Recitare con frutto il S. Rosario
“Continuate a recitare il S. Rosario ogni giorno”
(Fatima 13 ottobre 1917)

“Nessuna preghiera è più meritoria per l’anima e più gloriosa per Gesù e Maria del Rosario ben recitato”
S. Luigi Grignion de Montfort




LA FORZA STRAORDINARIA DEL ROSARIO

S. Vincenzo de Paoli:
“Dopo la S. Messa, la devozione al Rosario ha fatto scendere sulle anime più miracoli di ogni altra preghiera.”

Il Santo Curato d’Ars:
“Una sola “Ave Maria” ben detta fa tremare l’inferno.”

San Luigi Maria De Montfort:
“L’Ave Maria ben detta (col cuore con attenzione, devozione e modestia), secondo i Santi è il nemico che mette in fuga il diavolo, il martello che lo schiaccia, la santificazione e fecondità nell’anima, la gioia degli angeli, la melodia dei predestinati, il cantico del Nuovo Testamento, la gloria della SS. Trinità, il piacere di Maria, un bacio casto e amoroso che le si dà…. ”

San Giovanni Bosco:
“Il Rosario è una continuazione di Ave Maria, con le quali si possono battere, vincere, distruggere tutti i demoni dell’inferno.”

Lucia di Fatima:
“Per il potere che il Padre ha dato, in questi ultimi tempi, al Rosario non c’è problema personale, nè familiare, nè nazionale, nè internazionale, che non si possa risolvere con il Rosario.”

Giovanni Paolo II ai giovani:
Il 16 ottobre 2002 ho proclamato l'”Anno del Rosario” ed ho invitato tutti i figli della Chiesa a fare di questa antica preghiera mariana un esercizio semplice e profondo di contemplazione del volto di Cristo. Recitare il Rosario significa infatti imparare a guardare Gesù con gli occhi di sua Madre, amare Gesù con il cuore di sua Madre.
Consegno oggi idealmente anche a voi, cari giovani, la corona del Rosario. Attraverso la preghiera e la meditazione dei misteri, Maria vi guida con sicurezza verso il suo Figlio! Non vergognatevi di recitare il Rosario da soli, mentre andate a scuola, all’università o al lavoro, per strada e sui mezzi di trasporto pubblico; abituatevi a recitarlo tra voi, nei vostri gruppi, movimenti e associazioni; non esitate a proporne la recita in casa, ai vostri genitori e ai vostri fratelli, poiché esso ravviva e rinsalda i legami tra i membri della famiglia. Questa preghiera vi aiuterà ad essere forti nella fede, costanti nella carità, gioiosi e perseveranti nella speranza.

Satana costretto nel nome di Dio dall’esorcista, ha dovuto parlare del Rosario. Ecco perché, in un celebre esorcismo, Satana in persona, fu costretto ad affermare: “Dio ha dato a Lei (la Madonna) il potere di scacciarci, e Lei lo fa con il Rosario, che ha reso potente. Per questo il Rosario è la preghiera più forte, la più esorcizzante. Esso è il nostro flagello, la nostra rovina, la nostra sconfitta… il Rosario ci vince sempre, ed è la sorgente di grazie incredibili per quanti lo recitano per intero (15 misteri). Per questo noi lo avversiamo e lo combattiamo con tutte le nostre forze, ovunque, ma specialmente nelle Comunità, la cui forza spezzerebbe ogni nostra resistenza. Molte di esse lo sanno: non vi è male che possa resistere a un Rosario intero comunitario“.

Don Gabriele Amorth:
“È più che mai vivo il ricordo della lettera Apostolica “Rosarium Virginis Mariae“, con la quale Giovanni Paolo II, il 16 ottobre del 2002, incoraggiava di nuovo la cristianità a ricorrere a questa preghiera, così caldamente raccomandata da tutti gli ultimi pontefici e dalle ultime apparizioni mariane. Anzi, per rendere più completa quella prece che Paolo VI definiva “compendio di tutto il Vangelo“, aggiungeva i “misteri della luce”: cinque misteri riguardanti la vita pubblica di Gesù. Sappiamo bene come Padre Pio chiamava la corona: l’arma. Arma di straordinaria potenza contro Satana.
Un giorno un mio collega esorcista si sentì dire dal demonio: “Ogni Ave è come una mazzata sul mio capo; se i cristiani conoscessero la potenza del Rosario per me sarebbe finita“.
Ma quale è il segreto che rende tanto efficace questa preghiera? È che il Rosario è insieme preghiera e meditazione; preghiera rivolta al Padre, alla Vergine, alla SS. Trinità; ed è insieme meditazione cristocentrica. Infatti, come espone il S. Padre nella Lettera Apostolica citata, il Rosario è preghiera contemplativa: si ricorda Cristo con Maria, si impara Cristo da Maria, ci si conforma a Cristo con Maria, si supplica Cristo con Maria, si annuncia Cristo con Maria.”





A questa preghiera è anche bello e fruttuoso affidare l’itinerario di crescita dei figli. Non è forse, il Rosario, l’itinerario della vita di Cristo, dal concepimento, alla morte, fino alla resurrezione e alla gloria? Diventa oggi sempre più arduo per i genitori seguire i figli nelle varie tappe della vita. Nella società della tecnologia avanzata, dei mass media e della globalizzazione, tutto è diventato così rapido e la distanza culturale tra le generazioni si fa sempre più grande. I più diversi messaggi e le esperienze più imprevedibili si fanno presto spazio nella vita dei ragazzi e degli adolescenti, e per i genitori diventa talvolta angoscioso far fronte ai rischi che essi corrono. Si trovano non di rado a sperimentare delusioni cocenti, constatando i fallimenti dei propri figli di fronte alla seduzione della droga, alle attrattive di un edonismo sfrenato, alle tentazioni della violenza, alle più varie espressioni del non senso e della disperazione.

Pregare col Rosario per i figli, e ancor più con i figli, educandoli fin dai teneri anni a questo momento giornaliero di « sosta orante » della famiglia, non è, certo, la soluzione di ogni problema, ma è un aiuto spirituale da non sottovalutare. Si può obiettare che il Rosario appare preghiera poco adatta al gusto dei ragazzi e dei giovani d’oggi. Ma forse l’obiezione tiene conto di un modo di praticarlo spesso poco accurato. Del resto, fatta salva la sua struttura fondamentale, nulla vieta che per i ragazzi e i giovani la recita del Rosario – tanto in famiglia quanto nei gruppi – si arricchisca di opportuni accorgimenti simbolici e pratici, che ne favoriscano la comprensione e la valorizzazione. Perché non provarci? Una pastorale giovanile non rinunciataria, appassionata e creativa – le Giornate Mondiali della Gioventù me ne hanno dato la misura! – è capace di fare, con l’aiuto di Dio, cose davvero significative. Se il Rosario viene ben presentato, sono sicuro che i giovani stessi saranno capaci di sorprendere ancora una volta gli adulti, nel far propria questa preghiera e nel recitarla con l’entusiasmo tipico della loro età.

Giovanni Paolo II, Rosarium Virginis Mariae


-Le preghiere che compongono il S. Rosario-

Il Credo

Come l’inizio della recita del Rosario professiamo la nostra fede con il Credo. Il Credo o Simbolo degli Apostoli, recitato sul crocifisso della corona, essendo il sacro compendio delle verità cristiane, è preghiera molto meritoria, perché la fede è base, fondamento e principio di tutte le virtù cristiane, di tutte le verità eterne e di tutte le preghiere gradite a Dio.
«Chi s’accosta a Dio deve credere» (Eb 11,6). Così comprendiamo che chi si accosta a Dio con la preghiera deve incominciare con un atto di fede; più avrà fede e più la sua preghiera sarà efficace e meritoria per lui e gloriosa per Dio.
S. Luigi Maria Grignon de Montfort ci introduce a conoscere l’efficacia del nostro atto di fede espresso nella recita del Credo: “Non posso, tuttavia, far a meno di affermare che le prime tre parole: «Credo in Dio» — le quali contengono gli atti di tre virtù teologali: fede, speranza e carità — hanno una meravigliosa efficacia per santificare le anime e vincere il demonio. Molti santi con questa professione di fede hanno vinto le tentazioni, specialmente quelle contro la fede, la speranza e la carità, sia in vita sia nell’ora della morte. Esse sono le ultime parole che san Pietro martire tracciò come meglio poteva col dito sulla sabbia quando, colpito al capo dalla sciabola di un eretico, stava per spirare.”

IL CREDO
Credo in un solo Dio, Padre Onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.
Credo in un solo Signore Gesù Cristo unigenito figlio di Dio nato dal Padre prima di tutti i secoli. Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, dalla stessa sostanza del Padre. Per mezzo di Lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto e il terzo giorno è resuscitato secondo le Scritture ed è salito al Cielo e siede alle destra del Padre e di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti ed il suo Regno non avrà fine.
Credo nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre ed il Figlio è adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti.
Credo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica.
Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati e aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.
Amen

Credo (Simbolo Apostolico)
Io credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra;
e in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito Santo,
nacque da Maria Vergine, patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto;
discese agli inferi;
il terzo giorno risuscitò da morte;
salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente;
di là verrà a giudicare i vivi e i morti.
Credo nello Spirito Santo,
la santa Chiesa cattolica,
la comunione dei santi,
la remissione dei peccati,
la risurrezione della carne,
la vita eterna.
Amen.


S. Luigi sostiene che la fede sia l’unica chiave che ci apra la comprensione dei misteri di Gesù e di Maria contenuti nel santo Rosario perciò all’inizio occorre recitare il Credo con grande attenzione e devozione, poiché più viva e forte è la nostra fede e più il Rosario sarà meritorio. E questa fede deve essere viva e animata dalla carità: in altre parole, per ben recitare il Rosario bisogna essere in grazia di Dio o per lo meno decisi di riacquistarla. Dobbiamo così avere una fede robusta e costante: “nel Rosario non dobbiamo ricercare soltanto il gusto sensibile e la consolazione spirituale. Non dobbiamo quindi abbandonarlo quando fossimo molestati da tante distrazioni involontarie o da uno strano disgusto nell’anima o da un’opprimente noia o torpore prolungato nel corpo. Per recitare bene il Rosario non sono necessari gusti, consolazioni, slanci, sospiri, lacrime. Neppure si richiede una continua applicazione dell’immaginazione. Bastano la fede pura e la retta intenzione. «È sufficiente la sola fede»”.


Il Padre nostro (prima parte)

Il Padre nostro è la preghiera più importante perché ci è stata donata dal nostra Signore Gesù Cristo. «Era necessario — dice S. Cipriano — che chi veniva come Salvatore a darci la vita della grazia, ci insegnasse anche come celeste Maestro il modo di pregare». S. Luigi ci insegna che “La sapienza del divino Maestro appare luminosa nell’ordine, nella forza e nella chiarezza di questa divina preghiera, che è breve, ma ricca di insegnamenti, è accessibile ai semplici mentre è colma di misteri per i dotti”.

La preghiera del Padre nostro contiene tutti i nostri doveri verso Dio, gli atti di tutte le virtù e la richiesta per ogni nostro bisogno spirituale e materiale. «È il compendio del Vangelo» (S. Tertulliano); «Supera tutti i desideri dei santi» (S.Tommaso da Kempis) e contiene in breve tutte le soavi aspirazioni dei salmi e dei cantici; chiede tutto ciò che è necessario a noi, loda Dio in modo eccellente ed eleva l’anima dalla terra al cielo e l’unisce strettamente a Dio.
S. Giovanni Crisostomo dice che chi non prega come ha pregato ed insegnato il divino Maestro, non è suo discepolo. Dio Padre gradisce di essere invocato non con preghiere formulate dalla sapienza umana, ma con quella insegnataci da suo Figlio.
S. Agostino assicura che il Padre nostro recitato bene cancella le colpe veniali. Il giusto cade sette volte al giorno, ma con le sette domande contenute nell’Orazione domenicale egli può rialzarsi dalle sue cadute e fortificarsi contro i suoi nemici.

Questa preghiera è breve e facile, affinché fragili e soggetti come siamo a tante miserie, ci sia possibile recitarla più spesso e con più devozione e quindi ricevere più presto l’aiuto desiderato.

Meditiamo allora in profondità le parole del Padre nostro con l’aiuto di S. Luigi che con amore e devozione così ci spiega:

Possiamo chiamare felice chi recita la preghiera insegnata dal Signore, meditandone attentamente ogni parola. Vi troverà tutto ciò di cui ha bisogno e tutto quanto può desiderare. Con questa meravigliosa preghiera prima di tutto ci cattiviamo il cuore di Dio invocandolo con il nome di Padre.

«Padre nostro». Il più tenero dei padri, onnipotente nella creazione, stupendo nel conservarla, sommamente amabile nella sua Provvidenza, sempre buono anzi infinitamente buono nella Redenzione. Dio è nostro Padre, noi siamo tutti fratelli, il cielo è nostra patria e nostra eredità. Non basta forse questo per ispirarci l’amore di Dio, l’amore per il prossimo, il distacco da tutte le cose della terra?

Amiamo dunque un tale Padre e ripetiamogli mille volte: «Padre nostro che sei nei cieli». Tu che riempi la terra e il cielo con l’immensità della tua essenza e dappertutto sei presente; tu che sei nei santi con la tua gloria, nei dannati con la tua giustizia, nei giusti con la tua grazia, nei peccatori con la tua pazienza sopportatrice, fa’ che ci ricordiamo sempre della nostra celeste origine, che viviamo come veri tuoi figli e che tendiamo sempre verso te solo con tutto l’ardore dei nostri desideri.

«Sia santificato il tuo nome». Il nome del Signore è santo e terribile — dice il re-profeta — ed il cielo risuona delle lodi incessanti dei serafini alla santità del Signore Dio degli eserciti — esclama Isaia. Con queste parole chiediamo che tutta la terra conosca e adori gli attributi di Dio tanto grande e santo; che egli sia conosciuto, amato, adorato dai pagani, dai turchi, dagli ebrei, dai barbari e da tutti gli infedeli; che tutti gli uomini lo servano e lo glorifichino con fede viva, con ferma speranza, con ardente carità, rinunciando ad ogni errore. In una parola chiediamo che tutti gli uomini siano santi perché egli è santo.

«Venga il tuo regno». Regna, o Signore, nelle nostre anime con la tua grazia in questa vita affinché meritiamo di regnare con te dopo la morte, nel tuo regno che è la suprema ed eterna felicità che noi crediamo, speriamo ed attendiamo: felicità che la bontà del Padre ci ha promesso, che i meriti del Figlio ci hanno acquistato e che la luce dello Spirito Santo ci rivela.

«Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra». Nulla certamente sfugge alle disposizioni della divina Provvidenza, che ha tutto previsto e tutto disposto ancor prima che qualcosa accada. Nessun ostacolo può deviarla dal fine che si è prefisso. Perciò, quando chiediamo a Dio che si compia la sua volontà, non temiamo — dice Tertulliano — che qualcuno possa efficacemente opporsi all’attuazione dei suoi disegni, ma acconsentiamo umilmente a tutto quanto gli è piaciuto di ordinare a nostro riguardo. E chiediamo di compiere sempre e in ogni cosa la sua santissima volontà, a noi nota nei comandamenti, con la stessa prontezza, amore e costanza con cui gli angeli e i santi gli obbediscono in cielo.

«Dacci oggi il nostro pane quotidiano». Gesù Cristo ci insegna a chiedere a Dio il necessario alla vita del corpo e dell’anima. Con queste parole confessiamo umilmente la nostra miseria e rendiamo omaggio alla Provvidenza dichiarando che aspettiamo dalla sua bontà tutti i beni temporali. Con la parola pane chiediamo a Dio lo stretto necessario per la vita; il superfluo ne è escluso. Questo pane lo chiediamo per oggi, cioè limitiamo al giorno presente ogni nostra sollecitudine, fiduciosi nella Provvidenza per l’indomani. Chiedendo il pane di ogni giorno, ammettiamo che i nostri bisogni rinascono continuamente e proclamiamo il nostro incessante bisogno della protezione e del soccorso di Dio.

«Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori». I nostri peccati — dicono sant’Agostino e Tertulliano — sono debiti contratti con Dio, debiti dei quali la sua giustizia esige il saldo sino all’ultimo centesimo. E noi tutti abbiamo di questi tristi debiti. Però, nonostante le numerose nostre colpe, accostiamoci a lui con fiducia e diciamogli con sincero pentimento: «Padre nostro che sei nei cieli, perdona i peccati del nostro cuore e della nostra bocca, i peccati di azione e di omissione che ci rendono immensamente colpevoli agli occhi della tua giustizia. Sì, perdonali perché anche noi, figli di un Padre clemente e misericordioso, perdoniamo per obbedienza e per carità a coloro che ci hanno offeso».

«E non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male». E non permettere che per la nostra infedeltà alle tue grazie noi soccombiamo alle tentazioni del mondo, del demonio e della carne. Ma liberaci dal male che è il peccato, dal male della pena temporale e della pena eterna da noi meritate.

«Amen». Espressione molto consolante perché — dice san Girolamo — è come il sigillo posto da Dio alla conclusione delle nostre domande per assicurarci che ci ha esauditi. È come se Dio stesso ci dicesse: «Amen! Sia fatto secondo le vostre richieste. Io le ho esaudite». È il senso della parola Amen.







Il Santo Rosario


La recita del Rosario

Per recitare bene il Rosario bisogna recitarlo digne, attente, devote.

 Digne (degnamente) vuol dire dire in stato di grazia o almeno non con l’intenzione di rimanere nel peccato. «La prima e migliore disposizione per rendere efficaci le nostre preghiere è di essere in stato di grazia, o non essendovi, almeno desiderare di rimettersi in tale stato» (Catechismo maggiore di S. Pio X).

«L’orazione vocale è quella che si fa con le parole accompagnate dall’attenzione della mente e dalla devozione del cuore» (Catechismo maggiore di S. Pio X). Attente (con attenzione) vuol dire prestando attenzione alla preghiera che si sta facendo. Si può leggere un brano biblico, meditare brevemente il mistero, poi dire bene il Padre nostro pensando a ciò che si sta dicendo, dire bene le dieci Ave Maria (Salutazione angelica) salutando la Madonna nel mistero che si contempla e dire bene il Gloria.

Devote (con devozione) vuol dire con devozione interna ed esterna. «Il Rosario si deve recitare con grande devozione perché si parla con la SS. Vergine» (S. Paolo della Croce). In particolare bisogna recitarlo senza fretta, dicendo bene le preghiere. «Per ottenere le grazie domandate nel Pater noster bisogna recitarlo senza fretta, con attenzione e accompagnarlo col cuore» (Catechismo maggiore di S. Pio X). Poi bisogna recitarlo senza interruzioni, «dobbiamo durante la preghiera pensare che siamo alla presenza di Dio il quale ci vede e ci ascolta» (Ibidem) e con compostezza del corpo.


“Nessuna preghiera è più meritoria per l’anima e più gloriosa per Gesù e Maria del Rosario ben recitato“, così dice S. Luigi Grignion de Montfort. Il Rosario, se è ben recitato e conosciuto nella sua efficacia, è la preghiera più gradita al Signore e alla propria anima. Vi offriamo, come motivo di riflessione, le promesse che la nostra Madre Celeste ha concesso a tutti coloro che recitano questa meravigliosa preghiera.
Queste promesse sono legate alla devozione verso il S. Rosario, recitato con fede e amore, e non va confuso come un motivo di “compromessi”, come per dire “Io lo recito ma mi devi dare qualcosa in cambio”. Noi preghiamo non per fare la nostra volontà ma perché scenda la gloria di Dio in mezzo a noi!

Coscienti di questa grazia andiamo a scoprire quanti doni ci riserva la nostra amata Madre Celeste attraverso la recita del S. Rosario.



LE QUINDICI PROMESSE DELLA MADONNA
(Dal libro: De Rosario B. M. Virginis)


1. Coloro che mi serviranno con costanza recitando il Rosario riceveranno qualche grazia speciale.

2. A tutti quelli che reciteranno con devozione il mio Rosario prometto la mia protezione speciale e grandi grazie.

3. Il Rosario sarà un’arma potentissima contro l’inferno, eliminerà i vizi, libererà dal peccato, distruggerà le eresie.

4. Farà rifiorire le virtù e le opere sante, otterrà alle anime abbondantissime misericordie da Dio; trarrà i cuori degli uomini dal vano amore del mondo all’amore di Dio e li eleverà al desiderio delle cose eterne. Oh! quante anime si santificheranno con questo mezzo!

5. L’anima che si affida a me col Rosario non perirà.

6. Chiunque reciterà il Rosario con devozione con la meditazione dei misteri non sarà oppresso da disgrazie, non sperimenterà l’ira di Dio, non morirà di morte improvvisa, ma si convertirà se peccatore; se invece giusto, persevererà in grazia e sarà giudicato degno della vita eterna.

7. I veri devoti del mio Rosario non moriranno senza i Sacramenti.

8. Voglio che coloro che recitano il mio Rosario abbiano in vita e in morte la luce e la pienezza delle grazie; partecipino in vita e in morte dei meriti dei beati.

9. Libero ogni giorno dal purgatorio le anime devote del mio Rosario.

10. I veri figli del mio Rosario godranno di una grande gloria in cielo.

11. Qualunque cosa chiederai col Rosario la otterrai.

12. Soccorrerò in ogni loro necessità coloro che diffonderanno il mio Rosario.

13. Ho ottenuto da mio Figlio che gli iscritti alla Confraternita del Rosario possano avere per confratelli in vita e in morte tutti i santi del cielo.

14. Coloro che recitano il mio Rosario sono miei figli e fratelli di Gesù Cristo, mio unigenito.

15. La devozione al mio Rosario è un grande segno di predestinazione.





Conoscere il S. Rosario


Che cosa è il Rosario? Giovanni Paolo II ci dice che è un compendio del Vangelo: “Esso ci fa continuamente ritornare sulle principali scene della vita di Cristo, quasi per farci “respirare” il suo mistero. Il Rosario è via privilegiata di contemplazione. E’, per così dire, la via di Maria. Chi più di Lei conosce Cristo e lo ama?”.

Nella Lettera apostolica “Rosarium Virginis Mariae” ha anche spiegato perché il Rosario è una preghiera orientata per sua natura alla pace. “Lo è non solo in quanto ce la fa invocare, forti dell’intercessione di Maria, ma anche perché ci fa assimilare, con il mistero di Gesù, anche il suo progetto di pace. (…) Al tempo stesso, con il ritmo tranquillo della ripetizione dell’Ave Maria, il Rosario pacifica il nostro animo e lo apre alla grazia che salva. Il Beato Bartolo Longo ebbe un’intuizione profetica, quando, al tempio dedicato alla Vergine del Rosario, volle aggiungere questa facciata come monumento alla pace. La causa della pace entrava così nella proposta stessa del Rosario. E’ un’intuizione di cui possiamo cogliere l’attualità, all’inizio di questo Millennio, già sferzato da venti di guerra e rigato di sangue in tante regioni del mondo”.

E’ molto importante sapere che il Rosario contiene due elementi: l’orazione mentale e l’orazione vocale.

Quella mentale consiste nella meditazione dei principali misteri della vita, della missione, della morte e della gloria di Gesù Cristo e della sua santissima Madre.

Quella vocale consiste nel dire venti decine di Ave Maria, ognuna preceduta da un Padre nostro, meditando e contemplando le venti principali virtù praticate da Gesù e da Maria nei venti misteri del santo Rosario.

Per recitare il Rosario con frutto è importante praticare queste due orazioni perché purtroppo molto spesso ci riduciamo solo nella parte vocale…
Il Rosario della Vergine si compone di quattro corone, ognuna composta di cinque decine, e ci suggerisce S. Luigi, allo scopo:

1) di onorare le tre Persone della SS. Trinità;
2) di onorare la vita, la missione, la morte e la gloria di Gesù Cristo;
3) di imitare la Chiesa trionfante, di aiutare la Chiesa militante, di dare sollievo alla Chiesa purgante;
4) di modellarsi sulle tre parti del Salterio, di cui la prima riguarda la vita purgativa, la seconda la vita illuminativa e la terza la vita unitiva;
5) di colmarci di grazie in questa vita, di pace alla morte e di gloria nell’eternità.


E come nasce il nome “Rosario”? Ce lo spiega S. Luigi riportando anche una bella testimonianza:

“Da quando il beato Alano della Rupe rinnovò questa devozione, la voce del popolo, che è voce di Dio, la chiamò Rosario, cioè corona di rose. E ciò per significare che ogni volta che si recita devotamente il Rosario si pone in capo a Gesù e a Maria una corona di 153(ora 203 con l’aggiunta dei misteri della Luce) rose bianche e di 16(21) rose rosse del paradiso, che non perderanno mai la loro bellezza e il loro splendore.
La Vergine approvò e confermò questo nome di Rosario rivelando a parecchi che con le Ave Maria recitate in suo onore, le si fa dono di altrettante gradite rose; e di tante corone di rose quanti sono i Rosari recitati.

Le cronache di S. Francesco raccontano che un giovane religioso aveva la lodevole abitudine di recitare ogni giorno prima del pasto la corona della Vergine santa. Un giorno, non si sa per qual motivo, la omise. Quando suonò l’ora del pranzo, egli pregò il superiore di permettergli di recitarla prima di sedersi a tavola e col suo permesso si ritirò in cella. Tardando molto a ripresentarsi, il superiore mandò un religioso a chiamarlo. Il confratello lo trovò risplendente di luce celeste; la Vergine e due angeli erano accanto a lui. Ad ogni Ave Maria usciva dalla sua bocca una bella rosa: gli angeli raccoglievano le rose, una dopo l’altra e le ponevano sul capo della Vergine che se ne dimostrava visibilmente soddisfatta. Altri due religiosi, mandati a vedere quale fosse la causa di tanto ritardo, poterono anch’essi ammirare il sorprendente spettacolo, poiché la Vergine disparve solo quando la recita dell’intera corona ebbe termine».

Il Rosario è dunque una grande corona di rose; una parte del Rosario è come una piccola ghirlanda di fiori o piccola corona di rose celesti che si mette in capo a Gesù e a Maria. Come la rosa è la regina dei fiori, così il Rosario è la rosa e la prima fra le devozioni.”

Ecco il Rosario che, recitato con devozione e amore, diventa una meravigliosa corona di rose da donare al Signore Gesù e alla nostra Mamma Celeste. Ecco perché Lei ci chiede di recitarlo quotidianamente! Perché desidera da noi il nostro atto di amore, il nostro atto di fede e di abbandono al Signore, tutto racchiuso in questa corona di rose profumate. La recita del Rosario è l’espressione d’amore tra Cielo e terra.

Entriamo nel dettaglio per conoscere meglio il S. Rosario accompagnati dalle parole di Giovanni Paolo II riportate nella Lettera Apostolica “ROSARIUM VIRGINIS MARIAE”.

Il Rosario, ci spiega il Papa introducendoci alla sua recita, pur caratterizzato dalla sua fisionomia mariana, è preghiera dal cuore cristologico, cioè che troviamo Cristo al centro della nostra preghiera e ci immergiamo nei Suoi misteri: “Nella sobrietà dei suoi elementi, concentra in sé la profondità dell’intero messaggio evangelico, di cui è quasi un compendio. In esso riecheggia la preghiera di Maria, il suo perenne Magnificat per l’opera dell’Incarnazione redentrice iniziata nel suo grembo verginale. Con esso il popolo cristiano si mette alla scuola di Maria, per lasciarsi introdurre alla contemplazione della bellezza del volto di Cristo e all’esperienza della profondità del suo amore. Mediante il Rosario il credente attinge abbondanza di grazia, quasi ricevendola dalle mani stesse della Madre del Redentore”.

Il S. Rosario, che apparentemente è una preghiera semplice, recitato con devozione e amore ci dona le grazie impensabili! Anche il nostro amato Papa Woytila ci racconta la sua testimonianza con una precisa indicazione: “Il Rosario mi ha accompagnato nei momenti della gioia e in quelli della prova. Ad esso ho consegnato tante preoccupazioni, in esso ho trovato sempre conforto. Ventiquattro anni fa, il 29 ottobre 1978, ad appena due settimane dall’elezione alla Sede di Pietro, quasi aprendo il mio animo così mi esprimevo: « Il Rosario è la mia preghiera prediletta. Preghiera meravigliosa! Meravigliosa nella sua semplicità e nella sua profondità. […] Si può dire che il Rosario è, in un certo modo, un commento-preghiera dell’ultimo capitolo della Costituzione Lumen gentium del Vaticano II, capitolo che tratta della mirabile presenza della Madre di Dio nel mistero di Cristo e della Chiesa. Difatti, sullo sfondo delle parole Ave Maria passano davanti agli occhi dell’anima i principali episodi della vita di Gesù Cristo. Essi si compongono nell’insieme dei misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi, e ci mettono in comunione viva con Gesù attraverso – potremmo dire – il Cuore della sua Madre”.


Riguardo al S. Rosario, Paolo VI precisò che questa preghiera non solo non si oppone alla Liturgia, ma le fa da supporto, giacché ben la introduce e la riecheggia, consentendo di viverla con pienezza di partecipazione interiore, raccogliendone frutti nella vita quotidiana.

Giovanni XXIII, anche lui uno dei grandi devoti al S. Rosario, afferma: “Il Rosario, come esercizio di cristiana devozione tra i fedeli di rito latino, che sono notevole porzione della famiglia cattolica, prende posto, per gli ecclesiastici dopo la S.Messa ed il Breviario, e per i laici dopo la partecipazione ai Sacramenti. Esso forma devota comunione con Dio, e sempre di alta elevazione spirituale”.

Giovanni Paolo II approfondisce il valore del S. Rosario anche dal punto di vista ecumenico:

“Forse c’è anche chi teme che essa possa risultare poco ecumenica, per il suo carattere spiccatamente mariano. In realtà, essa si pone nel più limpido orizzonte di un culto alla Madre di Dio, quale il Concilio l’ha delineato: un culto orientato al centro cristologico della fede cristiana, in modo che « quando è onorata la Madre, il Figlio […] sia debitamente conosciuto, amato, glorificato ». Se riscoperto in modo adeguato, il Rosario è un aiuto, non certo un ostacolo all’ecumenismo!”.

Entriamo più nel profondo della Lettera Apostolica.
Il S. Rosario è presentato a tutti come la preghiera per la pace e per la famiglia:

“A dare maggiore attualità al rilancio del Rosario si aggiungono alcune circostanze storiche. Prima fra esse, l’urgenza di invocare da Dio il dono della pace. Il Rosario è stato più volte proposto dai miei Predecessori e da me stesso come preghiera per la pace. All’inizio di un Millennio, che è cominciato con le raccapriccianti scene dell’attentato dell’11 settembre 2001 e che registra ogni giorno in tante parti del mondo nuove situazioni di sangue e di violenza, riscoprire il Rosario significa immergersi nella contemplazione del mistero di Colui che « è la nostra pace » avendo fatto « dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia » (Ef 2, 14). Non si può quindi recitare il Rosario senza sentirsi coinvolti in un preciso impegno di servizio alla pace, con una particolare attenzione alla terra di Gesù, ancora così provata, e tanto cara al cuore cristiano.

Analoga urgenza di impegno e di preghiera emerge su un altro versante critico del nostro tempo, quello della famiglia, cellula della società, sempre più insidiata da forze disgregatrici a livello ideologico e pratico, che fanno temere per il futuro di questa fondamentale e irrinunciabile istituzione e, con essa, per le sorti dell’intera società. Il rilancio del Rosario nelle famiglie cristiane, nel quadro di una più larga pastorale della famiglia, si propone come aiuto efficace per arginare gli effetti devastanti di questa crisi epocale.

Numerosi segni dimostrano quanto la Vergine Santa voglia anche oggi esercitare, proprio attraverso questa preghiera, la premura materna alla quale il Redentore moribondo affidò, nella persona del discepolo prediletto, tutti i figli della Chiesa: « Donna, ecco il tuo figlio! » (Gv 19, 26). Sono note le svariate circostanze, tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, nelle quali la Madre di Cristo ha fatto in qualche modo sentire la sua presenza e la sua voce per esortare il Popolo di Dio a questa forma di orazione contemplativa. Desidero in particolare ricordare, per l’incisiva influenza che conservano nella vita dei cristiani e per l’autorevole riconoscimento avuto dalla Chiesa, le apparizioni di Lourdes e di Fatima, i cui rispettivi santuari sono meta di numerosi pellegrini, in cerca di sollievo e di speranza”.


Proseguiamo la scoperta del S. Rosario con Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII. Loro ci spiegheranno che la recita del S. Rosario non deve essere solo una ripetizione di preghiere di Pater-Ave-Gloria, ma integrata con la contemplazione dei misteri cristologici rendendo questa preghiera assolutamente unica: 

I ricordi di Maria
Maria vive con gli occhi su Cristo e fa tesoro di ogni sua parola: « Serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore » (Lc 2, 19; cfr 2, 51). I ricordi di Gesù, impressi nel suo animo, l’hanno accompagnata in ogni circostanza, portandola a ripercorrere col pensiero i vari momenti della sua vita accanto al Figlio. Sono stati quei ricordi a costituire, in certo senso, il ‘rosario’ che Ella stessa ha costantemente recitato nei giorni della sua vita terrena.
Ed anche ora, tra i canti di gioia della Gerusalemme celeste, i motivi del suo grazie e della sua lode permangono immutati. Sono essi ad ispirare la sua materna premura verso la Chiesa pellegrinante, nella quale Ella continua a sviluppare la trama del suo ‘racconto’ di evangelizzatrice. Maria ripropone continuamente ai credenti i ‘misteri’ del suo Figlio, col desiderio che siano contemplati, affinché possano sprigionare tutta la loro forza salvifica. Quando recita il Rosario, la comunità cristiana si sintonizza col ricordo e con lo sguardo di Maria.

Rosario, preghiera contemplativa
Il Rosario, proprio a partire dall’esperienza di Maria, è una preghiera spiccatamente contemplativa. Privato di questa dimensione, ne uscirebbe snaturato.
Nel percorso spirituale del Rosario, basato sulla contemplazione incessante – in compagnia di Maria – del volto di Cristo, questo ideale esigente di conformazione a Lui viene perseguito attraverso la via di una frequentazione che potremmo dire ‘amicale’. Essa ci immette in modo naturale nella vita di Cristo e ci fa come ‘respirare’ i suoi sentimenti. Dice in proposito il beato Bartolo Longo: « Come due amici, praticando frequentemente insieme, sogliono conformarsi anche nei costumi, così noi, conversando familiarmente con Gesù e la Vergine, nel meditare i Misteri del Rosario, e formando insieme una medesima vita con la Comunione, possiamo divenire, per quanto ne sia capace la nostra bassezza, simili ad essi, ed apprendere da questi sommi esemplari il vivere umile, povero, nascosto, paziente e perfetto ».

Rosario, via di assimilazione del mistero
La meditazione dei misteri di Cristo è proposta nel Rosario con un metodo caratteristico, atto per sua natura a favorire la loro assimilazione. È il metodo basato sulla ripetizione. Ciò vale innanzitutto per l’Ave Maria, ripetuta per ben dieci volte ad ogni mistero. Se si guarda superficialmente a questa ripetizione, si potrebbe essere tentati di ritenere il Rosario una pratica arida e noiosa. Ben altra considerazione, invece, si può giungere ad avere della Corona, se la si considera come espressione di quell’amore che non si stanca di tornare alla persona amata con effusioni che, pur simili nella manifestazione, sono sempre nuove per il sentimento che le pervade.
Una cosa è chiara: se la ripetizione dell’Ave Maria si rivolge direttamente a Maria, con Lei e attraverso di Lei è in definitiva a Gesù che va l’atto di amore. La ripetizione si alimenta del desiderio di una conformazione sempre più piena a Cristo, vero ‘programma’ della vita cristiana. San Paolo ha enunciato questo programma con parole infuocate: « Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno » (Fil 1, 21). E ancora: « Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me » (Gal 2, 20). Il Rosario ci aiuta a crescere in questa conformazione fino al traguardo della santità.

A questo punto aggiungiamo i pensieri di Giovanni XXIII, riportate nella Lettera Apostolica “IL RELIGIOSO CONVEGNO”, continuando e approfondendo i pensieri di Giovanni Paolo II:

“É vero che, presso alcune anime meno educate a sollevarsi oltre l’omaggio labiale, esso può venir recitato come monotona successione delle tre preghiere: il Pater Noster, l’Ave Maria e il Gloria, disposte nell’ordine tradizionale di quindici decine. Questo, senza dubbio, è già qualche cosa. Ma — dobbiamo pur ripeterlo — è solo avviamento o risonanza esteriore di confidente preghiera, piuttosto che vibrante elevazione dello spirito a colloquio col Signore, ricercato nella sublimità e tenerezza dei suoi misteri di amore misericordioso per la umanità tutta intera.
La vera sostanza del Rosario ben meditato è costituita da un triplice elemento che dà alla espressione vocale unità e coesione, discoprendo in vivace successione gli episodi che associano la vita di Gesù e di Maria, in riferimento alle varie condizioni delle anime oranti e alle aspirazioni della Chiesa universale.
Per ogni decina di Ave Maria ecco un quadro, e per ogni quadro un triplice accento, che è al tempo stesso: contemplazione mistica, riflessione intima, e intenzione pia.

Contemplazione mistica
Anzitutto, contemplazione pura, luminosa, rapida di ogni mistero, cioè di quelle verità della fede che ci parlano della missione redentrice di Gesù. Contemplando ci si trova. in una comunicazione intima di pensiero e di sentimento con la dottrina e con la vita di Gesù, figlio di Dio e figlio di Maria, vissuto sulla terra a redimere, a istruire, a santificare: — nel silenzio della vita nascosta, fatta di preghiera e di lavoro, — nei dolori della sua beata Passione, — nel trionfo della Resurrezione: come nella gloria dei cieli, ove siede alla destra del Padre, sempre in atto di assistere e di vivificare di Spirito Santo la Chiesa da Lui fondata, e progrediente nel suo cammino attraverso i secoli.

Riflessione intima
Il secondo elemento e la riflessione che dalla pienezza dei misteri di Cristo si diffonde in viva luce sopra lo spirito dell’orante. Ciascuno avverte nei singoli misteri l’opportuno e buon insegnamento per sé in ordine alla propria santificazione e alle condizioni in cui vive e sotto la continua illuminazione dello Spirito Santo, che dal profondo dell’anima in grazia « sollecita per noi con gemiti inenarrabili »,  ognuno raffronta la sua vita col calore di insegnamento, che sgorga da quei medesimi misteri, e ne trova inesauribili applicazioni per le proprie necessita spirituali, come per quelle del vivere suo quotidiano.

Intenzione pia

In ultimo è intenzione: cioè inclinazione di persone, o istituzioni, o necessità di ordine personale e sociale , che per un cattolico veramente attivo e pio rientrano nell’esercizio della carità verso i fratelli, carità che si diffonde nei cuori ad espressione vivente della comune appartenenza al corpo mistico di Cristo.
In tal modo il Rosario diventa supplica universale delle anime singole e dell’immensa comunità dei redenti, che da tutti i punti della terra si incontrano in una unica preghiera : sia nella invocazione personale, a implorazione di grazie per i bisogni individuali di ciascuno; come nel partecipare al coro immenso e unanime di tutta la Chiesa per i grandi interessi dell’intera umanità. La Chiesa, quale il Redentore Divino la volle, vive tra le asprezze, le avversità e le tempeste di un disordine sociale che sovente si volge in minaccia paurosa; ma i suoi sguardi sono fissi e le energie della natura e della grazia sempre protese verso il supremo destino delle eterne finalità.

I misteri della Luce che Giovanni Paolo II ha introdotto come il quarto grande mistero del Rosario trova la sua integrazione con gli altri 3 grandi misteri:

“Affinché il Rosario possa dirsi in modo più pieno ‘compendio del Vangelo’, è perciò conveniente che, dopo aver ricordato l’incarnazione e la vita nascosta di Cristo (misteri della gioia), e prima di soffermarsi sulle sofferenze della passione (misteri del dolore), e sul trionfo della risurrezione (misteri della gloria), la meditazione si porti anche su alcuni momenti particolarmente significativi della vita pubblica (misteri della luce).
Questa integrazione di nuovi misteri, senza pregiudicare nessun aspetto essenziale dell’assetto tradizionale di questa preghiera, è destinata a farla vivere con rinnovato interesse nella spiritualità cristiana, quale vera introduzione alla profondità del Cuore di Cristo, abisso di gioia e di luce, di dolore e di gloria”.


Così vediamo in quali giorni vengono recitati i vari misteri:

“Secondo la prassi corrente, il lunedì e il giovedì sono dedicati ai « misteri della gioia », il martedì e il venerdì ai « misteri del dolore », il mercoledì, il sabato e la domenica ai «misteri della gloria ». Dove inserire i « misteri della luce »? Considerando che i misteri gloriosi sono riproposti di seguito il sabato e la domenica e che il sabato è tradizionalmente un giorno a forte carattere mariano, sembra consigliabile spostare al sabato la seconda meditazione settimanale dei misteri gaudiosi, nei quali la presenza di Maria è più pronunciata. Il giovedì resta così libero proprio per la meditazione dei misteri della luce.

Questa indicazione non intende tuttavia limitare una conveniente libertà nella meditazione personale e comunitaria, a seconda delle esigenze spirituali e pastorali e soprattutto delle coincidenze liturgiche che possono suggerire opportuni adattamenti. Ciò che è veramente importante è che il Rosario sia sempre più concepito e sperimentato come itinerario contemplativo. Attraverso di esso, in modo complementare a quanto si compie nella Liturgia, la settimana del cristiano, incardinata sulla domenica, giorno della risurrezione, diventa un cammino attraverso i misteri della vita di Cristo, e questi si afferma, nella vita dei suoi discepoli, come Signore del tempo e della storia”.


Ora entriamo nei dettagli dei momenti che compongono la recita del Rosario: 

Il silenzio
L’ascolto e la meditazione si nutrono di silenzio. È opportuno che, dopo l’enunciazione del mistero e la proclamazione della Parola, per un congruo periodo di tempo ci si fermi a fissare lo sguardo sul mistero meditato, prima di iniziare la preghiera vocale. La riscoperta del valore del silenzio è uno dei segreti per la pratica della contemplazione e della meditazione. Tra i limiti di una società fortemente tecnologizzata e mass-mediatica, c’è anche il fatto che il silenzio diventa sempre più difficile. Come nella Liturgia sono raccomandati momenti di silenzio, anche nella recita del Rosario una breve pausa è opportuna dopo l’ascolto della Parola di Dio, mentre l’animo si fissa sul contenuto di un determinato mistero.

Il « Padre nostro »
Dopo l’ascolto della Parola e la focalizzazione del mistero è naturale che l’animo si innalzi verso il Padre. Gesù, in ciascuno dei suoi misteri, ci porta sempre al Padre, a cui Egli continuamente si rivolge, perché nel suo ‘seno’ riposa (cfr Gv 1, 18). Nell’intimità del Padre Egli ci vuole introdurre, perché diciamo con Lui « Abbà, Padre » (Rm 8, 15; Gal 4, 6). È in rapporto al Padre che Egli ci fa fratelli suoi e fratelli tra di noi, comunicandoci lo Spirito che è suo e del Padre insieme. Il Padre nostro, posto quasi come fondamento alla meditazione cristologico-mariana che si sviluppa attraverso la ripetizione dell’Ave Maria, rende la meditazione del mistero, anche quando è compiuta in solitudine, un’esperienza ecclesiale.

Le dieci « Ave Maria »
È questo l’elemento più corposo del Rosario e insieme quello che ne fa una preghiera mariana per eccellenza. Ma proprio alla luce dell’Ave Maria ben compresa, si avverte con chiarezza che il carattere mariano non solo non si oppone a quello cristologico, ma anzi lo sottolinea e lo esalta. La prima parte dell’Ave Maria, infatti, desunta dalle parole rivolte a Maria dall’angelo Gabriele e da sant’Elisabetta, è contemplazione adorante del mistero che si compie nella Vergine di Nazareth. Esse esprimono, per così dire, l’ammirazione del cielo e della terra e fanno, in certo senso, trapelare l’incanto di Dio stesso nel contemplare il suo capolavoro – l’incarnazione del Figlio nel grembo verginale di Maria –, nella linea di quel gioioso sguardo della Genesi (cfr Gn 1, 31), di quell’originario « pathos con cui Dio, all’alba della creazione, guardò all’opera delle sue mani ».(36) Il ripetersi, nel Rosario, dell’Ave Maria, ci pone sull’onda dell’incanto di Dio: è giubilo, stupore, riconoscimento del più grande miracolo della storia. È il compimento della profezia di Maria: « D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata » (Lc 1, 48).

Il « Gloria »
La dossologia trinitaria è il traguardo della contemplazione cristiana. Cristo è infatti la via che ci conduce al Padre nello Spirito. Se percorriamo fino in fondo questa via, ci ritroviamo continuamente di fronte al mistero delle tre Persone divine da lodare, adorare, ringraziare. È importante che il Gloria, culmine della contemplazione, sia messo bene in evidenza nel Rosario. Nella recita pubblica potrebbe essere cantato, per dare opportuna enfasi a questa prospettiva strutturale e qualificante di ogni preghiera cristiana.

Nella misura in cui la meditazione del mistero è stata attenta, profonda, ravvivata – di Ave in Ave – dall’amore per Cristo e per Maria, la glorificazione trinitaria ad ogni diecina, lungi dal ridursi ad una rapida conclusione, acquista il suo giusto tono contemplativo, come per elevare l’animo all’altezza del Paradiso e farci rivivere, in qualche modo, l’esperienza del Tabor, anticipazione della contemplazione futura: « È bello per noi stare qui » (Lc 9, 33).

Così il nostro amato Papa conclude la sua Lettera Apostolica indicandoci l’importanza e il valore del Rosario:

“Quanto fin qui s’è detto, esprime ampiamente la ricchezza di questa preghiera tradizionale, che ha la semplicità di una preghiera popolare, ma anche la profondità teologica di una preghiera adatta a chi avverte l’esigenza di una contemplazione più matura.

A questa preghiera la Chiesa ha riconosciuto sempre una particolare efficacia, affidando ad essa, alla sua recita corale, alla sua pratica costante, le cause più difficili. In momenti in cui la cristianità stessa era minacciata, fu alla forza di questa preghiera che si attribuì lo scampato pericolo e la Vergine del Rosario fu salutata come propiziatrice della salvezza”.


“Oggi all’efficacia di questa preghiera consegno volentieri la causa della pace nel mondo e quella della famiglia”
Giovanni Paolo II

 



















 







La preghiera del Rosario è più forte della bomba atomica!

Padre Hubert Schiffer aveva 30 anni quando scoppiò la bomba atomica e lavorava nella parrocchia dell’’Assunzione di Maria, a Hiroshima. Ha dato la sua testimonianza davanti a diecine di migliaia di persone:
rosario“Attorno a me c’era soltanto una luce abbagliante. Tutto ad un tratto, tutto si riempì istantaneamente da una esplosione terribile. Sono stato scaraventato nell’aria. Poi si è fatto tutto buio, silenzio, niente. Mi sono trovato su una trave di legno spaccata, con la faccia verso il basso. Il sangue scorreva sulla guancia. Non ho visto niente, non ho sentito niente. Ho creduto di essere morto. Poi ho sentito la mia voce. Questo è stato il più terribile di tutti quegli eventi. Mi ha fatto capire che ero ancora vivo e ho cominciato a rendermi conto che c’era stata una terribile catastrofe! Per un giorno intero i miei tre confratelli ed io siamo stati in questo inferno di fuoco, di fumo e radiazioni, finché siamo stati trovati ed aiutati da soccorritori. Tutti eravamo feriti, ma con la grazia di Dio siamo sopravissuti.”

atomicasNessuno sa spiegare con logica umana, perché questi quattro Padri gesuiti furono i soli sopravvissuti entro un raggio di kilometri. Per tutti gli esperti rimane un enigma, perché nessuno dei quattro Padri è rimasto contaminato dalla radiazione atomica, e perché la loro casa, la casa parrocchiale, era ancora in piedi, mentre tutte le altre case intorno erano state distrutte e bruciate. Anche i 200 medici americani e giapponesi che, secondo le loro stesse testimonianze, hanno esaminato Padre Schiffer, non hanno trovato nessuna spiegazione a perché mai, dopo 33 anni dallo scoppio, il Padre non soffra nessuna conseguenza dell’esplosione atomica e continua a vivere in buona salute. Perplessi, hanno avuto tutti sempre la stessa risposta alle tante loro domande: “Come missionari abbiamo voluto vivere nel nostro paese il messaggio della Madonna di Fatima e perciò abbiamo pregato tutti i giorni il Rosario.

Ecco il messaggio pieno di speranza di Hiroshoma: La preghiera del Rosario è più forte della bomba atomica! Oggi, nel centro della città ricostruita di Hiroshima, si trova una chiesa dedicata alla Madonna. Le 15 vetrate mostrano i 15 misteri del Rosario, che si prega in questa chiesa giorno e notte.





I FRUTTI DEL SANTO ROSARIO


Mentre predicava il Rosario nelle vicinanze di Carcassonne, a san Domenico fu presentato un eretico albigese posseduto dal demonio. Il santo, davanti a una folla che si ritiene composta di oltre dodicimila persone, lo esorcizzò, e i demoni che tenevano in dominio quel miserabile, furono costretti, loro malgrado, a rispondere alle domande dell’esorcista. E confessarono 1) che nel corpo di costui erano in quindicimila perché egli aveva osato combattere i quindici misteri del Rosario; 2) che san Domenico col suo Rosario terrorizzava tutto l’inferno e che essi stessi odiavano lui più di qualsiasi altra persona perché con questa devozione del Rosario strappava loro le anime; 3) rivelarono inoltre parecchi altri particolari.

San Domenico allora gettò la sua corona al collo dell’ossesso e chiese ai demoni chi mai fra tutti i santi del cielo essi temessero di più e chi, a parere loro, meritasse più amore e onore da parte degli uomini. A tale domanda gli spiriti infernali levarono alte grida sì che la maggior parte dei presenti stramazzarono a terra per lo spavento. Poi quei maligni, per non rispondere direttamente alla domanda, cominciarono a piangere e a lamentarsi in modo così pietoso e commovente che parecchi fra gli astanti furono presi da una naturale pietà. Per bocca dell’ossesso e con voce piagnucolosa così dicevano: «Domenico, Domenico, abbi pietà di noi e promettiamo di non nuocerti mai. Tu che tanta compassione hai per i peccatori e per i miserabili, abbi pietà di noi meschini. Oh! soffriamo già tanto, perché ti compiaci di aumentare le nostre pene? Contentati di quelle che ci tormentano. Misericordia! misericordia! misericordia!».

Impassibile davanti ai piagnistei di quegli spiriti, il santo rispose che non avrebbe smesso di tormentarli finché non avessero risposto alla sua domanda. Ed essi replicarono che avrebbero dato la risposta, ma in segreto, all’orecchio e non di fronte a tutti. Domenico tenne duro e comandò che parlassero ad alta voce; ma ogni sua insistenza fu inutile e i demoni si chiusero nel silenzio. Allora il santo si pose in ginocchio e pregò la Madonna: «Vergine potentissima, Maria, in virtù del tuo Rosario comanda a questi nemici del genere umano di rispondere alla mia domanda». Immediatamente dopo questa invocazione, una fiamma ardente uscì dalle orecchie, dalle narici e dalla bocca dell’ossesso; i presenti tremarono dalla paura ma nessuno ne subì danno. E si udirono le grida di quegli spiriti: «Domenico, noi ti preghiamo per la passione di Cristo e per i meriti della sua santa Madre e dei santi: Permettici di uscire da questo corpo senza dir nulla. Gli angeli, quando tu vorrai, te lo riveleranno. Del resto, perché vuoi credere a noi? Non siamo forse dei bugiardi? Non tormentarci oltre, abbi pietà di noi».

«Disgraziati che voi siete, indegni di essere esauditi» — riprese san Domenico, e sempre in ginocchio pregò di nuovo la Vergine santa: «O degnissima Madre della Sapienza, ti supplico per il popolo qui presente che ha già appreso a recitare come si deve il Saluto angelico, obbliga questi tuoi nemici a proclamare in pubblico la verità piena e chiara sul Rosario».

Finita la preghiera vide accanto a sé la Vergine Maria, circondata da una moltitudine di angeli, che con una verga d’oro colpiva l’ossesso e gli diceva: «Rispondi al mio servo Domenico conforme alla sua richiesta». Da notare che nessuno udiva né vedeva la Madonna all’infuori di san Domenico.

A tale comando i demoni presero a urlare:

«O nostra nemica, o nostra rovina, o nostra confusione, perché sei venuta dal cielo apposta per tormentarci così fortemente? O avvocata dei peccatori che ritrai dall’inferno, o via sicurissima del paradiso, siamo noi proprio obbligati, a nostro dispetto, a dire tutta la verità? Dobbiamo proprio confessare davanti a tutti ciò che sarà causa della nostra confusione e della nostra rovina? Maledizione a noi, maledizione ai nostri principi delle tenebre.

Ascoltate, dunque, cristiani. Questa Madre di Cristo è onnipotente per impedire che i suoi servi cadano nell’inferno; è lei che, come un sole, dissipa le tenebre dei nostri intrighi e astuzie; è lei che sventa le nostre mene, disfa i nostri tranelli e rende tutte le nostre tentazioni vane e inefficaci. Siamo costretti a confessare che nessuno di quanti perseverano nel suo servizio è dannato con noi. Uno solo dei sospiri ch’ella offra alla SS. Trinità vale più di tutte le preghiere, i voti e i desideri di tutti i santi. Noi la temiamo più di tutti i beati insieme e nulla possiamo contro i suoi fedeli servi.

Vi sia anche noto che molti cristiani che l’invocano nell’ora della morte, che dovrebbero essere dannati secondo le nostre leggi ordinarie, si salvano per sua intercessione. Ah! se questa Marietta — così la chiamavano per rabbia — non si fosse opposta ai nostri disegni e ai nostri sforzi, già da molto tempo noi avremmo rovesciato e distrutto la Chiesa e fatto cadere nell’errore e nell’infedeltà tutti i suoi ordini. Proclamiamo, inoltre, costretti dalla violenza che ci viene usata, che nessuno di quanti perseverano nella recita del Rosario è dannato; perché ella ottiene ai suoi servi devoti una sincera contrizione dei loro peccati per mezzo della quale essi ne ottengono il perdono e l’indulgenza».

Ottenuta questa confessione san Domenico fece recitare il Rosario dagli astanti, adagio e con devozione. Ed ecco una cosa sorprendente! Ad ogni Ave Maria recitata dal santo e dal popolo usciva dal corpo di quell’ossesso una moltitudine di demoni in forma di carboni ardenti. Quando l’infelice ne fu completamente libero, la Vergine santa, sempre non vista, benedisse il popolo e tutti avvertirono una sensibile e vivissima gioia. Questo miracolo causò la conversione e l’iscrizione alla Confraternita del Rosario di molti eretici.

E da quali pericoli la Vergine non liberò Alano de l’Anvallay, cavaliere bretone intrepido combattente per la fede contro gli Albigesi! Un giorno, mentre i nemici l’avevano circondato da ogni parte, la Madonna scagliò contro essi centocinquanta pietre e lo liberò dalle loro mani. In altra circostanza, mentre il suo vascello che faceva acqua stava per affondare, la divina Madre fece emergere dalle acque centocinquanta scogli, valicando i quali egli poté salvarsi e rientrare in Bretagna. A perpetuo ricordo di questi miracoli ottenuti dalla Vergine, grazie al Rosario che recitava ogni giorno, egli fece edificare un convento in Dinan per i religiosi del nuovo Ordine di san Domenico; in seguito si fece religioso e morì santamente ad Orléans.

(Segreto meraviglioso del santo Rosario di S. Luigi Maria Grignion de Montfort)









                            



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