosario
Che cosa è il Rosario?
Giovanni Paolo II ci dice che è un
compendio del Vangelo: “Esso ci fa continuamente
ritornare sulle principali scene della vita di
Cristo, quasi per farci “respirare” il suo
mistero. Il Rosario è via privilegiata di
contemplazione. E’, per così dire, la via di
Maria. Chi più di Lei conosce Cristo e lo ama?”.
Nella Lettera apostolica “Rosarium Virginis
Mariae” ha anche spiegato perché il Rosario
è una preghiera orientata per sua natura alla
pace. “Lo è non solo in quanto ce la fa invocare,
forti dell’intercessione di Maria, ma anche perché
ci fa assimilare, con il mistero di Gesù, anche il
suo progetto di pace. (…) Al tempo stesso, con il
ritmo tranquillo della ripetizione dell’Ave Maria,
il Rosario pacifica il nostro animo e lo apre alla
grazia che salva. Il Beato Bartolo Longo ebbe
un’intuizione profetica, quando, al tempio
dedicato alla Vergine del Rosario, volle
aggiungere questa facciata come monumento alla
pace. La causa della pace entrava così nella
proposta stessa del Rosario. E’ un’intuizione di
cui possiamo cogliere l’attualità, all’inizio di
questo Millennio, già sferzato da venti di guerra
e rigato di sangue in tante regioni del mondo”.
E’ molto importante sapere che il Rosario contiene
due elementi: l’orazione mentale e l’orazione
vocale.
Quella mentale consiste nella meditazione
dei principali misteri della vita, della missione,
della morte e della gloria di Gesù Cristo e della
sua santissima Madre.
Quella vocale consiste nel dire venti decine
di Ave Maria, ognuna preceduta da un Padre nostro,
meditando e contemplando le venti principali virtù
praticate da Gesù e da Maria nei venti misteri del
santo Rosario.
Per recitare il Rosario con frutto è importante
praticare queste due orazioni perché purtroppo molto
spesso ci riduciamo solo nella parte vocale…
Il Rosario della Vergine si compone di quattro
corone, ognuna composta di cinque decine, e ci
suggerisce S. Luigi, allo scopo:
1)
di onorare le tre Persone della SS. Trinità;
2) di onorare la vita, la missione, la morte e
la gloria di Gesù Cristo;
3) di imitare la Chiesa trionfante, di aiutare
la Chiesa militante, di dare sollievo alla
Chiesa purgante;
4) di modellarsi sulle tre parti del Salterio,
di cui la prima riguarda la vita purgativa, la
seconda la vita illuminativa e la terza la vita
unitiva;
5) di colmarci di grazie in questa vita, di pace
alla morte e di gloria nell’eternità.
E come nasce il nome
“Rosario”? Ce lo spiega S. Luigi riportando anche
una bella testimonianza:
“Da quando il beato Alano della Rupe rinnovò questa
devozione, la voce del popolo, che è voce di Dio, la
chiamò Rosario, cioè corona di rose. E ciò per
significare che ogni volta che si recita devotamente
il Rosario si pone in capo a Gesù e a Maria una
corona di 153(ora 203 con l’aggiunta dei misteri
della Luce) rose bianche e di 16(21) rose rosse del
paradiso, che non perderanno mai la loro bellezza e
il loro splendore.
La Vergine approvò e confermò questo nome di Rosario
rivelando a parecchi che con le Ave Maria recitate
in suo onore, le si fa dono di altrettante gradite
rose; e di tante corone di rose quanti sono i Rosari
recitati.
Le cronache di S. Francesco raccontano che un
giovane religioso aveva la lodevole abitudine di
recitare ogni giorno prima del pasto la corona della
Vergine santa. Un giorno, non si sa per qual motivo,
la omise. Quando suonò l’ora del pranzo, egli pregò
il superiore di permettergli di recitarla prima di
sedersi a tavola e col suo permesso si ritirò in
cella. Tardando molto a ripresentarsi, il superiore
mandò un religioso a chiamarlo. Il confratello lo
trovò risplendente di luce celeste; la Vergine e due
angeli erano accanto a lui. Ad ogni Ave Maria usciva
dalla sua bocca una bella rosa: gli angeli
raccoglievano le rose, una dopo l’altra e le
ponevano sul capo della Vergine che se ne dimostrava
visibilmente soddisfatta. Altri due religiosi,
mandati a vedere quale fosse la causa di tanto
ritardo, poterono anch’essi ammirare il sorprendente
spettacolo, poiché la Vergine disparve solo quando
la recita dell’intera corona ebbe termine».
Il Rosario è dunque una grande corona di rose; una
parte del Rosario è come una piccola ghirlanda di
fiori o piccola corona di rose celesti che si mette
in capo a Gesù e a Maria. Come la rosa è la regina
dei fiori, così il Rosario è la rosa e la prima fra
le devozioni.”
Ecco il Rosario che,
recitato con devozione e amore, diventa una
meravigliosa corona di rose da donare al Signore
Gesù e alla nostra Mamma Celeste. Ecco perché Lei
ci chiede di recitarlo quotidianamente! Perché
desidera da noi il nostro atto di amore, il nostro
atto di fede e di abbandono al Signore, tutto
racchiuso in questa corona di rose profumate. La
recita del Rosario è l’espressione d’amore tra
Cielo e terra.
Entriamo nel dettaglio per
conoscere meglio il S. Rosario accompagnati dalle
parole di Giovanni Paolo II riportate
nella Lettera Apostolica “ROSARIUM VIRGINIS
MARIAE”.
Il Rosario, ci
spiega il Papa introducendoci alla sua recita,
pur caratterizzato dalla sua fisionomia mariana,
è preghiera dal cuore cristologico, cioè che
troviamo Cristo al centro della nostra preghiera
e ci immergiamo nei Suoi misteri: “Nella
sobrietà dei suoi elementi, concentra in sé la
profondità dell’intero messaggio evangelico, di
cui è quasi un compendio. In esso riecheggia la
preghiera di Maria, il suo perenne Magnificat
per l’opera dell’Incarnazione redentrice
iniziata nel suo grembo verginale. Con esso il
popolo cristiano si mette alla scuola di Maria,
per lasciarsi introdurre alla contemplazione
della bellezza del volto di Cristo e
all’esperienza della profondità del suo amore.
Mediante il Rosario il credente attinge
abbondanza di grazia, quasi ricevendola dalle
mani stesse della Madre del Redentore”.
Il S. Rosario, che apparentemente è una
preghiera semplice, recitato con devozione e
amore ci dona le grazie impensabili! Anche il
nostro amato Papa Woytila ci racconta la sua
testimonianza con una precisa indicazione: “Il
Rosario mi ha accompagnato nei momenti della
gioia e in quelli della prova. Ad esso ho
consegnato tante preoccupazioni, in esso ho
trovato sempre conforto. Ventiquattro anni fa,
il 29 ottobre 1978, ad appena due settimane
dall’elezione alla Sede di Pietro, quasi aprendo
il mio animo così mi esprimevo: « Il Rosario è
la mia preghiera prediletta. Preghiera
meravigliosa! Meravigliosa nella sua semplicità
e nella sua profondità. […] Si può dire che il
Rosario è, in un certo modo, un
commento-preghiera dell’ultimo capitolo della
Costituzione Lumen gentium del Vaticano II,
capitolo che tratta della mirabile presenza
della Madre di Dio nel mistero di Cristo e della
Chiesa. Difatti, sullo sfondo delle parole Ave
Maria passano davanti agli occhi dell’anima i
principali episodi della vita di Gesù Cristo.
Essi si compongono nell’insieme dei misteri
gaudiosi, dolorosi e gloriosi, e ci mettono in
comunione viva con Gesù attraverso – potremmo
dire – il Cuore della sua Madre”.
Riguardo al S. Rosario, Paolo VI precisò
che questa preghiera non solo non si oppone alla
Liturgia, ma le fa da supporto, giacché ben la
introduce e la riecheggia, consentendo di viverla
con pienezza di partecipazione interiore,
raccogliendone frutti nella vita quotidiana.
Giovanni XXIII,
anche lui uno dei grandi devoti al S. Rosario,
afferma: “Il Rosario, come esercizio di cristiana
devozione tra i fedeli di rito latino, che sono
notevole porzione della famiglia cattolica, prende
posto, per gli ecclesiastici dopo la S.Messa ed il
Breviario, e per i laici dopo la partecipazione ai
Sacramenti. Esso forma devota comunione con Dio, e
sempre di alta elevazione spirituale”.
Giovanni Paolo II
approfondisce il valore del S. Rosario anche dal
punto di vista ecumenico:
“Forse
c’è anche chi teme che essa possa risultare poco
ecumenica, per il suo carattere spiccatamente
mariano. In realtà, essa si pone nel più limpido
orizzonte di un culto alla Madre di Dio, quale
il Concilio l’ha delineato: un culto orientato
al centro cristologico della fede cristiana, in
modo che « quando è onorata la Madre, il Figlio
[…] sia debitamente conosciuto, amato,
glorificato ». Se riscoperto in modo adeguato,
il Rosario è un aiuto, non certo un ostacolo
all’ecumenismo!”.
Entriamo più nel profondo della Lettera
Apostolica.
Il S. Rosario è presentato a tutti come la
preghiera per la pace e per la famiglia:
“A dare maggiore
attualità al rilancio del Rosario si aggiungono
alcune circostanze storiche. Prima fra esse,
l’urgenza di invocare da Dio il dono della pace.
Il Rosario è stato più volte proposto dai miei
Predecessori e da me stesso come preghiera per
la pace. All’inizio di un Millennio, che è
cominciato con le raccapriccianti scene
dell’attentato dell’11 settembre 2001 e che
registra ogni giorno in tante parti del mondo
nuove situazioni di sangue e di violenza,
riscoprire il Rosario significa immergersi nella
contemplazione del mistero di Colui che « è la
nostra pace » avendo fatto « dei due un popolo
solo, abbattendo il muro di separazione che era
frammezzo, cioè l’inimicizia » (Ef 2, 14). Non
si può quindi recitare il Rosario senza sentirsi
coinvolti in un preciso impegno di servizio alla
pace, con una particolare attenzione alla terra
di Gesù, ancora così provata, e tanto cara al
cuore cristiano.
Analoga urgenza di impegno e di preghiera emerge
su un altro versante critico del nostro tempo,
quello della famiglia, cellula della società,
sempre più insidiata da forze disgregatrici a
livello ideologico e pratico, che fanno temere
per il futuro di questa fondamentale e
irrinunciabile istituzione e, con essa, per le
sorti dell’intera società. Il rilancio del
Rosario nelle famiglie cristiane, nel quadro di
una più larga pastorale della famiglia, si
propone come aiuto efficace per arginare gli
effetti devastanti di questa crisi epocale.
Numerosi segni dimostrano quanto la Vergine
Santa voglia anche oggi esercitare, proprio
attraverso questa preghiera, la premura materna
alla quale il Redentore moribondo affidò, nella
persona del discepolo prediletto, tutti i figli
della Chiesa: « Donna, ecco il tuo figlio! » (Gv
19, 26). Sono note le svariate circostanze, tra
il diciannovesimo e il ventesimo secolo, nelle
quali la Madre di Cristo ha fatto in qualche
modo sentire la sua presenza e la sua voce per
esortare il Popolo di Dio a questa forma di
orazione contemplativa. Desidero in particolare
ricordare, per l’incisiva influenza che
conservano nella vita dei cristiani e per
l’autorevole riconoscimento avuto dalla Chiesa,
le apparizioni di Lourdes e di Fatima, i cui
rispettivi santuari sono meta di numerosi
pellegrini, in cerca di sollievo e di speranza”.
Proseguiamo la scoperta del S. Rosario con
Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII. Loro ci
spiegheranno che la recita del S. Rosario non deve
essere solo una ripetizione di preghiere di
Pater-Ave-Gloria, ma integrata con la
contemplazione dei misteri cristologici rendendo
questa preghiera assolutamente unica:
I
ricordi di Maria
Maria vive con gli occhi su Cristo e fa tesoro
di ogni sua parola: « Serbava tutte queste cose
meditandole nel suo cuore » (Lc 2, 19; cfr 2,
51). I ricordi di Gesù, impressi nel suo animo,
l’hanno accompagnata in ogni circostanza,
portandola a ripercorrere col pensiero i vari
momenti della sua vita accanto al Figlio. Sono
stati quei ricordi a costituire, in certo senso,
il ‘rosario’ che Ella stessa ha costantemente
recitato nei giorni della sua vita terrena.
Ed anche ora, tra i canti di gioia della
Gerusalemme celeste, i motivi del suo grazie e
della sua lode permangono immutati. Sono essi ad
ispirare la sua materna premura verso la Chiesa
pellegrinante, nella quale Ella continua a
sviluppare la trama del suo ‘racconto’ di
evangelizzatrice. Maria ripropone continuamente
ai credenti i ‘misteri’ del suo Figlio, col
desiderio che siano contemplati, affinché
possano sprigionare tutta la loro forza
salvifica. Quando recita il Rosario, la comunità
cristiana si sintonizza col ricordo e con lo
sguardo di Maria.
Rosario, preghiera
contemplativa
Il Rosario, proprio a partire dall’esperienza di
Maria, è una preghiera spiccatamente
contemplativa. Privato di questa dimensione, ne
uscirebbe snaturato.
Nel percorso spirituale del Rosario, basato
sulla contemplazione incessante – in compagnia
di Maria – del volto di Cristo, questo ideale
esigente di conformazione a Lui viene perseguito
attraverso la via di una frequentazione che
potremmo dire ‘amicale’. Essa ci immette in modo
naturale nella vita di Cristo e ci fa come
‘respirare’ i suoi sentimenti. Dice in proposito
il beato Bartolo Longo: « Come due amici,
praticando frequentemente insieme, sogliono
conformarsi anche nei costumi, così noi,
conversando familiarmente con Gesù e la Vergine,
nel meditare i Misteri del Rosario, e formando
insieme una medesima vita con la Comunione,
possiamo divenire, per quanto ne sia capace la
nostra bassezza, simili ad essi, ed apprendere
da questi sommi esemplari il vivere umile,
povero, nascosto, paziente e perfetto ».
Rosario, via di
assimilazione del mistero
La meditazione dei misteri di Cristo è proposta
nel Rosario con un metodo caratteristico, atto
per sua natura a favorire la loro assimilazione.
È il metodo basato sulla ripetizione. Ciò vale
innanzitutto per l’Ave Maria, ripetuta per ben
dieci volte ad ogni mistero. Se si guarda
superficialmente a questa ripetizione, si
potrebbe essere tentati di ritenere il Rosario
una pratica arida e noiosa. Ben altra
considerazione, invece, si può giungere ad avere
della Corona, se la si considera come
espressione di quell’amore che non si stanca di
tornare alla persona amata con effusioni che,
pur simili nella manifestazione, sono sempre
nuove per il sentimento che le pervade.
Una cosa è chiara: se la ripetizione dell’Ave
Maria si rivolge direttamente a Maria, con Lei e
attraverso di Lei è in definitiva a Gesù che va
l’atto di amore. La ripetizione si alimenta del
desiderio di una conformazione sempre più piena
a Cristo, vero ‘programma’ della vita cristiana.
San Paolo ha enunciato questo programma con
parole infuocate: « Per me il vivere è Cristo e
il morire un guadagno » (Fil 1, 21). E ancora: «
Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me »
(Gal 2, 20). Il Rosario ci aiuta a crescere in
questa conformazione fino al traguardo della
santità.
A questo punto aggiungiamo
i pensieri di Giovanni XXIII, riportate nella
Lettera Apostolica “IL RELIGIOSO CONVEGNO”,
continuando e approfondendo i pensieri di Giovanni
Paolo II:
“É
vero che, presso alcune anime meno educate a
sollevarsi oltre l’omaggio labiale, esso può
venir recitato come monotona successione delle
tre preghiere: il Pater Noster, l’Ave Maria e il
Gloria, disposte nell’ordine tradizionale di
quindici decine. Questo, senza dubbio, è già
qualche cosa. Ma — dobbiamo pur ripeterlo — è
solo avviamento o risonanza esteriore di
confidente preghiera, piuttosto che vibrante
elevazione dello spirito a colloquio col
Signore, ricercato nella sublimità e tenerezza
dei suoi misteri di amore misericordioso per la
umanità tutta intera.
La vera sostanza del Rosario ben meditato è
costituita da un triplice elemento che
dà alla espressione vocale unità e coesione,
discoprendo in vivace successione gli episodi
che associano la vita di Gesù e di Maria, in
riferimento alle varie condizioni delle anime
oranti e alle aspirazioni della Chiesa
universale.
Per ogni decina di Ave Maria ecco un quadro, e
per ogni quadro un triplice accento, che è al
tempo stesso: contemplazione mistica,
riflessione intima, e intenzione pia.
Contemplazione
mistica
Anzitutto, contemplazione pura, luminosa, rapida
di ogni mistero, cioè di quelle verità della
fede che ci parlano della missione redentrice di
Gesù. Contemplando ci si trova. in una
comunicazione intima di pensiero e di sentimento
con la dottrina e con la vita di Gesù, figlio di
Dio e figlio di Maria, vissuto sulla terra a
redimere, a istruire, a santificare: — nel
silenzio della vita nascosta, fatta di preghiera
e di lavoro, — nei dolori della sua beata
Passione, — nel trionfo della Resurrezione: come
nella gloria dei cieli, ove siede alla destra
del Padre, sempre in atto di assistere e di
vivificare di Spirito Santo la Chiesa da Lui
fondata, e progrediente nel suo cammino
attraverso i secoli.
Riflessione intima
Il secondo elemento e la riflessione che dalla
pienezza dei misteri di Cristo si diffonde in
viva luce sopra lo spirito dell’orante. Ciascuno
avverte nei singoli misteri l’opportuno e buon
insegnamento per sé in ordine alla propria
santificazione e alle condizioni in cui vive e
sotto la continua illuminazione dello Spirito
Santo, che dal profondo dell’anima in grazia «
sollecita per noi con gemiti inenarrabili
», ognuno raffronta la sua vita col calore
di insegnamento, che sgorga da quei medesimi
misteri, e ne trova inesauribili applicazioni
per le proprie necessita spirituali, come per
quelle del vivere suo quotidiano.
Intenzione pia
In ultimo è intenzione: cioè inclinazione di
persone, o istituzioni, o necessità di ordine
personale e sociale , che per un cattolico
veramente attivo e pio rientrano nell’esercizio
della carità verso i fratelli, carità che si
diffonde nei cuori ad espressione vivente della
comune appartenenza al corpo mistico di Cristo.
In tal modo il Rosario diventa supplica
universale delle anime singole e dell’immensa
comunità dei redenti, che da tutti i punti della
terra si incontrano in una unica preghiera : sia
nella invocazione personale, a implorazione di
grazie per i bisogni individuali di ciascuno;
come nel partecipare al coro immenso e unanime
di tutta la Chiesa per i grandi interessi
dell’intera umanità. La Chiesa, quale il
Redentore Divino la volle, vive tra le asprezze,
le avversità e le tempeste di un disordine
sociale che sovente si volge in minaccia
paurosa; ma i suoi sguardi sono fissi e le
energie della natura e della grazia sempre
protese verso il supremo destino delle eterne
finalità.
I misteri della Luce che
Giovanni Paolo II ha introdotto come il quarto
grande mistero del Rosario trova la sua
integrazione con gli altri 3 grandi misteri:
“Affinché
il Rosario possa dirsi in modo più pieno
‘compendio del Vangelo’, è perciò conveniente
che, dopo aver ricordato l’incarnazione e la
vita nascosta di Cristo (misteri della gioia), e
prima di soffermarsi sulle sofferenze della
passione (misteri del dolore), e sul trionfo
della risurrezione (misteri della gloria), la
meditazione si porti anche su alcuni momenti
particolarmente significativi della vita
pubblica (misteri della luce).
Questa integrazione di nuovi misteri, senza
pregiudicare nessun aspetto essenziale
dell’assetto tradizionale di questa preghiera, è
destinata a farla vivere con rinnovato interesse
nella spiritualità cristiana, quale vera
introduzione alla profondità del Cuore di
Cristo, abisso di gioia e di luce, di dolore e
di gloria”.
Così vediamo in quali giorni vengono recitati i
vari misteri:
“Secondo
la prassi corrente, il lunedì e il giovedì sono
dedicati ai « misteri della gioia », il martedì
e il venerdì ai « misteri del dolore », il
mercoledì, il sabato e la domenica ai «misteri
della gloria ». Dove inserire i « misteri della
luce »? Considerando che i misteri gloriosi sono
riproposti di seguito il sabato e la domenica e
che il sabato è tradizionalmente un giorno a
forte carattere mariano, sembra consigliabile
spostare al sabato la seconda meditazione
settimanale dei misteri gaudiosi, nei quali la
presenza di Maria è più pronunciata. Il giovedì
resta così libero proprio per la meditazione dei
misteri della luce.
Questa indicazione non intende tuttavia limitare
una conveniente libertà nella meditazione
personale e comunitaria, a seconda delle
esigenze spirituali e pastorali e soprattutto
delle coincidenze liturgiche che possono
suggerire opportuni adattamenti. Ciò che è
veramente importante è che il Rosario sia sempre
più concepito e sperimentato come itinerario
contemplativo. Attraverso di esso, in modo
complementare a quanto si compie nella Liturgia,
la settimana del cristiano, incardinata sulla
domenica, giorno della risurrezione, diventa un
cammino attraverso i misteri della vita di
Cristo, e questi si afferma, nella vita dei suoi
discepoli, come Signore del tempo e della
storia”.
Ora entriamo nei dettagli dei momenti che
compongono la recita del Rosario:
Il
silenzio
L’ascolto e la meditazione si nutrono di
silenzio. È opportuno che, dopo l’enunciazione
del mistero e la proclamazione della Parola, per
un congruo periodo di tempo ci si fermi a
fissare lo sguardo sul mistero meditato, prima
di iniziare la preghiera vocale. La riscoperta
del valore del silenzio è uno dei segreti per la
pratica della contemplazione e della
meditazione. Tra i limiti di una società
fortemente tecnologizzata e mass-mediatica, c’è
anche il fatto che il silenzio diventa sempre
più difficile. Come nella Liturgia sono
raccomandati momenti di silenzio, anche nella
recita del Rosario una breve pausa è opportuna
dopo l’ascolto della Parola di Dio, mentre
l’animo si fissa sul contenuto di un determinato
mistero.
Il « Padre nostro »
Dopo l’ascolto della Parola e la focalizzazione
del mistero è naturale che l’animo si innalzi
verso il Padre. Gesù, in ciascuno dei suoi
misteri, ci porta sempre al Padre, a cui Egli
continuamente si rivolge, perché nel suo ‘seno’
riposa (cfr Gv 1, 18). Nell’intimità del Padre
Egli ci vuole introdurre, perché diciamo con Lui
« Abbà, Padre » (Rm 8, 15; Gal 4, 6). È in
rapporto al Padre che Egli ci fa fratelli suoi e
fratelli tra di noi, comunicandoci lo Spirito
che è suo e del Padre insieme. Il Padre nostro,
posto quasi come fondamento alla meditazione
cristologico-mariana che si sviluppa attraverso
la ripetizione dell’Ave Maria, rende la
meditazione del mistero, anche quando è compiuta
in solitudine, un’esperienza ecclesiale.
Le dieci « Ave Maria
»
È questo l’elemento più corposo del Rosario e
insieme quello che ne fa una preghiera mariana
per eccellenza. Ma proprio alla luce dell’Ave
Maria ben compresa, si avverte con chiarezza che
il carattere mariano non solo non si oppone a
quello cristologico, ma anzi lo sottolinea e lo
esalta. La prima parte dell’Ave Maria, infatti,
desunta dalle parole rivolte a Maria dall’angelo
Gabriele e da sant’Elisabetta, è contemplazione
adorante del mistero che si compie nella Vergine
di Nazareth. Esse esprimono, per così dire,
l’ammirazione del cielo e della terra e fanno,
in certo senso, trapelare l’incanto di Dio
stesso nel contemplare il suo capolavoro –
l’incarnazione del Figlio nel grembo verginale
di Maria –, nella linea di quel gioioso sguardo
della Genesi (cfr Gn 1, 31), di quell’originario
« pathos con cui Dio, all’alba della creazione,
guardò all’opera delle sue mani ».(36) Il
ripetersi, nel Rosario, dell’Ave Maria, ci pone
sull’onda dell’incanto di Dio: è giubilo,
stupore, riconoscimento del più grande miracolo
della storia. È il compimento della profezia di
Maria: « D’ora in poi tutte le generazioni mi
chiameranno beata » (Lc 1, 48).
Il « Gloria »
La dossologia trinitaria è il traguardo della
contemplazione cristiana. Cristo è infatti la
via che ci conduce al Padre nello Spirito. Se
percorriamo fino in fondo questa via, ci
ritroviamo continuamente di fronte al mistero
delle tre Persone divine da lodare, adorare,
ringraziare. È importante che il Gloria, culmine
della contemplazione, sia messo bene in evidenza
nel Rosario. Nella recita pubblica potrebbe
essere cantato, per dare opportuna enfasi a
questa prospettiva strutturale e qualificante di
ogni preghiera cristiana.
Nella misura in cui la meditazione del mistero è
stata attenta, profonda, ravvivata – di Ave in
Ave – dall’amore per Cristo e per Maria, la
glorificazione trinitaria ad ogni diecina, lungi
dal ridursi ad una rapida conclusione, acquista
il suo giusto tono contemplativo, come per
elevare l’animo all’altezza del Paradiso e farci
rivivere, in qualche modo, l’esperienza del
Tabor, anticipazione della contemplazione
futura: « È bello per noi stare qui » (Lc 9,
33).
Così il nostro
amato Papa conclude la sua Lettera Apostolica
indicandoci l’importanza e il valore del
Rosario:
“Quanto
fin qui s’è detto, esprime ampiamente la
ricchezza di questa preghiera tradizionale, che
ha la semplicità di una preghiera popolare, ma
anche la profondità teologica di una preghiera
adatta a chi avverte l’esigenza di una
contemplazione più matura.
A questa preghiera la Chiesa ha riconosciuto
sempre una particolare efficacia, affidando ad
essa, alla sua recita corale, alla sua pratica
costante, le cause più difficili. In momenti in
cui la cristianità stessa era minacciata, fu
alla forza di questa preghiera che si attribuì
lo scampato pericolo e la Vergine del Rosario fu
salutata come propiziatrice della salvezza”.
“Oggi all’efficacia di questa
preghiera consegno volentieri la causa della pace nel
mondo e quella della famiglia”
Giovanni Paolo II
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La
preghiera del Rosario è più forte della bomba atomica!
Padre
Hubert Schiffer aveva 30 anni quando scoppiò la bomba
atomica e lavorava nella parrocchia dell’’Assunzione
di Maria, a Hiroshima. Ha dato la sua testimonianza
davanti a diecine di migliaia di persone:
rosario“Attorno a me c’era soltanto una luce
abbagliante. Tutto ad un tratto, tutto si riempì
istantaneamente da una esplosione terribile. Sono
stato scaraventato nell’aria. Poi si è fatto tutto
buio, silenzio, niente. Mi sono trovato su una trave
di legno spaccata, con la faccia verso il basso. Il
sangue scorreva sulla guancia. Non ho visto niente,
non ho sentito niente. Ho creduto di essere morto. Poi
ho sentito la mia voce. Questo è stato il più
terribile di tutti quegli eventi. Mi ha fatto capire
che ero ancora vivo e ho cominciato a rendermi conto
che c’era stata una terribile catastrofe! Per un
giorno intero i miei tre confratelli ed io siamo stati
in questo inferno di fuoco, di fumo e radiazioni,
finché siamo stati trovati ed aiutati da soccorritori.
Tutti eravamo feriti, ma con la grazia di Dio siamo
sopravissuti.”
atomicasNessuno sa spiegare con logica umana, perché
questi quattro Padri gesuiti furono i soli
sopravvissuti entro un raggio di kilometri. Per tutti
gli esperti rimane un enigma, perché nessuno dei
quattro Padri è rimasto contaminato dalla radiazione
atomica, e perché la loro casa, la casa parrocchiale,
era ancora in piedi, mentre tutte le altre case
intorno erano state distrutte e bruciate. Anche i 200
medici americani e giapponesi che, secondo le loro
stesse testimonianze, hanno esaminato Padre Schiffer,
non hanno trovato nessuna spiegazione a perché mai,
dopo 33 anni dallo scoppio, il Padre non soffra
nessuna conseguenza dell’esplosione atomica e continua
a vivere in buona salute. Perplessi, hanno avuto tutti
sempre la stessa risposta alle tante loro domande: “Come
missionari abbiamo voluto vivere nel nostro paese il
messaggio della Madonna di Fatima e perciò abbiamo
pregato tutti i giorni il Rosario.”
Ecco il messaggio pieno di speranza di Hiroshoma: La
preghiera del Rosario è più forte della bomba atomica!
Oggi, nel centro della città ricostruita di Hiroshima,
si trova una chiesa dedicata alla Madonna. Le 15
vetrate mostrano i 15 misteri del Rosario, che si
prega in questa chiesa giorno e notte.
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I
FRUTTI DEL SANTO ROSARIO
Mentre
predicava il Rosario nelle vicinanze di
Carcassonne, a san Domenico fu presentato un
eretico albigese posseduto dal demonio. Il santo,
davanti a una folla che si ritiene composta di
oltre dodicimila persone, lo esorcizzò, e i demoni
che tenevano in dominio quel miserabile, furono
costretti, loro malgrado, a rispondere alle
domande dell’esorcista. E confessarono 1) che nel
corpo di costui erano in quindicimila perché egli
aveva osato combattere i quindici misteri del
Rosario; 2) che san Domenico col suo Rosario
terrorizzava tutto l’inferno e che essi stessi
odiavano lui più di qualsiasi altra persona perché
con questa devozione del Rosario strappava loro le
anime; 3) rivelarono inoltre parecchi altri
particolari.
San
Domenico allora gettò la sua corona al collo
dell’ossesso e chiese ai demoni chi mai fra tutti
i santi del cielo essi temessero di più e chi, a
parere loro, meritasse più amore e onore da parte
degli uomini. A tale domanda gli spiriti infernali
levarono alte grida sì che la maggior parte dei
presenti stramazzarono a terra per lo spavento.
Poi quei maligni, per non rispondere direttamente
alla domanda, cominciarono a piangere e a
lamentarsi in modo così pietoso e commovente che
parecchi fra gli astanti furono presi da una
naturale pietà. Per bocca dell’ossesso e con voce
piagnucolosa così dicevano: «Domenico, Domenico,
abbi pietà di noi e promettiamo di non nuocerti
mai. Tu che tanta compassione hai per i peccatori
e per i miserabili, abbi pietà di noi meschini.
Oh! soffriamo già tanto, perché ti compiaci di
aumentare le nostre pene? Contentati di quelle che
ci tormentano. Misericordia! misericordia!
misericordia!».
Impassibile
davanti ai piagnistei di quegli spiriti, il santo
rispose che non avrebbe smesso di tormentarli
finché non avessero risposto alla sua domanda. Ed
essi replicarono che avrebbero dato la risposta,
ma in segreto, all’orecchio e non di fronte a
tutti. Domenico tenne duro e comandò che
parlassero ad alta voce; ma ogni sua insistenza fu
inutile e i demoni si chiusero nel silenzio.
Allora il santo si pose in ginocchio e pregò la
Madonna: «Vergine potentissima, Maria, in virtù
del tuo Rosario comanda a questi nemici del genere
umano di rispondere alla mia domanda».
Immediatamente dopo questa invocazione, una fiamma
ardente uscì dalle orecchie, dalle narici e dalla
bocca dell’ossesso; i presenti tremarono dalla
paura ma nessuno ne subì danno. E si udirono le
grida di quegli spiriti: «Domenico, noi ti
preghiamo per la passione di Cristo e per i meriti
della sua santa Madre e dei santi: Permettici di
uscire da questo corpo senza dir nulla. Gli
angeli, quando tu vorrai, te lo riveleranno. Del
resto, perché vuoi credere a noi? Non siamo forse
dei bugiardi? Non tormentarci oltre, abbi pietà di
noi».
«Disgraziati
che voi siete, indegni di essere esauditi» —
riprese san Domenico, e sempre in ginocchio pregò
di nuovo la Vergine santa: «O degnissima Madre
della Sapienza, ti supplico per il popolo qui
presente che ha già appreso a recitare come si
deve il Saluto angelico, obbliga questi tuoi
nemici a proclamare in pubblico la verità piena e
chiara sul Rosario».
Finita la
preghiera vide accanto a sé la Vergine Maria,
circondata da una moltitudine di angeli, che con
una verga d’oro colpiva l’ossesso e gli diceva:
«Rispondi al mio servo Domenico conforme alla sua
richiesta». Da notare che nessuno udiva né vedeva
la Madonna all’infuori di san Domenico.
A tale
comando i demoni presero a urlare:
«O nostra
nemica, o nostra rovina, o nostra confusione,
perché sei venuta dal cielo apposta per
tormentarci così fortemente? O avvocata dei
peccatori che ritrai dall’inferno, o via
sicurissima del paradiso, siamo noi proprio
obbligati, a nostro dispetto, a dire tutta la
verità? Dobbiamo proprio confessare davanti a
tutti ciò che sarà causa della nostra confusione e
della nostra rovina? Maledizione a noi,
maledizione ai nostri principi delle tenebre.
Ascoltate,
dunque, cristiani. Questa Madre di Cristo è
onnipotente per impedire che i suoi servi cadano
nell’inferno; è lei che, come un sole, dissipa le
tenebre dei nostri intrighi e astuzie; è lei che
sventa le nostre mene, disfa i nostri tranelli e
rende tutte le nostre tentazioni vane e
inefficaci. Siamo costretti a confessare che
nessuno di quanti perseverano nel suo servizio è
dannato con noi. Uno solo dei sospiri ch’ella
offra alla SS. Trinità vale più di tutte le
preghiere, i voti e i desideri di tutti i santi.
Noi la temiamo più di tutti i beati insieme e
nulla possiamo contro i suoi fedeli servi.
Vi sia
anche noto che molti cristiani che l’invocano
nell’ora della morte, che dovrebbero essere
dannati secondo le nostre leggi ordinarie, si
salvano per sua intercessione. Ah! se questa
Marietta — così la chiamavano per rabbia — non si
fosse opposta ai nostri disegni e ai nostri
sforzi, già da molto tempo noi avremmo rovesciato
e distrutto la Chiesa e fatto cadere nell’errore e
nell’infedeltà tutti i suoi ordini. Proclamiamo,
inoltre, costretti dalla violenza che ci viene
usata, che nessuno di quanti perseverano nella
recita del Rosario è dannato; perché ella ottiene
ai suoi servi devoti una sincera contrizione dei
loro peccati per mezzo della quale essi ne
ottengono il perdono e l’indulgenza».
Ottenuta
questa confessione san Domenico fece recitare il
Rosario dagli astanti, adagio e con devozione. Ed
ecco una cosa sorprendente! Ad ogni Ave Maria
recitata dal santo e dal popolo usciva dal corpo
di quell’ossesso una moltitudine di demoni in
forma di carboni ardenti. Quando l’infelice ne fu
completamente libero, la Vergine santa, sempre non
vista, benedisse il popolo e tutti avvertirono una
sensibile e vivissima gioia. Questo miracolo causò
la conversione e l’iscrizione alla Confraternita
del Rosario di molti eretici.
E da quali
pericoli la Vergine non liberò Alano de
l’Anvallay, cavaliere bretone intrepido
combattente per la fede contro gli Albigesi! Un
giorno, mentre i nemici l’avevano circondato da
ogni parte, la Madonna scagliò contro essi
centocinquanta pietre e lo liberò dalle loro mani.
In altra circostanza, mentre il suo vascello che
faceva acqua stava per affondare, la divina Madre
fece emergere dalle acque centocinquanta scogli,
valicando i quali egli poté salvarsi e rientrare
in Bretagna. A perpetuo ricordo di questi miracoli
ottenuti dalla Vergine, grazie al Rosario che
recitava ogni giorno, egli fece edificare un
convento in Dinan per i religiosi del nuovo Ordine
di san Domenico; in seguito si fece religioso e
morì santamente ad Orléans.
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